I giovedì della signora
Giulia
di Piero Chiara
Arnoldo Mondadori Editore
Narrativa – romanzo
Pagg. 134
ISBN: 978-88-04-45509-7
Prezzo: € 7,80
Esiste il delitto perfetto? Non pochi
autori del genere “giallo” hanno affrontato questa ardua prova, con risultati
più o meno soddisfacenti, o credibili.
Piero Chiara, che non è possibile
definire un autore di genere, ha voluto provarci, mettendo anche a frutto la
lunga frequentazione degli ambienti giudiziari derivante dal suo lavoro e ne é uscita così, più che un romanzo, una presceneggiatura, perché lo scopo originale era di
realizzare un adattamento televisivo, che poi si concretizzò nell'opera con lo
stesso titolo trasmessa in cinque puntate nel 1970 dalla radio-televisione
italiana e che ebbe grande successo.
Indubbiamente il fatto che sia stato
scritto in funzione di uno spettacolo televisivo fa sì che in questo lavoro si
avverta meno la mano felice dell'autore, così bravo a descrivere con sottile
finezza gli ambienti di una certa provincia italiana negli anni del dopoguerra.
E in effetti
la narrazione si presenta necessariamente schematica, pur non mancando la
consueta abilità nel figurare i personaggi, ma con un tono più distaccato, quasi
di cronaca giornalistica.
Come in tutti i gialli che si
rispettano c'è il commissario di polizia, uomo accorto e capace,
ma veritiero, e non un mostro di bravura. Proprio per questo appare più
funzionale alla trama e finisce con il dare risalto all'abile piano
architettato da un omicida di notevole intelligenza. Sì, perché l'enigma non viene sciolto neppure alla fine, tanto che il processo
penale si concluderà con un'assoluzione per insufficienza di prove.
La lettura è veramente appassionante,
perché poco a poco ci si lascia coinvolgere dallo stimolo pressante della
ricerca della verità, a cui si viene indirizzati in
modo mirabile. Tuttavia, quando si crede di aver fatta piena luce sulla
vicenda, altrettanto razionalmente ci viene proposta
una soluzione di uguale validità, a cui possiamo prestare anche fede, ma che
viene a complicare terribilmente le cose, tanto che alla fine il verdetto
assolutorio ci sembra la più logica delle conclusioni.
Ci si chiede: chi sarà il colpevole, o saranno entrambi
colpevoli?
Non c'è risposta, e in questa sospensione, in questa
tipica incertezza ritroviamo il Chiara autore di quei romanzi di provincia che
terminano in modo non definitivo, come, per esempio, in “Vedrò Singapore?”.
Dimenticavo: è un
opera che si legge in un fiato e che poi invece fa arrovellare il
cervello, in un'impossibile ricerca
della verità che, forse, nemmeno l'autore conosceva.
Piero Chiara nasce a Luino il 23 marzo 1913, in una famiglia di origini siciliane.
Studia in vari collegi religiosi, ma
poi abbandona la scuola, completando da autodidatta la propria formazione
culturale.
Dipendente di un'amministrazione
statale, vive, durante gli anni del fascismo, la più chiusa e al tempo stesso
più eccitante vita di provincia: lunghe letture, il gioco e gli intrighi
d'amore.
Data la sua naturale indole al
dissenso, diviene inviso al fascismo, al punto che il Tribunale Speciale emette
una severa condanna nei suoi confronti e che evita unicamente con la fuga in
Svizzera.
Terminata la guerra, ritorna in
Italia con un'aureola di antifascista, che gli sarà di aiuto nel reinserimento
nell'Italia repubblicana.
Inizia un periodo di fervida
creatività che lo porta ad abbandonare il lavoro nell'amministrazione statale
per dedicarsi unicamente alla scrittura.
Nascono così i romanzi Il piatto piange, La spartizione, 1964; Il balordo,
1967, con cui vinse Il Bagutta; Il Pretore di Cuvio, 1973; La stanza del vescovo, 1976; Il cappotto di astrakan, 1978; Vedrò Singapore?, 1981, oltre a molti altri,
una produzione tutta di notevole livello, dove la capacità dell'autore di
scrivere con equilibrio, di non indulgere mai alla volgarità anche nelle storie
più scabrose, non viene mai meno.
Piero Chiara muore a Varese il 31
dicembre 1986.