Avernus
di
Daniela Raimondi
Prefazione
di Enrico Di Palma
Nota
di lettura di Ivan Fedeli
CFR
Edizioni
Poesia
Pagg.
63
ISBN
9788898677184
Prezzo
Euro 9,00
Il
prima e il dopo
Il
titolo di questa silloge fa pensare immediatamente al regno degli
Inferi, proprio della mitologia latina, ma è una supposizione
errata, perché non si parla di un viaggio nell’oltretomba;
secondo me il vero significato è quello di inferno, l’inferno
che deve passare in vita una persona la cui morte è annunciata
e quella persona è il padre della poetessa. E’ così
che abbiamo un diario in versi dell’ultimo periodo su questa
terra di un essere umano, con le sensazioni, il timore l’angoscia
di chi è presente e lo assiste, vale a dire Daniela Raimondi e
gli altri familiari stretti. E’ una forma originale di
raccontare, scandita dagli eventi, dalle fasi, fino al momento
fatale, ma c’è anche il dopo, c’è quel
ripensare a chi ci ha lasciato nella lenta attenuazione del dolore
per la scomparsa di una persona cara.
Il
vero lutto non fu la sua morte. Non fu nemmeno la sua / assenza. Fu
sapere che la sua vita finiva: vivere i giorni del corpo / malato,
condividere l’agonia. /...
E’
questa parte della prima poesia di questa raccolta e credo non ci sia
bisogno di spiegazioni, anche perché molti di noi hanno
vissuto questi periodi angoscianti, attoniti per l’impossibilità
di porre rimedio e per poter lenire le sofferenze. Daniela Raimondi
l’ha provato con il padre, io con mia madre. Dalla scoperta
della malattia alla morte i versi scandiscono questa fase (.../
“Cos’ha, Dottore?” / Mi ha detto del tumore.
L’impossibilità di operare o di curare. / “Quanto
tempo gli resta?” - La mia voce era ferma. 7 “Bisognerà
fare altri esami, ancora non sappiamo.” - Ha risposto. / Me lo
ha detto a occhi bassi. Sapevo che mentiva.) (.../ Passo la notte
seduta accanto a te nel Reparto Geriatria. / Sento le battaglie di
chi lotta per raggiungere la fine: / l’eco dei lamenti, il
pianto di un vecchio, i passi di un’infermiera. / Un malato
bestemmia. / Un telefono squilla. /…) (.../ C’era un
letto. / Disteso nel bianco il corpo di uno scon0sciuto. / Un
involucro di carne. / Il faraone con le mani incrociate sul petto. /
Immobile. / …).
Non
tutto finisce con la morte, anzi comincia per chi resta.
Nell’inconscio tentativo di assimilare il dolore ciò che
si nota è quello che non c’é, è l’assenza,
ma si deve tornare a vivere (Poi è tornata la calma, la
fame, la noia. / Si è dovuto vivere. Si è dovuto
tornare a camminare nel mondo. / Dimenticare la nebbia. Muoversi di
nuovo insieme ai vivi, ai cani, / le formiche, i motorini rossi).
Se
nel periodo dell’agonia il dolore di chi assiste impotente è
angoscia senza fine, dopo c’è la sofferenza per
l’assenza e per la memoria dei giorni dei giorni di attesa per
un evento irrimediabile; sono segni incisi nell’anima che con
la quotidianità si cerca di celare, ma sono lì, sempre
pronti a uscire, a reclamare la tua attenzione, e così basta
una data, un ricordo, un’immagine e, benché non più
così violento, riaffiora il dolore.
Si
cerca di porre rimedio pensando ai momenti che furono lieti, ma molto
più spesso prepotenti ritornano le ore d’angoscia,
l’impossibilità di portare un concreto aiuto, le
menzogne anche che sono state necessarie per cercare di dare un po’
di sollievo al malato.
Il
ricordo è uno sfogo, ma anche la condanna di chi resta.
Daniela
Raimondi è
nata in provincia di Mantova e ha trascorso la maggior parte della
sua vita in Inghilterra. Ora si divide tra Londra e la Sardegna.
Ha
pubblicato dieci libri di poesia che hanno ottenuto importanti
riconoscimenti nazionali. Suoi racconti sono presenti in antologie e
riviste letterarie. La
casa sull’argine,
edito da Nord, è il suo primo e, al momento, unico romanzo.
Renzo
Montagnoli
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