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  Recensioni  »  Il medico di campagna, di Honoré de Balzac, edito da Garzanti 02/10/2022
 
Il medico di campagna

di Honoré de Balzac

Traduzione di Andrea Zanzotto

Introduzione di Ferdinando Camon

Edizioni Garzanti

Narrativa

Pagg. XXII - 227

ISBN  978-8811607656

Prezzo Euro10,00


Un mondo ideale


Se le aspirazioni politiche di Balzac furono deludenti, tanto che non riuscì a farsi eleggere deputato, miglior fortuna - se non dopo un periodo abbastanza lungo di magra - ebbe il suo desiderio di diventare uno scrittore di successo; al riguardo non è difficile vedere un nesso logico fra la mancata carriera politica e un romanzo scritto nel 1833, Il medico di campagna. In questo libro profuse tutte le sue idee di una amministrazione pubblica perfetta immaginando un paese montano, nei pressi di Grenoble, in cui grazie alle intuizioni e alle scelte del dottor Benassis, medico, nonché sindaco del villaggio, la popolazione da uno stato di indigenza passa a uno di prosperità, non solo materiale. Che il sanitario sia una specie di benefattore è indubbio, tanto più che viene da un’esperienza parigina tutt’altro che edificabile, per non dire riprovevole, ma l’uomo desidera riscattarsi e vi riesce pienamente, come ha modo di constatare un vecchio soldato, il comandante Genestas, giunto fin lì per farsi curare per malanni non ben precisati. E’ un mondo nuovo quello fondato da Benassis, basato sulla fede e sul lavoro, in pratica sul cattolicesimo e sul capitalismo. Quest’ultimo è indispensabile per avviare le prime attività che consentono l’avvio di un timido benessere e poi una crescente diffusione della ricchezza ed è allora che diventa importante la religione, per temperare la spinta dei nuovi investimenti, per finalizzarla a scopi più elevati di quello che può essere il risultato economico del singolo, volgendola invece a portare in palmo di mano un interesse collettivo. Per fa questo occorre una forza morale e questa viene data dalla fede, da un sentimento comune di appartenenza. Verrebbe da pensare al famoso motto: tutti per uno, uno per tutti. Si tratta di una bellissima idea su cui fantasticare, ma idea resta, inapplicabile tale e quale è stata concepita. Del resto di ipotesi di comune esistenza ne fiorirono parecchie nel XIX secolo: senza andare a scomodare Marx, il cui pensiero economico e filosofico può apparire vicino a quello di Balzac, ma che invece ne è lontanissimo, mi viene in mente il Cristo dell’Amiata, Davide Lazzaretti, fondatore di una comunità con caratteri propri di un socialismo mistico, senz’altro utopistico, guarda caso sorta nella seconda metà del 1800, esperienza conclusasi tragicamente, con l’uccisione dello stesso Lazzaretti, e lo scioglimento di quella che potrebbe essere definita, come nel caso anche del villaggio del romanzo di Balzac, una Comune.

Se però si è ben consapevoli dell’impossibilità di trasformare una società secondo lo spirito del dottor Benassis e quindi si dà per certo che tale idea sia del tutto utopica, resta valido il concetto secondo il quale chi amministra una comunità lo deve fare nell’esclusivo interesse della stessa, svolgendo, più che un incarico, una missione, concetto che ahimè cozza con la realtà del nostro paese, in cui i politici costituiscono una casta che si autoalimenta rappresentando, anziché i cittadini elettori, solo gli eletti.

Il medico di campagna finisce così con il diventare un esempio di quello che dovrebbe essere il buongoverno, con l’aiuto di felici descrizioni dell’ambiente e di proficue conversazioni che fanno dimenticare lo stile inevitabilmente un po’ datato, ma comunque mai greve, un’opera insomma che mette in luce altre caratteristiche di Balzac, un autore che dopo quasi due secoli è sicuramente ancora apprezzabile.



Honoré de Balzac (Tours, 20 maggio 1799 – Parigi, 18 agosto 1850), nacque in una famiglia della media borghesia e solo dal 1830 aggiunse il «de» al suo cognome; suo padre, che era stato segretario del consiglio del re durante l’Ancien Régime, fu poi capo della sussistenza della 22a divisione militare di Tours; la madre proveniva da una famiglia di commercianti. Dal 1807 al 1813 studiò come interno nel Collège de Vendôme. Quando la famiglia si trasferì a Parigi, iniziò gli studi di giurisprudenza e seguì alla Sorbona i corsi di Cousin, Guizot, Villemain.
Nel 1819 i genitori gli concessero un periodo di prova per saggiare la sua vocazione letteraria. In una mansarda del quartiere della Bastiglia, in rue Lesdiguières, scrisse le sue prime opere, una tragedia in versi, Cromwell, e un romanzo filosofico, Sténie. L’insuccesso lo spinse a cercare nel giornalismo e nella letteratura spicciola un mezzo per assicurarsi l’indipendenza.
Dal 1821 al 1829, pubblicò, da solo o in collaborazione e sotto vari pseudonimi, opere narrative spesso ispirate al «romanzo nero» inglese, e un gran numero di saggi e articoli. Oltre che giornalista, fu anche editore e tipografo, ma senza successo e si ritrovò, a trent’anni coperto di debiti.
Fu allora che pubblicò un romanzo storico sulla ribellione della Vandea, Gli Sciuani (Les Chouans, 1829), che ottenne un discreto successo; a esso seguì quasi subito il saggio La fisiologia del matrimonio (La physiologie du mariage, 1830), che fece scandalo e rese noto lo scrittore presso il grande pubblico. Pubblicò le novelle che compongono le Scene della vita privata (Scènes de la vie privée, 1830), poi La pelle di zigrino (La peau de chagrin, 1831), Il colonnello Chabert (Le colonel Chabert, 1832), Il curato di Tours (Le curé de Tours, 1832), Louis Lambert (L’histoire intellectuelle de Louis Lambert, 1832), Il medico di campagna (Le médecin de campagne, 1833), La ricerca dell’assoluto (La recherche de l’absolu, 1834), Le sollazzevoli istorie (Contes drolatiques, 1832-37).
Degli stessi anni sono Eugénie Grandet (1833) e Papà Goriot (Le père Goriot, 1834), le sue due opere più famose e forse più perfette.
Fu allora che Balzac concepì l’idea, destinata a sfociare nella Commedia umana (La Comédie Humaine), di fondere tutti i suoi romanzi in un’opera unica, facendo riapparire in nuove vicende gli stessi personaggi delle opere precedenti e organizzando i vari romanzi e racconti in modo da presentarli come parti autonome, ma complementari, di un quadro d’insieme.
Nel 1833 ebbe inizio, con uno scambio di lettere, la sua relazione con una ricchissima nobildonna polacca Eve (Eveline) Háska, che lo scrittore sposò solo dopo molti anni. Le lettere che egli le scrisse sono il documento più completo sulla sua vita, descrivendo le rovinose imprese economiche dello scrittore e la sua straordinaria volontà.
Nel 1841 firmò il contratto per la grande edizione delle sue opere narrative, illustrata da pittori come Gavarni, Meissonnier, Daumier, per la quale ben quattro editori si erano consorziati e alla quale egli premise il famoso Avant-propos del 1842.
Dopo questa data, continuò a produrre (ricordiamo fra l’altro I contadini, Les paysans, del 1844, e il ciclo I parenti poveri, Les parents pauvres, del 1846-47), ma il fisico dello scrittore era logorato, il suo morale era minato dai continui rifiuti dell’Académie française e dall’ostilità di critici e giornalisti invidiosi del suo successo. Nel 1850 sposò la Háska, ma lo scrittore non sopravvisse che qualche mese alle nozze. Morì a Parigi, nella casa lussuosamente arredata di rue Fortunée (ora rue Balzac), la sera del 18 agosto.

Fonte: parzialmente tratta dall'Enciclopedia della Letteratura Garzanti


Renzo Montagnoli

 
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