La
costanza della ragione
di
Vasco Pratolini
BUR
Biblioteca Universale Rizzoli
Narrativa
romanzo
Pagg.
XXIX-352
ISBN
9788817065672
Prezzo
Euro 10,00
La
storia di una educazione morale
Siamo
a Firenze, nell’immediato dopo guerra, e Bruno, a cui è
venuto meno il padre nel corso del conflitto, cresce fra le angosce
della madre Ivana, timorosa di perderlo, come le è accaduto
per il marito, e la figura, di rigorosa moralità, di Miloschi,
vecchio amico del padre e che poi è diventato tutore del
ragazzo. Si raccontano, nel romanzo, i primi venti anni di vita di
questo giovane, con tutti i passaggi tipici del periodo, con i primi
ideali e ovviamente anche i primi amori. E se ci si basasse solo su
questo si potrebbe parlare solo di un tipico romanzo di formazione,
ma non è da Pratolini scrivere senza proporre qualcosa di
diverso e peraltro non campato in aria, perché, accanto a un
atteggiamento dei suoi vecchi che si lasciano travolgere dalla vita,
con una atavica rassegnazione, incapaci di reagire, lui, Bruno, cerca
di continuo una risposta logica alle sue inquietudini giovanili,
anche per non affondare nel grigiore quotidiano di chi è più
avanti negli anni e che, senza sentirsi uno sconfitto, non ha però
più voglia di combattere.
In
questo lavoro di Pratolini siamo un po’ al di fuori delle sue
classiche tematiche, nel senso che non si tratta più di un
romanzo corale, e del resto anche l’ambiente è diverso,
perché pur restando la città Firenze non si svolge in
un antico rione popolare, ma in una nascente periferia.
Peraltro
stupisce in quest’opera una ricerca intimistica, anziché
una rappresentazione sociale, come se l’autore per una volta
avesse voluto tralasciare la sua passione politica, che però
non è assente nel romanzo, pur non risultando dominante.
Pratolini, comunque, non sarebbe Pratolini se non avesse nei suoi
intenti uno scopo, un fine; che si tratti di un desiderio di riscatto
delle classi più deboli, o della trepidazione propria di chi
cerca di dare risposte ai perchè della vita, è ben
presente nell’autore la necessità di non creare soio un
lavoro di semplice svago, ma di riflettere l’essenza di sé,
di proporsi alternativamente a un mondo esterno che quasi mai è
di suo completo gradimento.
Se
Bruno, ricorrendo allo stretto pragmatismo, è convinto di
avere le risposte che gli premono, ne uscirà sconfitto, perché
il mondo può presentare aspetti spiegabili con la ragione e
altri no, perché i sentimenti non sono formule matematiche,
ma passione. Dovrà anche lui patire la sconfitta, ma ha
maturato la sua esperienza, ha costruito quella struttura fatta di
gioie e dolori, di ansie e sereni momenti, di logicità e
illogicità grazie alla quale potrà meglio affrontare la
vita.
La
costanza della ragione non è probabilmente un
capolavoro, ma è comunque un’opera di notevole valore.
Vasco
Pratolini (Firenze, 19 ottobre 1913 –
Roma, 12 gennaio 1991).
Di famiglia operaia, è costretto a interrompere gli studi e
svolge mestieri diversi per potersi mantenere.
Autodidatta,
entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli
scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai,
frequentandone la casa.
Pratolini
comincia a collaborare al periodico «Il Bargello» e
diviene redattore con Alfonso Gatto, nel 1938, della rivista «Campo
di Marte». Nel 1951 si trasferisce a Roma, città nella
quale vivrà da allora in poi.
Le sue prime esperienze
narrative ("Il tappeto verde", 1941; "Via de’
magazzini", 1941; "Le amiche", 1943; "Cronaca
familiare", 1947) compongono il ritratto di un'infanzia e di una
giovinezza piuttosto picaresche.
Il
registro adottato, sin da quelle prime prove, si pone a mezza via fra
il realistico e il lirico.
"Il quartiere" (1943) è
un affresco corale che narra della presa di coscienza del
sottoproletariato urbano.
Gli stessi temi sono riproposti,
con tono appena più svagatamente satirico, ne "Le ragazze
di San Frediano" (1949), e trasposti poi in una più
approfondita lettura psicologica in "Cronache di poveri amanti"
(1947).
Pratolini
svolge con successo, in questi anni, anche un'attività di
sceneggiatore e soggettista cinematografico, e intraprenderà
in seguito una carriera di autore di testi teatrali ("La
domenica della povera gente", 1952; "Lungo viaggio di
Natale", 1954).
Nel
1955 pubblica Metello (premio Viareggio), primo romanzo di quella che
diverrà la trilogia "Una storia italiana", essendo
completata da "Lo scialo" (1960) e da "Allegoria e
derisione" (1966).
Nella trilogia, la vita dei fiorentini,
descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici
del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui
analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e
politico-sociali.
Alla
città e al mondo dell’adolescenza sono dedicati ancora
un romanzo, "La costanza della ragione" (1963), e le poesie
raccolte in "La mia città ha trent’anni"
(1967). Alcune «cronache in versi e in prosa», scritte
dal 1930 al 1980, sono riunite nel volume "Il mannello di
Natascia" (1984, premio Viareggio).
Renzo
Montagnoli
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