Bandiere
rosse, aquile nere
di
Guido Cervo
Edizioni
Piemme
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
708
ISBN
978-88-566-5451-6
Prezzo
Euro 22,00
Senza
retorica, solo pietà
E’
passato ormai ben più di mezzo secolo da quei quasi 4 anni
(1942 – 1945) così gravidi di eventi e di sofferenze per
il nostro paese, in pratica dalla sconfitta delle truppe dell’Asse
a El Alamein, all’invasione della Sicilia, alla defenestrazione
di Mussolini nel corso della seduta del Gran Consiglio del 25 luglio
1943, all’armistizio dell’8 settembre 1943 con
conseguente occupazione tedesca del nostro suolo, alla nascita della
Repubblica Sociale Italiana, ai lunghi mesi di una guerra civile che
finì solo con la liberazione degli alleati il 25 aprile 1945.
Più trascorre il tempo da un periodo storico, più si
raffreddano gli animi, più il raziocinio prende il sopravvento
sulla passione e quindi meno difficile, ma ancora tutt’altro
che facile, è imbastire un romanzo storico ambientato in un
periodo così travagliato. Guido Cervo ha voluto cimentarsi in
proposito e mi sento di dire che il risultato è ampiamente
positivo. Questo narratore ha capacità di profonde analisi
storiche, sa sapientemente accostare personaggi realmente esistiti a
frutti della sua creatività, è in grado sempre di
trasmettere al lettore la sensazione che quanto scritto sia una
cronaca reale, e questo grazie a uno stile non ridondante e
all’abilità di descrivere i protagonisti con pochi e
sicuri tratti di penna. Bandiere
rosse, aquile nere si
riallaccia, idealmente, a I
ponti della Delizia,
stupendo romanzo di Cervo sulla ritirata di Caporetto nella Grande
Guerra. Infatti troviamo tre dei protagonisti di quell’opera,
la maestra Ersilia che si è sposata con l’ex tenente
degli arditi Ferruccio Martinelli, pure lui presente e diventato
seniore della milizia fascista, nonché l’allora piccola
Anna, dagli stessi adottata, ma cresciuta con idee politiche
totalmente contrapposte a quelle dei genitori, fuggita da casa
seguendo il sogno comunista. La famiglia Martinelli è composta
anche dai figli avuti dopo il matrimonio, un’altra femmina,
molto giovane e che nel romanzo è quasi una comparsa, due
maschi, Alberto tenente dei bersaglieri che ritornerà
dall’Africa gravemente ferito e menomato, ed Eugenio,
impulsivo, desideroso di battersi e che aderirà fra i primi
alla X Mas. Il lungo e tormentato periodo dalla guerra darà
luogo a tante vicende in cui oltre a vedere come attori principali i
membri della famiglia Martinelli registrerà la partecipazione
di tanti personaggi, alcuni dei quali di grande spessore, come il
terrorista dei Gap Stefano Zanderighi, una figura apparentemente
minore, ma a cui viene demandato il compito, non certo facile, di
precipitare nella disumanizzazione per poi tentare con fatica di
riemergere, di cercare una vita propria lontana da tensioni
adrenaliniche e da ogni violenza.
Ci
siamo sempre chiesti il perché, dopo l’8 settembre 1943,
ci siano state scelte così contrastanti e che portarono alla
guerra civile. Indubbiamente, in un frangente come quello
dell’improvviso armistizio, non fu facile prendere una
decisione, anche se fu certamente più difficile quella di
prendere la via della montagna per combattere gli occupanti tedeschi
e poco dopo anche i Repubblichini. Privi di organizzazione
all’inizio, quasi disarmati, con pochi viveri non fu certamente
una scelta a cuor leggero quella di diventare partigiani, anche
perché si trattava di sconvolgere un modo di vita instillato
da anni di dittatura, in un regime progressivamente inviso con il
progredire di una guerra sanguinosa. Dall’altro lato, posso
capire chi accampò motivi di onore, di coerenza di
comportamenti, decisioni forse rispettabili, tanto più che ben
si sapeva, o comunque si intuiva, che la guerra era persa. Questi
dilemmi, queste lacerazioni interiori sono parte della narrazione e
non potrebbe essere diversamente, perché a parte i fanatici,
gli approfittatori, coloro che vedevano una possibilità per
esprimere il loro animo criminale, gli altri si trovarono di fronte a
una scelta assai difficile. Il romanzo non fa sconti a nessuno, né
alle violenze della Guardia Nazionale Repubblicana, né a
quelle dei partigiani che soprattutto a guerra finita insanguinarono
il paese. Cervo però ha un pregio, racconta, non prende le
parti di nessuno, ci mostra così come è stato un lungo
orrore e lo fa senza enfasi, così come da cronista attento e
indipendente descrive con grande abilità i bombardamenti aerei
su Milano, con una prosa talmente realistica che si avverte la
tensione, sembra di udire il suono della sirena d’allarme, si
avverte il crescente sibilo delle bombe che cadono, si assiste
impotenti alle distruzioni. Devo dire che francamente questo romanzo
mi ha stupito per la capacità di comprendere e di far
comprendere le opposte motivazioni, perché non c’è
odio, ma solo tanta pietà per un dolore immenso che ha
sconvolto l’Italia più di mezzo secolo fa.
Da
ultimo, ho ritratto l’impressione che giunto all’ultima
pagina sia rimasta una certa sospensione, quasi che possa essere
sottesa l’ipotesi di un terzo romanzo, che credo potrebbe
andare dal dopo guerra fino al termine del secolo scorso, un periodo
di estremo interesse per tutti, ma soprattutto per chi come me l’ha
vissuto.
Da
leggere, mi sembra ovvio.
Guido
Cervo
vive
e lavora a Bergamo. È autore di romanzi di successo, tutti
pubblicati da Piemme, tra cui "La trilogia del Legato romano",
che ora viene riproposta, nel suo primo volume, in una nuova
versione, la serie Il Teutone e due romanzi che affrontano i tragici
conflitti mondiali del Novecento: Via dalla trincea e Bandiere rosse,
aquile nere...
Renzo
Montagnoli
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