La vita agra
di Luciano Bianciardi
Bompiani
Narrativa romanzo
Pagg. 200
ISBN: 9788845249112
Prezzo: € 8,00
Questo romanzo, in larga
parte autobiografico, si sarebbe potuto anche intitolare Missione impossibile e il perché lo comprenderete con le righe che
seguono.
La vicenda prende origine
dal disastro minerario di Ribolla nel 1954, in cui perirono 43
minatori, per negligenza, ma soprattutto per calcoli di economia del padronato
in cui il valore di una vita umana non rientrava minimamente.
E' così che il protagonista,
nel desiderio di vendicare quegli innocenti, da buon anarchico vuole colpire il
simbolo del potere che si annida in un palazzone di Milano, il torracchione, da far saltare con una giusta combinazione di
aria e metano, proprio come era avvenuto per lo scoppio di grisù in miniera.
Il proposito è ardito, la
volontà è salda, ma la grande città è un mostro che piano piano
ingloba, appiattisce, distrugge la vita e gli ideali.
Nemmeno il desiderio di
coinvolgere i suoi cittadini schiavi in un moto di ribellione (bellissima la
descrizione delle partenze degli operai alla sera dalla stazione Centrale di
Milano) può trovare sbocco, perché in quei sudditi l'appiattimento si è
trasformato in apatia e l'abitudine in rassegnazione, anzi è gente che crede di
poter convivere con il mostro che li asservisce.
E' un'umanità
impersonale, quasi i suoi componenti non avessero il volto, oppure questo è
sistematicamente eguale fra le donne, una sorta di automi inaciditi e
invecchiati prima del tempo, a cui al massimo è concessa la facoltà di far le
scarpe agli altri, in una modesta carriera che assomiglia a uno scontro
quotidiano. Solo una appare non inglobata, quella Anna
di cui lui, già sposato con Mara rimasta al paese con il pargolo, si innamora
perdutamente, per reazione e perché tanta è la differenza rispetto alle altre.
In concomitanza con la
conoscenza di questa compagna di vita iniziano le pagine più autenticamente
rivoluzionarie con una visione libera totalmente della vita sessuale, con un
richiamo forte a un amore fisico secondo natura, scevro dall'ossessiva
pubblicità che sembra dare e invece toglie tutto, in una satira della classe
dirigente come prima non si era mai scritta.
Nell'attesa, sempre più
disillusa, di arrivare a far saltare non solo il torracchione,
ma il coperchio di potere che schiaccia la città, il protagonista, per
mantenere sé, la sua compagna e la famiglia, è costretto a lavorare, a fare il
traduttore di testi letterari che, nella realtà, come ebbe a dire Bianciardi, divenne poi la sua effettiva occupazione.
E' un lavoro duro, non
valutato adeguatamente, in cui un intellettuale preparato, impegnato ore e ore,
finisce presto in preda all'amarezza, a quella vita agra che dà il titolo al
libro. Sono pagine intense, anche di profonda commozione e che riescono a dare
la misura del disagio esistenziale. Al riguardo mi permetto di citare due
righe, non di più, ma ampiamente sufficienti per comprendere l'agro della vita:
“Non è un mestiere avventuroso; le sue
gioie e i suoi dolori dall'esterno si vedono assai poco.”.
E' la disgregazione di un
ideale, è una rassegnazione che si spegne dentro, con un finale profondamente
triste: l'anarchico, in origine saldo, determinato, pieno di ardore, è stato
avvinto dai tentacoli di quel sistema che lui voleva scardinare.
La sua è stata solo una missione
impossibile.
Luciano Bianciardi (Grosseto, 14 dicembre 1922 – Milano, 14 novembre 1971). E' stato
giornalista, saggista e scrittore.
Le opere: I minatori della Maremma,
1956 (in collaborazione con Carlo Cassola); Il
lavoro culturale, 1957; L'integrazione, 1960; Da Quarto a Torino, 1960; La vita
agra, 1962; La battaglia soda, 1964; Aprire il fuoco, 1969; Daghela
avanti un passo!, 1969; Viaggio in Barberia, 1969; Garibaldi, 1972; Il
Peripatetico e altre storie, 1972; La
solita zuppa, 1994; Ai miei cari compagni, 2007; Le cinque giornate.
Bisognerebbe anche occupare le banche, 2008.