Dal
fondo.
I
miei primi dieci anni
di
Franca Canapini
Youcanprint
www.youcanprint.it
Autobiografia
Pagg.
162
ISBN
9788831610070
Prezzo
Euro 12,00
Come
eravamo
Non
è mia abitudine riportare nelle recensioni che scrivo le
eventuali dediche dell’autore che normalmente si trovano nella
seconda pagina, ma questa volta faccio un’eccezione che ritengo
più che motivata; infatti leggo “Caro
Renzo, mi fa piacere donarti questo libro nato per essere regalato a
parenti ed amici. Con affetto Franca”.
Quanto pudore in queste poche righe! Franca Canapini, poetessa assai
valida e conosciuta anche come narratrice, ha quasi un senso di
timore nel proporre questo Dal
fondo. I miei primi dieci anni,
una autobiografia limitata a un periodo di tempo assai breve dove
quello che conta non è la storia del soggetto che scrive la
sua esistenza da bambina, ma è
il narrare di un’epoca
passata, di un’Italia che faticosamente viene ricostruita sulle
macerie della guerra, con i primi sviluppi industriali che ancora non
lasciavano presagire la fine di una millenaria civiltà, quella
contadina. E Franca è in grado di parlarne compiutamente non
solo per gli studi effettuati e le sue capacità di analisi, ma
anche perché abitava in campagna e nella sua crescita da
lattante a bambina ha potuto vedere come il mondo rurale subisse una
modificazione quale non si era mai vista prima. Ero
povera, scrive, povera, ma non
misera, perché non le mancava da mangiare, ma il suo mondo,
come del resto il mio che analogamente ero povero, imponeva una
rinuncia dietro l’altra che i bambini di oggi, abituati ad
avere tutto, nemmeno possono immaginare. Eppure, e probabilmente
senza enfatizzare il senso di questa congiunzione, eravamo felici per
il poco che avevamo. Per Franca Canapini la vita all’aria
aperta, i contatti con gli altri bambini, più o meno anch’essi
poveri, erano l’occasione per vivacizzare l’esistenza,
per dare tutto se stessa in cambio di poco, ma con la soddisfazione
di aver dato un senso alla giornata. La gioia derivava da piccole
cose, oggi impensabili, come l’acqua corrente in casa, la stufa
economica a legna, anziché il focolare, una passeggiata al
mercato e perfino al cimitero, per non parlare dell’osservazione
attenta della natura, delle ricorrenze capitali nel lavoro dei campi,
quali l’aratura, la semina, poi la mietitura e la trebbiatura.
Anche la vendemmia aveva una sua importanza, richiama epoche ancor
più antiche e quasi sembra di vedere la raccolta dell’uva,
il trasporto, la pigiatura con gli occhi di quel grande cantore che è
stato Virgilio. C’è proprio tutto un mondo scomparso in
questa narrazione di una giovinezza che di certo non tornerà
più, come è altrettanto sicuro che quella civiltà
di cui erano permeati i popoli, così immobile nei secoli, non
la potremo più rivedere, né ci sarà dato il
piacere di vedere la mungitura a mano nelle stalle, o di sentire il
chiacchiericcio delle lavandaie prone sugli scanni ai lavatoi. Tutto
è scomparso, annientato da un boom economico, ma anche da una
nuova mentalità, che ha sostituito poco a poco i carri
trainati dai buoi con le lambrette, e poi con le Topolino e le 500,
per non parlare dell’avvento della televisione, capace anche di
far vedere come vere cose che non lo sono e che ha soppiantato le
riunioni serali nella stalla d’inverno o sull’aia
d’estate dove c’era sempre chi era capace di raccontare
fole, anticipando la narrativa horror con storie di fantasmi che
facevano tremare i più piccoli, paurosi nel buio della stanza
quando andavano a dormire. Franca Canapini ha una scrittura snella,
una capacità affabulatoria che attrae e incanta, non di rado
accompagnata da una certa vena poetica che le è propria e che
la induce a integrare la prosa con dei versi che, oltre a essere
belli, non sono per niente fuori luogo. Certo il fatto che parli di
un’epoca che ha visto anche la mia giovinezza ha un peso non
trascurabile nel giudizio, ma questo voler scrivere di un passato
ormai lontano non ha solo il significato di una sorta di testamento
da lasciare ai nipoti (e infatti l’opera inizia con
un’introduzione in cui, rivolta alla nipote Alice, ne è
spiegato il fine), è anche l’omaggio per i bambini di
oggi, affinché sappiano quali sono le vere radici da cui
provengono, sperando che apprezzino e che, soprattutto, possano
comprendere, loro che hanno tutto, troppo direi, tanto da essere
sempre insoddisfatti, quanto il poco dei loro nonni sia stato
considerato un bene prezioso, una ricchezza irripetibile.
Da
leggere, e non è un consiglio, ma una raccomandazione.
Franca
Canapini,
nata a Chianciano Terme (Si), risiede ad Arezzo dal 1975. Laureata in
Materie Letterarie presso l’Università degli Studi di
Perugia, è stata Maestra nella Scuola Primaria e Professoressa
di Lettere nella Scuola Secondaria di primo grado.
Della
poesia (e della scrittura in generale) dice “ La poesia, per
me, è folgorazione da cui scaturisce una piena magmatica di
suoni, immagini, pensieri, emozioni che necessita trovare foce in
parole scritte. Scrivere è stato il sogno più bello
della mia giovinezza. Ora, in età matura, il sogno è
diventato esaltante progetto di vita.”
A
partire dal 2010 ha pubblicato 6 raccolte di poesia, un romanzo e una
raccolta di favole, per le quali pubblicazioni ha ricevuto premi e
segnalazioni. Fa parte del Consiglio dell’Associazione degli
Scrittori Aretini Tagete ed è membro di giuria di alcuni premi
letterari.
Suoi
lavori si trovano in diverse antologie e riviste di poesia, in vari
siti e blog letterari e nel suo blog
personale: www.lieve2011.wordpress.com
Sito
personale: www.francacanapini.weebly.com
Renzo
Montagnoli
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