I
diavoli di Zonderwater.
1941-1947.
La
storia dei prigionieri italiani in Sudafrica che sopravvissero alla
guerra grazie allo sport
di
Carlo Annese
Sperling
& Kupfer Editori
Storia
Pagg.
XV-302
ISBN 9788820048846
Prezzo
Euro 18,50
La
più umana delle prigionie
Già
me ne aveva accennato mio padre quando ero giovane nel corso di una
delle rare volte in cui parlava della guerra in cui aveva combattuto
e dove era stato fatto prigioniero nel febbraio 1941, una detenzione
che sarebbe durata fino al 1946 soprattutto in un campo di
concentramento in Sud Africa. Poi, più recentemente, leggendo Sotto
la sabbia dorata, il bel libro di
Daniele Astolfi che parla dell´esperienza di prigionia di Antonio
Astolfi, era sorto il nome di Zonderwater, che non mi era nuovo, e
infatti era il lager in cui è stato a lungo recluso il mio genitore.
Da lì, facendo una ricerca su Internet, era emerso un saggio storico
(appunto I diavoli di
Zonderwater) su questo campo di
concentramento dove erano anche detenuti Antonio Astolfi e tanti
altri (complessivamente circa centomila) E´ stata immediata la
necessità di leggere anche quest´opera, scritta da un giornalista
della Gazzetta dello Sport e premiata con il Bancarella Sport 2010.
Ebbene, mi dispiace ancor di più che mio padre, mancato nel luglio
del 2011, non abbia potuto rivivere, grazie a quelle pagine, gli anni
che avrebbero dovuto essere i più belli e che invece furono un
periodo di dolore per la guerra e di disperata nostalgia per la casa
lontana. Mano a mano che procedevo nella lettura emergevano fatti e
anche nomi che non mi erano nuovi e allora con la fantasia ho
immaginato tutta quella gente, compreso mio padre, in questa prigione
a cielo aperto, dove, grazie alla nomina come comandante del
colonnello Hendrik Fredrik Prinsloo, il paesaggio lunare del lager,
costellato di tende, si trasformò radicalmente, così che in forza
della naturale operosità di noi italiani furono costruiti edifici in
muratura per ospitare i prigionieri, due ospedali, quindici scuole,
ventidue teatri, insomma una vera e propria città. Ma oltre al fare,
all´edificare, essenziale per evitare depressioni e abbrutimenti, ci
furono le iniziative teatrali, sportive, come tornei di calcio, di
pallavolo, di basket, incontri di pugilato, gare di atletica leggera,
e ovviamente queste attività hanno trovato il loro naturale storico
in Carlo Annese, giornalista della Gazzetta dello Sport. Però, se
queste pratiche sportive sono preminenti nel testo, non mancano altri
fatti, altre notizie, annotazioni su come si viveva, su come si
mangiava (poco) e sui rapporti interpersonali. Certo il posto, povero
d´acqua, donde il nome, non era molto attraente, ma occorre dare
atto che le guardie e i responsabili sudafricani della struttura
erano ben organizzati, dimostrandosi oltre tutto per niente degli
aguzzini. Mancava la libertà e questo era innegabile, però i
reclusi poterono trascorrere tanti anni senza deprimersi e questo per
merito di un comandante illuminato, quel colonnello Prinsloo il cui
nome non sarebbe mai stato dimenticato, associandolo a quanto di bene
aveva fatto per loro. La scrittura di Annese è lineare, agile e per
nulla affaticante; peccato solo che sia prevalente il tratto
giornalistico, cioè la cronaca, e che in ben pochi casi si
approfondisca, magari tentando un´analisi psicologica di alcuni
personaggi ricorrenti.
Pur
con questi limiti il libro è meritevole di lettura.
Carlo
Annese, nato a Brindisi nel 1964, giornalista, è
stato per più di sei anni vicedirettore del mensile GQ, dopo
un´esperienza ultraventennale alla Gazzetta dello Sport, prima come
inviato e poi come responsabile delle pagine "Altri Mondi".
Ha
vinto il Premio Bancarella Sport 2010 con il libro I diavoli di
Zonderwater (Sperling&Kupfer).
Nel
2016 ha creato Piano
P,
il primo network di podcast giornalistici di qualità in Italia. Tra
le produzioni di maggior successo: Da Costa a Costa, Risciò, Milano
Europa, Domani, Lievito Madre, Di cosa parliamo e il recente Benzina
sul fuoco.
Collabora
con audible e Storytel Italia: di quest'ultima è stato responsabile
della sezione podcast nel 2019, producendo numerose serie, tra le
quali La volpe scapigliata (la prima serie di Mario Calabresi sulla
morte del fotografo Andy Rocchelli) e La bomba in testa, di Nicolò
Porcelluzzi, la storia del terrorismo rosso degli Anni 70 raccontata
ai Millennials.
Renzo
Montagnoli