L´inferno
di Treblinka
di
Vasilij Grossman
Edizioni
Adelphi
Storia
Pagg.
79
ISBN
9788845924842
Prezzo
Euro 7,00
Un
pugno nello stomaco
Vasilji
Grossman durante la seconda guerra mondiale fu un corrispondente di
grande popolarità, i cui reportage erano pubblicati sull´organo
ufficiale dell´Armata Rossa Krasnaja zvezda (Stella rossa).
Nell´ambito di questo incarico scrisse nell´autunno del 1944
L´inferno di Treblinka, subito dopo la liberazione
del campo, grazie alle testimonianze dei pochissimi superstiti, degli
abitanti del circondario e addirittura delle stesse guardie.
Treblinka
era il vero e proprio campo della morte, in cui gli ignari ebrei
entravano per essere pressoché immediatamente eliminati. In questo
senso era una struttura perfetta, perché impostata come un ciclo
produttivo, quello che oggi viene definito un macello o mattatoio, ma
in cui vengono soppressi solo animali. Lì invece erano esseri umani,
a cui con una diabolica perversione era paventata l´orribile fine
gradualmente, facendo sorgere il sospetto passo dopo passo fino ad
arrivare alla certezza degli ultimi metri. Percorrevano un viale
senza ritorno, nudi, verso le camere a gas, ma lungo il percorso
c´era chi si divertiva a usare altri metodi, come martellate sul
cranio, o aizzando cani feroci che dilaniavano le carni.
Si
inorridisce, ovviamente, perché si sa che non è un romanzo di
fantasia, ma è la verità; ci si preoccupa anche perché Treblinka è
il risultato di una politica dello sterminio nata in uno stato che
avrebbe dovuto essere civile, che non avrebbe dovuto partorire simili
aberranti idee, né mettere al suo servizio individui che nel
commettere il crimine facevano emergere anche le loro folli
inclinazioni, tendenze omicide che venivano incentivate, anziché
essere condannate.
Sarebbe
troppo comodo dare la colpa solo a Hitler, perché il dittatore senza
il supporto di molti altri nulla avrebbe potuto fare e questi molti
altri si erano costruiti una filosofia della superiorità che
consentiva loro di considerare quelli diversi da loro delle bestie,
quando invece le bestie erano quegli uomini che nel teorizzare una
razza superiore dimostravano con i fatti tutta la loro enorme
inferiorità.
A
Treblinka venne eliminato un numero imprecisato, ma notevolissimo di
uomini, donne, bambini, esseri umani accomunati dalla stessa
religione.
Comunque,
alcuni degli addetti alla bassa manovalanza, costretti a collaborare
con le SS, certi che prima o poi sarebbero stati uccisi, decisero di
ribellarsi, dando vita a un comitato che con un po´ di fortuna si
procurò le armi dallo stesso deposito del campo e il 2 agosto del
1943 scoppiò la rivolta, che ebbe successo, anche se i ribelli,
fuggiti nelle campagne circostanti, furono braccati ed uccisi, tranne
un piccolo gruppo. Da allora Treblinka cessò di funzionare e si fece
di tutto per cancellarla in modo che non rimanesse traccia,
un´operazione impossibile, perché non si poteva costringere al
silenzio chi era sopravvissuto. E poi, nonostante il ricorso ai forni
crematori, troppi erano ancora i cadaveri sotto terra e bastava
scavare, di qua e di là, per rendersi conto dell´orrendo scempio.
Grossman
è bravo, e questo già lo si sapeva dagli altri suoi libri, ma in
questo mette una partecipazione che è contagiosa, tanto che scorrono
davanti agli occhi le immagini dell´orrore, un vero e proprio pugno
nello stomaco che si contorce fino alla fine delle, per fortuna, solo
79 pagine.
Vasilij
Grossman (Berdyciv,
12 dicembre 1905 - Mosca, 14 settembre 1964) è stato un
giornalista e scrittore sovietico di origine ebraica.
Diventò
ingegnere e dopo essere cresciuto a Ginevra e aver studiato a Kiev,
all'epoca dei piani quinquennali credette talmente nella costruzione
dell' "uomo nuovo" da abbandonare i cantieri minerari del
Donbuss, dove lavorava, per mettersi a raccontare l'epopea
dell'Unione Sovietica.
Fu corrispondente di guerra per il
quotidiano dell'esercito "Stella
rossa" e
seguì il fronte fino alla Germania.
In quel periodo
cominciò a comporre una grande opera sulla guerra, incentrata sulla
Battaglia di Stalingrado, e diede alle stampe "Il
popolo è immortale" (1943),
esaltazione dei sacrifici sofferti dai popoli dell'Unione Sovietica
durante l'invasione tedesca del 1941.
Tra il 1944 e il
1945 lavorò a un'opera che documentava i crimini di guerra nazisti
nei territori sovietici contro gli ebrei ("Il
libro nero").
Grossman,
ebreo sovietico, scrittore e giornalista, conobbe perciò
direttamente le devastazioni della seconda guerra mondiale, la lotta
contro i nazisti, la sconfitta di Hitler quindi l´ascesa di
Stalin.
Dopo aver assistito alla campagna antisemita (fra
il 1949 e il 1953) si trovò in dissidio con il regime e cadde
in disgrazia.
Così la stesura finale della sua grande
opera, Vita
e Destino,
venne sequestrata e non avrebbe mai visto la luce se qualcuno non
avesse conservato e fatto pervenire clandestinamente una o due copie
a Losanna, dove fu stampato nel 1980.
Renzo
Montagnoli