Ultimo
parallelo
di Filippo Tuena
Edizioni Rizzoli
Narrativa – romanzo
Pagg. 353
ISBN: 978-88-17-01581-3
Prezzo: € 18,00
Occorrono capacità e coraggio per
scrivere un libro simile. Per la prima mi dilungherò più avanti, per il secondo
invece preferisco parlarne subito.
Premetto che, nella mia ignoranza,
non avevo mai letto nulla di questo autore e se ho provveduto in parte a
riparare questa negligenza lo devo soprattutto a Gian Paolo Serino,
il cui articolo in proposito apparso su Satisfiction
mi ha convinto della necessità di acquistare e leggere questo romanzo, ma non
perché ha vinto il premio Viareggio, bensì per l'entusiastico consiglio di
lettura del critico milanese, di cui condivido spesso i giudizi.
Ho parlato prima di coraggio e in effetti ne occorre per proporre una storia, vera, di
esplorazione, genere stranamente non tenuto in considerazione dai lettori
italiani; inoltre è un'opera di elevato livello culturale che cozza contro il
generale appiattimento dell'attuale narrativa italiana, portata, nel migliore
dei casi, a una lettura d'evasione adatta a un pubblico da tempo abituato a
fiction e a reality che, di certo, non costringono a
spremere le meningi.
Di ciò l'autore è ben consapevole
perché altrimenti non avrebbe usato un linguaggio
erudito, non avrebbe approfondito certi aspetti della vicenda, indifferente
quindi alla ricerca di un eventuale successo commerciale.
Filippo Tuena
ha inteso scrivere un prodotto culturalmente molto valido, ben sapendo che ciò
da diverso tempo è negletto e il risultato è stato un'opera che senza ombra di
dubbio può essere definita un capolavoro, alla stregua di quelle dei grandi
classici.
La vicenda trattata è abbastanza
conosciuta ed è la tragica spedizione del 1911, condotta dal britannico Robert Falcon Scott
nell'Antartide, per la conquista del Polo Sud.
Però, non solo non se ne era scritto
mai in modo così dettagliato ed esauriente, ma addirittura nessuno aveva
pensato di ricavarne un romanzo.
Che cos'è il Polo Sud, se non un
punto ideale sulla calotta di ghiaccio che ricopre un continente dell'emisfero
australe?
Battuto da venti impetuosi, gelido,
completamente deserto è una terra del tutto inospitale, ma per molti anni ha
rappresentato una meta agognata, il desiderio intenso e ossessivo di tanti
intrepidi esploratori.
Raggiungere il polo non era solo una
sfida fra uomini e una natura inclemente, ma era molto di più, era la ricerca
di se stessi, un tentativo di conoscere il proprio io misurandosi con forze
impari.
Sappiamo dalla storia che il primo a
raggiungere il Polo Sud fu il grande esploratore norvegese Roald
Amundsen, ma, benché il suo nome appaia in questo
libro, non ci è mai dato di vederlo, anzi l'autore lo circonda di un alone da
divinità vichinga, sì che ci pare di vedere la sua slitta, trainata dai cani,
correre sul ghiaccio veloce come un fulmine e dritta alla meta.
Lui è il vincitore, è l'uomo che ha
sconfitto la natura, ma lo scopo di Filippo Tuena non
è di parlare di eroi trionfanti, ma di ipotetici eroi ritornati nei ranghi
della debolezza umana di fronte a fatti e a circostanze che, nonostante
l'insuccesso, hanno destinato i lori nomi all'eternità.
Ecco, allora, perchè in questo libro
si narra solo della infausta spedizione inglese guidata da Robert
Falcon Scott, il cui esito
è a tutti noto, ma che nelle parole dello scrittore assurge a dimensioni
titaniche, a una sorta di sacrificio umano, quasi il destino degli uomini che
perdono la sfida con gli dei.
E' stata una lettura sofferta, perché
Tuena ha la rara capacità di coinvolgere chi si
sofferma sulle sue parole, e così mi sono immerso in immense distese
ghiacciate, ho visto uomini stremati che a braccia trainavano le slitte, ho
avvertito il gelo entrarmi nelle ossa, mi sono amareggiato con la delusione di
essere arrivato al polo non per primo, ho sofferto pene intense lungo la via di
un ritorno che non ci sarà, mi sono rinchiuso in una fragile
tenda convinto di essere senza futuro, mi sono accorto della presenza
ossessiva, giorno dopo giorno, di un uomo in più.
E questa sensazione dell'uomo in più,
che in effetti hanno provato diversi esploratori nei
momenti in cui la fatica sembrava insormontabile, tale da esaurire ogni energia
residua, ed espressa in una sorta di visione incerta di un altro incappucciato
e avvolto in un mantello bruno, è stata abilmente sfruttata da Tuena.
Infatti, Scott
non parla in prima persona, e nemmeno l'autore, ma a rendere estremamente
coinvolgente il testo ci pensa l'uomo in più e così è attraverso i suoi occhi
che seguiamo l'intera vicenda.
Al riguardo apro un'ideale parentesi,
perché mi sono posto il problema di chi fosse mai questo essere che si crede di
vedere, avvertendone la presenza.
Inizialmente ho pensato alla morte,
ma, per quanto non improbabile, non mi convinceva questa soluzione e allora ho
interpellato l'autore, al fine di confrontarmi e di avere un'interpretazione
autentica.
In
merito, di seguito riporto le precisazioni dell'autore:
“ Non pensavo necessariamente alla morte, piuttosto
a una divinità antartica che si desta con la presenza
degli esploratori e si spegne con la loro partenza. Credo che non esistano
divinità dove non vivono uomini che le possono vivificare. Più precisamente,
riguardo al libro, lo spirito che accompagna gli esploratori, è di volta in
volta lo scrittore che ne scrive e il lettore che ne legge perché che cosa
siamo noi, quando scriviamo e leggiamo, se non coloro che accompagnano
silenziosamente i personaggi di un libro nel loro andare?”.
Ecco,
quindi, un ulteriore elemento che dimostra l'intenzionalità dell'autore di coinvolgere
attivamente il lettore e posso dire che ci riesce benissimo.
Chiudo
l'ideale parentesi e ritorno alla trama.
Demoralizzati per non essere arrivati
primi, esausti, sfibrati da mesi di marcia, Scott e i
suoi quattro compagni prendono la via per l'eternità, un calvario senza
testimoni, ma in parte ritrovato in due diari e in una macchina fotografica,
una sorta di epitaffio mancante solo dell'evento finale, di quel trapasso, per
stenti e freddo, ormai quasi desiderato come la soluzione migliore per chi ha
fallito e sta soffrendo le pene dell'inferno.
Se nella fase preparatoria della
spedizione e nell'avvicinamento alla meta la mano felice di Tuena
non solo ha evitato di annoiare il lettore, ma anzi lo ha progressivamente reso
partecipe, è proprio nel dramma finale che lo stile, la misurata pacatezza
coinvolgono oltre ogni misura, in un lento, crescente, angoscioso stillicidio di
eventi, di riflessioni, di tormenti interiori.
Non scrivo altro, perché Ultimo parallelo, come tutti i
capolavori, ha bisogno di essere meditato, assimilato a gradi, con il
trascorrere del tempo, per scoprire ogni volta qualche nuova traccia
preziosa.
Filippo Tuena è nato a Roma nel 1953 e vive
a Milano. E' laureato in Storia dell'arte.
Ha pubblicato:
Il tesoro
dei Medici (Giunti Art & Dossier, 1987); Lo sguardo della paura (Leonardo,
1991), Premio Bagutta Opera Prima; Il tesoro dei
Medici (De Agostani, 1992), in collaborazione con Anna Maria Massinelli; Il volo dell'occasione (Longanesi,
1994); Il diavolo a Milano (Ikonos, 1996); Cacciatori
di notte (Longanesi, 1997); Tutti i sognatori (Fazi, 1999), Premio Super Grinzane-Cavour;
La grande ombra (Fazi, 2001); La passione dell'error
mio. Il carteggio di Michelangelo (Fazi,
2002); Quattro notturni (Aletti, 2003); Il volo dell'occasione (Fazi, 2004), nuova edizione; Le variazioni di Reinach (Rizzoli, 2005); Premio Bagutta; Il diavolo a Milano – nuova edizione e Fantasmi di
Schumann a Manhattan (Carte
Scoperte, 2005); Michelangelo.
Gli ultimi anni (Giunti Art & Dossier, 2006); Ultimo Parallelo (Rizzoli, 2007), Premio Viareggio.
Sito web: http://digilander.libero.it/filippotuena/