La
verità su Bébé Donge
di
Georges Simenon
Traduzione
di Marco Bevilacqua
Edizioni
Adelphi
www.adelphi.it
Narrativa
romanzo
Collana
gli Adelphi
Pagg.
170
ISBN
9788845916618
Prezzo
Euro 10,00
Il
rimorso
E’
una domenica d’estate, si pranza e i commensali sono i due
fratelli Donge con le rispettive famiglie. La moglie di Francois
Donge, Bébé versa i caffè per tutti, compreso
quello per il marito che, appena l’ha bevuto, si precipita fra
le mura domestiche in preda a violenti dolori. Si tratta di
avvelenamento, con l’arsenico, e la vittima la scampa per
miracolo; fin da subito è evidente che l’avvelenatrice è
la moglie che, tradotta in carcere, rende ampia confessione, senza
tuttavia spiegare i motivi del suo gesto. Del resto, anche Francois,
mentre è ricoverato in ospedale, si arrovella per comprendere
cosa possa aver scatenato la furia omicida della moglie e anticipo
che troverà la risposta alle sue domande, al punto da
perdonare la consorte, condannata a cinque anni di lavoro forzati, di
cui lui attenderà con ansia la fine, sempre più
convinto che l’insano gesto sia da attribuire al suo
comportamento, in un matrimonio da subito fatto di abitudini, di
gesti ripetuti con una passione solo iniziale.
Con
queste premesse definire un giallo La
verità su Bébé Donge mi
appare inappropriato, perché in effetti ciò che
interessa all’autore è di far capire al lettore il
perché del tentato omicidio e così pagina dopo pagina,
con ricorrenti flashback sul passato della coppia, emerge una storia
di profonda solitudine, quella di una donna ridottasi ormai a essere
un soprammobile e di un marito che non è mai riuscito a
comprenderla perché non si è mai comportato da marito,
né ha mai cercato di appurare i motivi della sua ritrosia nei
rapporti sessuali. Solo dopo il tentato omicidio, casualmente,
appurerà dalla sorella di lei di un fatto traumatizzante per
Bébé quando era ancora bambina che da solo può
spiegare tante cose e in primis la sua frigidità. La capacità
di Simenon di sondare l’animo femminile trova anche in questo
romanzo conferma, mentre la figura del protagonista, che
disperatamente cerca di rimediare agli errori passati, può
sembrare per certi versi una sorta di pubblica confessione. É
noto, infatti, che l’autore è sempre stato un
impenitente donnaiolo, incapace di un legame affettivo completo. In
ogni caso, su qualsiasi piano di lettura la si voglia vedere, è
un’opera di indubbio valore, forse non uno dei molti capolavori
a cui Simenon ci ha abituato, ma comunque valida e a un livello, se
non di assoluta eccellenza, di ampia e riscontrabile qualità.
Georges
Simenon,
nato a Liegi nel 1903, morto a Losanna nel 1989,
ha lasciato
centonovantatre romanzi
pubblicati sotto il suo nome e un numero imprecisato di romanzi e
racconti pubblicati sotto pseudonimi, oltre a volumi di «dettature»
e memorie. Il commissario Maigret è protagonista di 75 romanzi
e 28 racconti, tutti pubblicati fra il 1931 e il 1972. Celebre in
tutto il mondo, innanzitutto per le storie di Maigret, Simenon è
anche, paradossalmente, un caso di «scrittore per scrittori».
Da Henry Miller a Jean Pauhlan, da Faulkner a Cocteau, molti e
disparati sono infatti gli
autori che hanno riconosciuto in lui un maestro. Tra questi, André
Gide: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più
grande e il più autentico che
la letteratura
francese abbia oggi»; Walter Benjamin: «… leggo
ogni nuovo romanzo di Simenon»; Louis-Ferdinand Céline:
«Ci sono scrittori che ammiro moltissimo: il Simenon
dei Pitard,
per esempio, bisognerebbe parlarne tutti i giorni».
Renzo
Montagnoli
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