Archangel
di
Robert Harris
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Narrativa
Pagg.
360
ISBN
9788804451136
Prezzo
Euro 18,00
Quando
morì Stalin
Ogni
tanto questo pur bravo autore confeziona libri non all´altezza
della sua meritata fama; mi era già accaduto con Pompei e ora
si ripete con Archangel.
La
trama di per sé sarebbe notevolmente interessante, perché si narra
di un ex professore di storia sovietica all´Università di Oxford,
tale Fluke Kelso che a Mosca per un congresso incontra nella hall
dell´albergo dove alloggia un veterano dell´esercito sovietico,
Papu Rupava, che gli racconta una strana storia sulla morte di Stalin
e di ciò che accadde quando il dittatore fu trovato in stato
comatoso nella sua residenza di campagna. Ciò che gli dice è una di
quelle rivelazioni in grado di sconvolgere non solo la vita di una
nazione come la Russia, ma addirittura gli equilibri mondiali. Per
ovvi motivi non vado oltre e questa volta più che in passato ho
preferito iniziare il commento critico solo con un breve accenno alla
trama.
La
vicenda è particolarmente intricata e il lettore deve stare molto
attento, dovendo anche a volte ritornare a qualche pagina precedente,
tanto più che il thriller, perché di thriller si tratta, stenta a
decollare e prende quota dopo un avvio piuttosto laborioso e lento,
quasi che il romanzo fosse stato scritto da certi autori russi noti
anche per la grevità delle loro opere. Peraltro si apprezza la
capacità di rendere l´atmosfera opprimente di un paese che, uscito
dalla dittatura sovietica, ha mantenuto tuttavia inalterata la sua
struttura dominante sui suoi cittadini. Come in un recente passato
gli agenti del KGB sono onnipresenti e si avverte chiara la
sensazione di essere sorvegliati, di trovarsi in una gigantesca
macchina dove la propria libertà è un valore ancora lontano da
raggiungere.
Dicevo
del thriller ed è così, fra furti di quaderni, ammazzamenti, una
tensione spasmodica per avere completa contezza di un evento accaduto
tanti anni prima (la morte di Stalin senza lasciare eredi, o forse
no...), le manifestazioni dei nostalgici, insomma tanta carne al
fuoco nella pericolosa ricerca della verità che Fluke Elso antepone
a tutto.
Non
è certo il miglior libro scritto da Harris, anche se, superata la
lentezza dei primi capitoli, è in grado di assicurare al lettore il
giusto divertimento. Fra l´altro dal romanzo è stato tratto un
film nel 2005 diretto da Jon Jones e interpretato da Daniel Craig,
noto per aver avuto il ruolo di James Bond in cinque pellicole. Non
ho visto il film e quindi nulla posso dire in proposito, anche se
pare non abbia incontrato un grande successo.
Comunque
il romanzo ha un merito particolare, che emerge nel finale in verità
un po´ troppo fantasioso, e cioè che il popolo russo è stato
sempre talmente dominato dai suoi capi - di volta in volta lo zar,
Stalin e a seguire gli altri - da avere la necessità di essere
condotto per mano da un uomo forte, indipendentemente dalle sue
effettive qualità, anzi ammirato e osannato tanto più il suo
comportamento è da despota.
Robert
Harris (Nottingham,
7 marzo 1957), laureato alla Cambridge University, è stato
giornalista alla BBC, e uno dei più noti commentatori
dell'"Observer" e del "Sunday Times".
È
diventato famoso in tutto il mondo nel 1992 con Fatherland,
il cui successo lo ha inserito a pieno titolo nel ristretto gruppo di
autori che hanno ridefinito e ampliato i confini del thriller.
Successo confermato
da Enigma (1996), Archangel (1998), Pompei (2003), Imperium (2006), Il
ghostwriter (2007),
da cui è stato tratto un film diretto da Roman
Polanski, Conspirata (2010), L'indice
della paura (2011), L'ufficiale
e la spia (2014), Conclave (2016), Monaco (2018), Il
sonno del mattino (2019).
Prima di dedicarsi interamente alla narrativa ha scritto numerosi
saggi, fra cui una celebre inchiesta sui falsi diari del Führer, I
diari di Hitler (2002).
Tutte le sue opere sono edite in Italia da Mondadori.
Renzo
Montagnoli