Il
medico di campagna
di
Honoré de Balzac
Traduzione
di Andrea Zanzotto
Introduzione
di Ferdinando Camon
Edizioni
Garzanti
Narrativa
Pagg.
XXII
- 227
ISBN
978-8811607656
Prezzo
Euro10,00
Un
mondo ideale
Se
le aspirazioni politiche di Balzac furono deludenti, tanto che non
riuscì a farsi eleggere deputato, miglior fortuna - se non
dopo un periodo abbastanza lungo di magra - ebbe il suo desiderio di
diventare uno scrittore di successo; al riguardo non è
difficile vedere un nesso logico fra la mancata carriera politica e
un romanzo scritto nel 1833, Il medico di campagna. In
questo libro profuse tutte le sue idee di una amministrazione
pubblica perfetta immaginando un paese montano, nei pressi di
Grenoble, in cui grazie alle intuizioni e alle scelte del dottor
Benassis, medico, nonché sindaco del villaggio, la popolazione
da uno stato di indigenza passa a uno di prosperità, non solo
materiale. Che il sanitario sia una specie di benefattore è
indubbio, tanto più che viene da un’esperienza parigina
tutt’altro che edificabile, per non dire riprovevole, ma l’uomo
desidera riscattarsi e vi riesce pienamente, come ha modo di
constatare un vecchio soldato, il comandante Genestas, giunto fin lì
per farsi curare per malanni non ben precisati. E’ un mondo
nuovo quello fondato da Benassis, basato sulla fede e sul lavoro, in
pratica sul cattolicesimo e sul capitalismo. Quest’ultimo è
indispensabile per avviare le prime attività che consentono
l’avvio di un timido benessere e poi una crescente diffusione
della ricchezza ed è allora che diventa importante la
religione, per temperare la spinta dei nuovi investimenti, per
finalizzarla a scopi più elevati di quello che può
essere il risultato economico del singolo, volgendola invece a
portare in palmo di mano un interesse collettivo. Per fa questo
occorre una forza morale e questa viene data dalla fede, da un
sentimento comune di appartenenza. Verrebbe da pensare al famoso
motto: tutti per uno, uno per tutti. Si tratta di una bellissima idea
su cui fantasticare, ma idea resta, inapplicabile tale e quale è
stata concepita. Del resto di ipotesi di comune esistenza ne
fiorirono parecchie nel XIX secolo: senza andare a scomodare Marx,
il cui pensiero economico e filosofico può apparire vicino a
quello di Balzac, ma che invece ne è lontanissimo, mi viene in
mente il Cristo dell’Amiata, Davide Lazzaretti, fondatore di
una comunità con caratteri propri di un socialismo mistico,
senz’altro utopistico, guarda caso sorta nella seconda metà
del 1800, esperienza conclusasi tragicamente, con l’uccisione
dello stesso Lazzaretti, e lo scioglimento di quella che potrebbe
essere definita, come nel caso anche del villaggio del romanzo di
Balzac, una Comune.
Se
però si è ben consapevoli dell’impossibilità
di trasformare una società secondo lo spirito del dottor
Benassis e quindi si dà per certo che tale idea sia del tutto
utopica, resta valido il concetto secondo il quale chi amministra una
comunità lo deve fare nell’esclusivo interesse della
stessa, svolgendo, più che un incarico, una missione, concetto
che ahimè cozza con la realtà del nostro paese, in cui
i politici costituiscono una casta che si autoalimenta
rappresentando, anziché i cittadini elettori, solo gli eletti.
Il
medico di campagna finisce così con il diventare un
esempio di quello che dovrebbe essere il buongoverno, con l’aiuto
di felici descrizioni dell’ambiente e di proficue conversazioni
che fanno dimenticare lo stile inevitabilmente un po’ datato,
ma comunque mai greve, un’opera insomma che mette in luce altre
caratteristiche di Balzac, un autore che dopo quasi due secoli è
sicuramente ancora apprezzabile.
Honoré
de Balzac
(Tours, 20 maggio 1799 – Parigi, 18 agosto 1850), nacque in una
famiglia della media borghesia e solo dal 1830 aggiunse il «de»
al suo cognome; suo padre, che era stato segretario del consiglio del
re durante l’Ancien Régime, fu poi capo della
sussistenza della 22a divisione militare di Tours; la madre proveniva
da una famiglia di commercianti. Dal 1807 al 1813 studiò come
interno nel Collège de Vendôme. Quando la famiglia si
trasferì a Parigi, iniziò gli studi di giurisprudenza e
seguì alla Sorbona i corsi di Cousin, Guizot, Villemain.
Nel
1819 i genitori gli concessero un periodo di prova per saggiare la
sua vocazione letteraria. In una mansarda del quartiere della
Bastiglia, in rue Lesdiguières, scrisse le sue prime opere,
una tragedia in versi, Cromwell,
e un romanzo filosofico, Sténie.
L’insuccesso lo spinse a cercare nel giornalismo e nella
letteratura spicciola un mezzo per assicurarsi l’indipendenza.
Dal
1821 al 1829, pubblicò, da solo o in collaborazione e sotto
vari pseudonimi, opere narrative spesso ispirate al «romanzo
nero» inglese, e un gran numero di saggi e articoli. Oltre che
giornalista, fu anche editore e tipografo, ma senza successo e si
ritrovò, a trent’anni coperto di debiti.
Fu
allora che pubblicò un romanzo storico sulla ribellione della
Vandea, Gli
Sciuani (Les Chouans, 1829),
che ottenne un discreto successo; a esso seguì quasi subito il
saggio La
fisiologia del matrimonio (La physiologie du mariage,
1830), che fece scandalo e rese noto lo scrittore presso il grande
pubblico. Pubblicò le novelle che compongono le Scene
della vita privata (Scènes de la vie privée, 1830),
poi La
pelle di zigrino (La peau de chagrin,
1831), Il
colonnello Chabert (Le colonel Chabert,
1832), Il
curato di Tours (Le curé de Tours, 1832), Louis
Lambert (L’histoire intellectuelle de Louis Lambert,
1832), Il
medico di campagna (Le médecin de campagne, 1833), La
ricerca dell’assoluto (La recherche de l’absolu, 1834), Le
sollazzevoli istorie (Contes drolatiques,
1832-37).
Degli
stessi anni sono Eugénie
Grandet (1833)
e Papà
Goriot (Le père Goriot,
1834), le sue due opere più famose e forse più
perfette.
Fu
allora che Balzac concepì l’idea, destinata a sfociare
nella Commedia
umana (La Comédie Humaine),
di fondere tutti i suoi romanzi in un’opera unica, facendo
riapparire in nuove vicende gli stessi personaggi delle opere
precedenti e organizzando i vari romanzi e racconti in modo da
presentarli come parti autonome, ma complementari, di un quadro
d’insieme.
Nel
1833 ebbe inizio, con uno scambio di lettere, la sua relazione con
una ricchissima nobildonna polacca Eve (Eveline) Háska, che lo
scrittore sposò solo dopo molti anni. Le lettere che egli le
scrisse sono il documento più completo sulla sua vita,
descrivendo le rovinose imprese economiche dello scrittore e la sua
straordinaria volontà.
Nel
1841 firmò il contratto per la grande edizione delle sue opere
narrative, illustrata da pittori come Gavarni, Meissonnier, Daumier,
per la quale ben quattro editori si erano consorziati e alla quale
egli premise il famoso Avant-propos del
1842.
Dopo
questa data, continuò a produrre (ricordiamo fra l’altro I
contadini, Les paysans,
del 1844, e il ciclo I
parenti poveri, Les parents pauvres,
del 1846-47), ma il fisico dello scrittore era logorato, il suo
morale era minato dai continui rifiuti dell’Académie
française e dall’ostilità di critici e
giornalisti invidiosi del suo successo. Nel 1850 sposò la
Háska, ma lo scrittore non sopravvisse che qualche mese alle
nozze. Morì a Parigi, nella casa lussuosamente arredata di rue
Fortunée (ora rue Balzac), la sera del 18 agosto.
Fonte:
parzialmente tratta dall'Enciclopedia
della Letteratura Garzanti
Renzo
Montagnoli
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