I
cento giorni
di
Joseph Roth
Traduzione
di Ervino Pocar
Edizioni
Adelphi
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
224
ISBN
9788845911057
Prezzo
Euro 14,00
Il
tramonto di un mito
I
cento giorni sono un periodo storico compreso fra il ritorno di
Napoleone a Parigi dall’esilio all’isola d’Elba (20
marzo 1815) e la restaurazione della dinastia borbonica con Luigi
XVIII (8 luglio 1815); in questo lasso di tempo il 18 giugno si
svolse la celebre battaglia di Waterloo che vide la definitiva e
irrimediabile sconfitta dell’Imperatore dei Francesi. Lo scopo
di Roth, però, come egli stesso dice non è di scrivere
una saggio storico e anche l’attribuzione generica di romanzo
storico gli andrebbe stretta perché in effetti ha inteso
mostrare il crepuscolo di un quasi onnipotente, spogliandolo delle
vesti ufficiali affinché restasse solo l’uomo, con i
suoi dubbi, le sue incertezze, le sue paure e la stanchezza che
aggredisce chi ha ormai imboccato velocemente il tratto di discesa
della sua parabola. E’ un tramonto senza gloria, la fine di un
mito di cui piano piano lo stesso Napoleone prende coscienza; é
il grande generale che ha sempre cercato la battaglia, ma che ora,
che gli viene imposta, lo trova riluttante, con un presagio di
sconfitta che lo assillerà fino alle battute finali.
Il
tempo inesorabile corre, ma non verso il sole di Austerlitz, verso le
piogge, i terreni pantanosi di Waterloo e in questo susseguirsi
veloce e implacabile di istanti si intreccia la storia
dell’imperatore con quella di una sua lavandaia, Angelina. Lei,
come tutte le donne di Francia, lo adora, è follemente
infatuata di questo mito che va decomponendosi; c’è chi
la dissuade di intestardirsi in un sentimento irragionevole, a
maggior ragione ora che l’uomo Bonaparte è l’ombra
di se stesso, ma inutilmente, e così entrambi saranno
sconfitti. I cento giorni è un’opera dalla
straordinaria potenza visiva, tanto da sembrare una pellicola
cinematografica, ma questa caratteristica non è fine a se
stessa, è semplicemente la cornice di un quadro di
irresistibile bellezza, dove i cento giorni di un’epopea, in
cui tutti credono illudendosi consapevolmente che i disegni del
destino possano cambiare, scandiscono la fine di un’epoca prima
ancora dell’esito di Waterloo nell’animo dei due
protagonisti, l’astro che si spegne di Napoleone e la donna con
le ali di Icaro che inutilmente cerca di raggiungere il suo Sole.
Imperdibile.
Joseph
Roth,
giornalista
e scrittore austriaco.
Cresce
accanto alla madre nella casa del nonno, frequentando le scuole nella
città natale. Nel 1916 si trasferisce a Vienna dove si iscrive
all'università e dove pubblica i suoi primi racconti e poesie.
Inizia, sempre a Vienna, l'attività di giornalista per poi
svolgerla a Berlino. Nel 1925 si trasferisce a Parigi e durante
questi anni scrive La
ribellione (1924), Aprile.
Storia di un amore (1925).
Il
ritmo di vita intenso e disordinato, da una città a un'altra,
e l'abuso di alcol si accentuano dopo che la moglie si ammala e viene
ricoverata per una malattia nervosa. Da allora intensifica la sua
attività come dimostrano i romanzi Zipper
e suo padre (1928)
e Giobbe.
Romanzo di un uomo semplice(1930);
quest'ultimo dà inizio a una serie di opere che gli danno fama
anche in Italia soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del
Novecento, nel clima di ripresa e di recupero della grande
letteratura mitteleuropea, specialmente ebraica. Nel 1932 esce La
marcia di Radetzky,
considerato il propotipo del romanzo storico-realista, con cui Roth
non si limita a rievocare nostalgicamente un passato al tramonto
(quello dell'Impero austro-ungarico) ma descrive la saga della
sconfitta progressiva dell'uomo nella storia, a causa della decadenza
degli antichi valori.
Nel
1933, prima che si diffondesse la notizia della nomina di Hitler a
cancelliere, Roth lascia nuovamente Berlino per recarsi a Parigi
(prima tappa del suo esilio), a Zurigo, Marsiglia e in altre città
europee. Continua la sua produzione di racconti e romanzi fino al
1939, anno della sua morte avvenuta a Parigi a causa di un collasso.
Scompare quindi uno scrittore che ha dato corpo alla tragedia del
"piccolo uomo", austriaco o tedesco, piccolo-borghese o
ebreo-orientale, tra la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e
l'avvento di Hitler.
Fonte:
Dizionario Bompiani degli autori 2006
Renzo
Montagnoli
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