Il tesoro
della Grancia
e altre storie lucane
di Donato Altomare
Besa Editrice
www.besaeditrice.it
Narrativa raccolta di racconti
Pagg. 140
ISBN: 8849703198
Prezzo: € 12,00
Le leggende popolari hanno
un'importanza fondamentale nella storia umana, perché consentono di tramandare,
di volta in volta, il passato al presente,
radicando così
nelle popolazioni la comune origine e in pratica contribuendo a creare
un'identità culturale.
Spesso sono storie in cui vengono
riflesse caratteristiche autoctone, unitamente ad ancestrali paure o a più
contingenti desideri che sono propri di ogni essere umano.
Donato Altomare,
eclettico narratore, con una naturale indole per la fantascienza (ha vinto per
ben due volte il prestigioso Premio Urania), ha dalla sua un indubbio talento
creativo che gli ha consentito di rielaborare in modo convincente antiche
leggende della Lucania, arrivando a costituire una raccolta dalla
gradevolissima lettura.
Le tematiche sono le più svariate, ma
in ogni caso prevale l'elemento soprannaturale, la ricerca di
simboli di innate paure, tanto più radicate in
popolazioni semplici, la cui vita è legata soprattutto alla coltivazione della
terra.
Si innestano così le descrizioni di
boschi intricati, quasi inaccessibili tanto da assumere una veste magica, ma
non mancano storie legate al brigantaggio meridionale, laddove a suo tempo
coloro che ebbero il coraggio di ribellarsi alla dura dominazione sabauda
furono bollati con l'appellativo di banditi, quando invece prevalentemente si
trattava di autentici patrioti.
Le loro gesta, le loro figure
assursero così nel popolo a veri e propri miti, ingigantendo imprese e velando
di mistero la loro scomparsa.
Uno di questi ribelli è il protagonista
del racconto Il tesoro della Grancia da cui è tratto il titolo dell'opera, ma ad
essi è dedicata un'altra leggenda, ancora più coinvolgente (Ninco Nanco).
Il merito dell'autore è quello anche
di vivificare queste saghe con presenze contemporanee di personaggi del
passato, di modo che appare forte il legame fra ciò che è stato, ciò che è ora
e, si spera, quel che sarà nel tempo a venire.
In tutto sono 11 racconti, con
caratteristiche autonome, e che riescono a dare una rappresentazione assai interessante
dello spirito di una popolazione. Si va così dal ricordo di “briganti” ai lupi
mannari, dalla vendetta, postuma, di un povero marito morente a cui la moglie
nega anche l'ultimo desiderio, fino a quello che per me è il migliore in tutti
i sensi, percorso com'è da una vena poetica in alcuni momenti di tutto rilievo.
Mi riferisco a L'organetto e la morte
bella, una vera e propria chicca, dove l'esorcizzazione della “signora in
nero” passa attraverso le melodie sublimi che escono dall'organetto del vecchio
Rocco.
La lettura, assai agevole, è quindi
sicuramente consigliata.
Donato Altomare nasce a Molfetta nel 1951
e vi risiede. È laureato in Ingegneria Civile presso l'Università di Bari ed
esercita la libera professione.
Ha vinto due Premi Italia
a San Marino e Courmayeur, il Premio Urania 2000 col romanzo inedito Mater Maxima, il
Premio Urania 2007 con Il dono di Svet e nel 2005 il Premio Le Ali della Fantasia per
l'inedito col romanzo Surgeforas.
Tra le varie pubblicazioni da ricordare i volumi Cuore
di ghiaccio (La Vallisa, Bari 1989), La risata di Dio
(Solfanelli, Chieti 1993), L'albero delle
conchiglie (Milella, Bari 1994), Prodigia (Tabula fati, Chieti 2001), Mater Maxima (Mondadori, Milano 2001), Uno spettro,
probabilmente (Mondo Ignoto, Roma 2004), E la padella disse… (Delos Books, Milano 2004), Il
fuoco e il silenzio (Perseo Libri, Bologna 2005), Il tesoro della Grancia (BESA, Nardò 2005), Surgeforas
(Tabula fati, Chieti 2006). Sono stati pubblicati all'estero: Cas je spiràla (tit. orig.
Dolcissima Roberta, romanzo breve, Svet Fantastiky n. 1, Praga 1990); Il popolo del cielo
(testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1993); La casa degli scheletri
(testo in cirillico, Gradina, Belgrado 1996).