Una
domenica
di
Fabio Geda
Edizioni
Einaudi
Narrativa
Pagg.
192
ISBN
9788806241865
Prezzo
Euro 16,00
Un
motivo per continuare
L’idea
del romanzo è indubbiamente interessante, con quest’uomo
anziano, vedovo, costruttore di ponti che l’hanno costretto a
lunghi soggiorni all’estero, che ormai da tempo solo nel suo
appartamento prepara un pranzo domenicale per figli e nipoti, ma,
ahimè, quando è già tutto pronto gli ospiti per
un contrattempo disertano l’appuntamento e allora lui esce per
fare una passeggiata, in cui incontra Elena e Gaston, madre e figlio,
pure loro soli. All’uomo viene un’idea che si rivelerà
foriera di ulteriori proficui sviluppi, poiché invita a pranzo
entrambi, che accettano. Non vado oltre perché ho già
detto molto e sarebbe eccessivo impedire ai lettori di scoprire ciò
che riserverà loro la lettura. Chissà perché
questo romanzo mi ha richiamato alla memoria un bellissimo film del
1987, Il pranzo di Babette,
che vinse anche il Premio Oscar del 1988 come miglior pellicola
straniera. Benchè li accomuni solo l’idea del pranzo,
per il resto sono opere completamente diverse, tranne forse per gli
scopi edificanti di entrambe.
Come
è noto, fra tutti i giorni della settimana la domenica è
quello in cui più si avverte la solitudine, quello in cui
prende il sopravvento l’amarezza; prima di incontrarsi sono in
questa condizione, disperatamente presenti in un’assenza di
vita normale, di dialogo, di affetto, anche l’ingegnere, Elena
e Gaston. Ma le ore trascorse insieme sono anche l’occasione
per una riflessione sulla propria condizione attuale, sul proprio
passato e il proprio avvenire. E’ quello che con una dizione
largamente usata si definisce un bilancio della propria esistenza,
caratterizzato da luci e ombre, da rimpianti e malinconie per un
tempo che sta per finire; tuttavia è solo con una presa di
coscienza che è possibile tracciare una rotta per il futuro.
L’uomo e la donna hanno un disperato bisogno di comunicare a
chi li sa ascoltare, quasi una confessione dalla quale uscire in
un’altra dimensione con la prospettiva che il futuro non sia
più così buio come prima.
A
Fabio Geda non mancano le capacità per proporre questa storia,
con delicatezza, quasi con pudore, eppure a mio parere l’opera,
se pur interessante, presenta non pochi punti sui quali ci sarebbe da
ridire, perché insomma i difetti non mancano.
Innanzi
a tutto c’è un incipit molto lungo, ma anche tale da
mettere in affanno il lettore, per non parlare poi dello stile,
massiccio e greve come un blocco di marmo, ma quello che secondo me
nuoce maggiormente è il frequente ricorso ai flaschback, forse
per mostrare l’alternarsi delle epoche diverse, ma i periodi
purtroppo non sono ben raccordati, al punto che personalmente mi
hanno dato fastidio; se non bastasse ho rilevato anche una
consistente verbosità quasi sempre ingiustificata e che porta
inevitabilmente a un ritmo della narrazione piuttosto lento.
Quindi,
per concludere, pur riconoscendo al romanzo ampi meriti per la trama,
mi è sembrato carente proprio nella sua costruzione, in una
certa superficialità nella descrizione dei caratteri dei
personaggi, e proprio per questo, fuori dal pressochè unanime
coro, ritengo l’opera solo discreta, e non di certo un
capolavoro.
Fabio
Geda
(1972,
Torino), si è occupato per anni di disagio giovanile,
esperienza che ha spesso riversato nei suoi libri. Ha scritto su
«Linus» e su «La Stampa» circa i temi del
crescere e dell'educare. Collabora stabilmente con la Scuola Holden,
il Circolo dei Lettori di Torino e la Fondazione per il Libro, la
Musica e la Cultura. Esordisce nel 2007 con Per
il resto del viaggio ho sparato agli indiani;
segue L'esatta
sequenza dei gesti (2008)
e Nel
mare ci sono i coccodrilli (2010) che
ha avuto uno straordinario successo sia in Italia che all'estero. Nel
2011 esce L'estate
alla fine del secolo,
mentre del 2014 è Se
la vita che salvi è la tua (Einaudi).
Nel 2015 esce il primo volume della serie per
ragazzi Berlin (Mondadori)
scritta insieme con Marco Magnone, del 2017 Anime scalze (Einaudi).
Nel 2019 pubblica per Einaudi Una
domenica.
Renzo
Montagnoli
|