Sul
Grappa dopo la vittoria
di
Paolo Malaguti
Santi
Quaranta Editrice
www.santiquaranta.com
Narrativa
romanzo
Pagg.
168
ISBN
9788886496940
Prezzo
Euro 13,00
Un
piccolo “grande” libro
Delle
volte credo di essere proprio strano, talmente pregno di
soddisfazione da essere quasi incapace di spiegarne la ragione; non
accade di frequente, ma capita ed è successo proprio nel
momento in cui, arrivato all’ultima pagina, ho chiuso il libro.
Il cuore palpitava, davanti a me si succedevano, nitide, le immagini
dei protagonisti, con sullo sfondo Lui, il monte sacro, l’ultimo
baluardo della patria, il Grappa. A ripensare a quel momento mi
emoziono ancora, il mio corpo è percorso da un fremito lieve
che sembra irradiarsi dal cuore, una sensazione unica che solo un
libro così bello come questo è stato capace di darmi. E
pensare che il mio primo contatto con questo autore non era stato per
nulla soddisfacente, poiché La reliquia di Costantinopoli,
di cui avevo lamentato l’eccessiva verbosità, non mi era
piaciuto. Ma questo libro è tutta un’altra cosa, è
una di quelle opere che presenta più di un piano di lettura,
ma tutti egualmente validi e confezionati in modo impeccabile.
L’esodo delle famiglie di Bassano a seguito della ritirata di
Caporetto, la provvisoria residenza nel ferrarese, il ritorno alla
propria casa alla fine della guerra, la miseria opprimente, il padre
che scampa al conflitto, torna alla sua famiglia profondamente ferito
nell’animo, il figlio che gli chiede notizie di quella guerra,
lui che non risponde per non soffrire ulteriormente, ma anche perché
non ci sono parole che possano spiegare l’orrore, il padre che,
con la scusa di recuperare quanto di possibilmente utile, accompagna
il figlio fino alle prime balze del Grappa, invitandolo a proseguire
da solo, sono tutte immagini in bianco e nero, virato seppia, che
scorrono implacabili davanti agli occhi. Ma queste pagine non
potrebbero ancora spiegare il pathos che creano nel lettore; è
invece il percorso in solitario del giovane sulla montagna che si
incide profondamente nell’animo, con le trincee divelte, il
puzzo nauseabondo e dolciastro dei cadaveri in putrefazione, i corpi,
spesso smembrati, raggruppati quasi in cataste, il dramma che, nella
tensione del combattimento non si svela in pieno, assume ora, nel
silenzio di una pace ritrovata, l’aspetto di un’ecatombe.
Girare in un terreno martoriato, dove non cresce più nemmeno
un filo d’erba, imbattersi in crani dalle occhiaie vuote, ma
che ancora conservano qualche ciuffo di capelli, quella natura così
violata da apparire per sempre distrutta mi hanno fatto venire in
mente un grande capolavoro della cinematografia, il giapponese L’arpa
birmana. Ci si commuove, ci si emoziona, ma Malaguti è
abile nel non tirare troppo la corda e quindi passa a epoche, anche
se di poco, successive, a quella descrizione del mondo contadino di
cui il giovane protagonista, benchè studente, è intima
parte. E così ci vengono mostrati il difficile periodo del
dopo guerra, l’avvento del fascismo con una felice annotazione,
in una delle poche e opportune digressioni (Il nostro modo di
essere fascisti, perché lo eravamo, era essenzialmente
formale. L’Italia era fascista, il paese era fascista, noi
eravamo fascisti. Non esserlo significava porsi al di fuori di una
condizione forse non condivisa, ma accettata da tutti, almeno in
superficie.), i primi turbamenti amorosi e infine l’amore
vero e proprio. Tutto procede secondo un ordine logico, gli
avvenimenti si susseguono, il mondo cambia, tranne Lui, il monte
sullo sfondo, il Grappa, ritornato a verdeggiare e ad accogliere
mandrie sui suoi pascoli.
Paolo
Malaguti ha una mano sicura, procede per gradi senza incertezze, è
capace perfino di interessare quel lettore che non conosce il
dialetto veneto (non è il mio caso, ma penso che qualcuno avrà
difficoltà a comprendere dei colloqui in volgare, beninteso
più che mai opportuni in un ambiente rurale dove
l’analfabetismo era assai diffuso), insomma riesce a completare
un’opera che nelle sue 168 pagine dice tanto e lo dice bene.
Di
conseguenza, reputo che la lettura sia non solo consigliata, ma anche
raccomandata, visto che ci si trova di fronte a un autentico
capolavoro.
Paolo
Malaguti
è
nato a Monselice (Padova) nel 1978. Attualmente vive ad Asolo e
lavora come docente di Lettere a Bassano del Grappa. Con Neri Pozza
ha pubblicato La
reliquia di Costantinopoli (2015),
finalista al Premio Strega 2016. Tra le sue opere Nuovo
sillabario veneto (BEAT,
2016) e Prima
dell'alba (Neri
Pozza, 2017).
Renzo
Montagnoli
|