U-Boot.
Storie
di uomini e sommergibili nella seconda guerra mondiale
di
Sergio Valzania
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
Pagg.
262
ISBN
9788804624325
Prezzo
Euro 11,00
“Voi
siete qui per imparare come morire”
Karl
Donitz, già comandante di sommergibile nel corso della Grande
Guerra, ritenne, non a torto, che il metodo applicato in quel
conflitto per ridurre i rifornimenti alla Gran Bretagna potesse
essere usato con maggior successo nella seconda guerra mondiale,
ricorrendo ad attacchi di massa in superficie. In effetti gli eventi,
più o meno fino alla fine del 1942, sembrarono dargli ragione
con un’entità di affondamenti considerevole, contro
perdite tutto sommato contenute. Tuttavia, gli affinamenti dei
sistemi che gli alleati utilizzarono per sventare la minaccia
(impianto di localizzazione ASDIC, copertura aerea dei convogli,
bombe di profondità più potenti e precise) finirono per
ribaltare la situazione, perché a fronte di un marcato calo di
navi affondate vi fu un consistente aumento dei sommergibili che non
tornarono alle basi. Cosa era accaduto per determinare questa
inversione di tendenza? A parte il miglioramento dei sistemi di
difesa degli alleati, non si verificarono sostanziali migliorie dei
mezzi subacquei tedeschi, divenuti facili prede nel caso di azioni in
superficie e impossibilitati a effettuare lunghe percorrenze in
profondità per la limitata autonomia delle batterie che
dovevano fornire la propulsione elettrica; inoltre, proprio perché
le possibilità di maggior successo con minori perdite erano
quelle di restare immersi in agguato, si sarebbe dovuto stravolgere
la tattica con cui tanti marinai e comandanti erano stati addestrati.
Vi è da dire che Donitz, accortosi del problema, cercò
di correre ai ripari, promuovendo la costruzione di quelli che si
sarebbero poi definiti a ragione sottomarini, e non sommergibili, e
in effetti ne furono realizzati non pochi, pur fra le mille
difficoltà di una guerra che volgeva al termine con la chiara
e ormai inevitabile sconfitta della Germania; fatti i nuovi U-Boot
occorreva tuttavia riaddestrare gli equipaggi agli stessi, il che non
poteva avvenire in tempi brevi, tanto che la fine del conflitto venne
senza che si potessero impegnare in combattimento un numero adeguato
di battelli, insomma un po’ come nel caso del Messerschmitt
262, il primo aereo a reazione del mondo, giunto troppo tardi.
Il
libro di Sergio Valzania è un interessante saggio di storia
militare che affronta il tema della guerra condotta dai sommergibili
tedeschi nel secondo conflitto mondiale. L’autore ha la
capacità di offrirci una visione completa di ciò che
accadde, rispondendo inconsciamente alle classiche domande “come,
quando, perché”. In tal modo il lettore riesce a
comprendere il motivi degli eventi, riesce a capire come mai a un
certo punto della guerra navale nell’Atlantico i battelli
tedeschi riuscirono ad affondare mercantili degli alleati in numero
elevatissimo, perdite a cui all’inizio, prima di affinare i
sistemi di difesa, gli americani risposero costruendo, quasi a
catena, un numero spropositato di navi, le cosiddette Liberty, in
modo da compensare così i vuoti creati nella flotta. Saranno
ben comprensibili, inoltre, le cause che portarono all’inversione
di tendenza in questa feroce e lunga battaglia, si sarà in
grado di sapere come si viveva, si combatteva e si moriva sugli
U-Boot, anche attraverso la narrazione di episodi di particolare
risonanza; apparirà così giustificata, nella sua
drammaticità, la rilevante entità di marinai
sommergibilisti morti, una vera e propria mattanza, tale da far
apparire premonitrici le parole del discorso di presentazione ai
cadetti della scuola sommergibili tedesca tenuto nel 1918: “Voi
avete scelto la più bella professione del mondo. Davanti ai
vostri occhi sta l’obiettivo più alto che si possa
raggiungere. Qui vi insegneremo a raggiungerlo. Voi siete qui per
imparare ciò che dà alle vostre vite il significato
definitivo. Voi siete qui per imparare come morire.”.
Lo
stile è snello, il ritmo non è blando, ma nemmeno
troppo veloce, l’approfondimento è sempre pertinente e
mai greve, insomma U-Boot è un libro istruttivo e di gradevole
lettura.
Sergio
Valzania,
storico
e studioso della comunicazione, autore radiofonico e televisivo, dal
2002 al 2009 ha diretto i programmi radiofonici della Rai.
Dal
2001 insegna all'Università di Genova e dal 2010 alla Luiss di
Roma. Ha scritto su «La Nazione», «Avvenire»,
«la Repubblica», «il Giornale»,
«L'Indipendente», «Liberal».
Fra
le sue opere di storia militare pubblicate con Mondadori
ricordiamo: Jutland (2004), Austerlitz (2005), Le
radici perdute dell'Europa (con
Franco Cardini, 2006), Wallenstein (2007), I
dieci errori di Napoleone (2012), U-Boot.
Storie di uomini e sommergibili nella seconda guerra
mondiale (2011), I
dieci errori di Napoleone. Sconfitte, cadute e illusioni dell'uomo
che voleva cambiare la storia (2012), La
scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l'Italia provocò la
prima guerra mondiale (2014,
scritto con Franco Cardini) e Cento
giorni da imperatore (2015).
Per Sellerio esce nel 2006 Sparta
e Atene. Il racconto di una guerra,
nel 2011 Napoleone e
nel 2012 La
bolla d'oro.
Nel 2008 esce per Longanesi La
via Lattea,
scritto con Piergiorgio Odifreddi, mentre nel 2015 Il Mulino
pubblica Andar
per le cattedrali di Puglia.
Renzo
Montagnoli
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