Le
Case del malcontento
di
Sacha Naspini
Edizioni
e/o
Narrativa
romanzo
Pagg.
464
ISBN
9788866329268
Prezzo
Euro 18,50 (eBook Euro 12,99)
Un
grande piccolo borgo
Mi
corre l’obbligo di effettuare una doverosa premessa relativa
all’autore, da me conosciuto una decina di anni fa in occasione
della pubblicazione di un mio libro con un comune editore, Il Foglio
Letterario, piccola, ma solo a dimensioni, realtà
imprenditoriale; in quella circostanza, oltre a conversare
piacevolmente con Naspini, ho ritratto la sensazione di trovarmi di
fronte a un narratore di grandi speranze, sensazione che ha trovato
poi una conferma nella lettura delle sue prime opere, vale a dire I
sassi, un noir che privilegia gli approfondimenti di carattere
psicologico, e L’ingrato, una storia di paese che è
il pretesto per una spietata denuncia della maldicenza. Soprattutto
quest’ultimo presenta caratteristiche e peculiarità
proprie di un artista esperto e consumato, elementi positivi che si
ritrovano in genere al culmine di una lunga carriera letteraria e non
certo ai suoi inizi, a inequivocabile prova che in Naspini non c’è
solo talento, ma quello stato di grazia proprio dell’artista a
tutto tondo. Sono seguite poi altre opere, di cui l’ultima, Il
gran diavolo, è un romanzo storico incentrato sulla figura
di Giovanni dalle Bande Nere, un genere che non è peculiare
del narratore toscano, ma il cui risultato è stato tuttavia
ampiamente soddisfacente. Ritorna ora, in un certo senso sulle orme
dell’Ingrato, questo Le case del malcontento,
un’opera di per sé quasi ciclopica con le sue 464 pagine
(romanzi così corposi non frequenti al giorno d’oggi),
ma non gli si può certo imputare di aver voluto tirare in
lungo o di essere stato dispersivo, anzi ho l’impressione che
si sia frenato, perché avrebbe potuto scrivere ancora di più.
Le
Case è un paese, un borgo della Maremma toscana, un insieme di
abitazioni e di rocce, di cave, di strade con grandi curve, insomma
una piccola realtà talmente a sé stante da considerarla
quasi un enclave nell’ambito di uno stato assai più
esteso; eppure, riflette, nei suoi personaggi, e pur con le tipicità
di un mondo provinciale, le presenze quotidiane in cui normalmente ci
imbattiamo e di cui noi stessi siamo parte. E di questo agglomerato
Naspini narra una storia, o meglio racconta tante piccole storie che
finiscono con il fondersi in un racconto assai più grande, un
racconto corale che porta il lettore da casa in casa, dal termine
della guerra alla fine del secolo scorso. Peraltro l‘impostazione
strutturale è di una originalità particolare, perché
l’opera inizia con la pianta del borgo e ogni casa ha il suo
nome e ognuno di questi nomi, congiuntamente ad altri, è uno
dei narratori, così che ogni capitolo comincia con un nome che
racconta, che spazia dal passato al presente; ogni nome è
protagonista, racconta di sé, ma anche di sprazzi della vita
di altri, che possono benissimo essere smentiti o visti in altro
modo, insomma una complessa realtà in cui tutti sono
dipendenti l’uno dall’altro, e ognuno è tutto e il
contrario di tutto. Ciò che in realtà Naspini narra è
un mondo che sta in piedi con fragili puntelli, caratterizzato da
inganni e da segreti, destinato, e non potrebbe essere altrimenti,
prima o poi a implodere. Mi pare evidente che se si pensa all’attuale
realtà non è difficile comprendere che è tutta
la nostra Società a dare vita alle case del malcontento.
Le
Case è pertanto una metafora di un realtà che non
vogliamo vedere, come se a nascondere la verità la menzogna
potesse diventare verità, atteggiamento che inevitabilmente
prima o poi finirà con il travolgerci.
Lo
stile è fresco, scorrevole, la tensione è in costante
crescita, pagina dopo pagina, così da risultare il romanzo
piano piano avvincente, avviluppando il lettore in una rete in cui la
commistione di diversi generi, anziché risultare sgradita,
affascina, convince ed è un altro dei motivi di pregio del
libro. A voler cercare un difetto è un po’ difficile
trovarlo, anche se c’è il rischio concreto, di perdersi,
di fare confusione con tanti personaggi che quasi si spintonano per
mettersi in luce, ma è un peccato da poco, quello che si
potrebbe definire veniale, perché in fondo che sfugga un nome,
o si confonda l’uno con un altro poco importa, perché
determinante è l’immagine che viene a crearsi di una
piccola e chiusa realtà, coincidente però con il mondo
intero di cui essa stessa è parte. Forse gridare al capolavoro
può sembrare eccessivo, ma se non è tale, e al riguardo
ho più di un dubbio, Le case del malcontento è
almeno di un elevato livello di eccellenza.
Sacha
Naspini è
nato a Grosseto nel 1976. Collabora come editor e art director con
diverse realtà editoriali. È autore di numerosi
racconti e romanzi, tra i quali ricordiamo L’ingrato (2006), I
sassi (2007), I
Cariolanti(2009), Le
nostre assenze (2012), Il
gran diavolo (2014).
Scrive per il cinema.
Renzo
Montagnoli
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