Il giorno
della civetta
di Leonardo Sciascia
In copertina Tavola del
gioco degli scacchi
di Fabrizio Clerici
Adelphi Edizioni
Narrativa romanzo
Collana Gli Adelphi
Pagg. 137
ISBN: 9788845916755
Prezzo: € 7,50
Basterebbe già lo
sfolgorante incipit con quella corriera che sta per partire nella piazza di un
paese siciliano, che anzi si avvia fra sussulti vari e poi si ferma perché il
bigliettaio si accorge che un ritardatario richiama l'attenzione correndo;
ecco, si apre la porta del mezzo, l'uomo vestito di scuro si appresta a salire,
ma due colpi squarciati lo fermano un istante a mezz'aria e infine lentamente,
quasi al rallentatore, il corpo finisce per afflosciarsi.
Dico basterebbe, perché
la scena è talmente viva che sembra di essere presenti, lì in un'alba livida
con le sfilacce di nebbia, e questo non è che l'inizio di un romanzo che
avvince, costringe il lettore a convivere con i personaggi, a respirare l'aria
di paura, ad annusare il pericolo a ogni svolta, immerso nell'atmosfera quasi
rarefatta della realtà di un'isola soffocata e dominata dalla mafia.
La scrittura di Sciascia
volutamente tralascia il superfluo, è essenziale, precisa, ritaglia i protagonisti con la
precisione di un bisturi nelle mani di un chirurgo estetico. Nulla è lasciato al
caso e tanto meno al compiacimento, affinché l'atmosfera sia resa nel modo più
esatto possibile.
Le pagine scorrono, le
dita le girano impazienti e anche intimidite; il viaggio all'interno di un
inferno di apparente normalità è quanto di più grande al riguardo sia mai stato
scritto.
Fantasia, invenzione?
Certamente, ma è un castello costruito su elementi oggettivi, su situazioni
presenti, dove cambiano solo i nomi, magari anche gli eventi, ma la sostanza
resta e con essa quel patema d'animo che prende chi si appresta a diventare
vittima, chi riesce a mettere le mani sui colpevoli, con la certezza che,
nonostante le prove, questi non espieranno mai le proprie colpe.
Tutto questo in un mondo
che pare in preda al torpore, dove un capo mafioso si ritiene membro di un
ordine cavalleresco, quasi un paladino al punto di tributare al suo avversario
investigatore l'onore delle armi, considerandolo degno di essere chiamato uomo
per la sua onestà, la sua correttezza, per essere in pratica un nemico che sta
vincendo una battaglia, pur consapevole di perdere tutta una guerra.
Ci sono i legami con la
politica, per non definirli addirittura, più che convivenze, identificazioni,
c'è tanta amarezza nelle figure di chi è chiamato al dovere di servitore dello
stato e che lo pratica fino in fondo, fra mille difficoltà, continui ostacoli
da parte di esponenti di quello stesso stato per il quale lui si sacrifica.
Il romanzo di per sé è un capolavoro, ma
ha anche un pregio di carattere storico, perché è uscito in un'epoca in cui il
governo negava esplicitamente che esistesse la mafia, definiva certi omicidi
come frutto sì della malavita, ma non di una struttura sorta come
un'istituzione dentro allo stato e in antitesi allo stesso, e ciò nonostante
l'evidenza dei fatti, a chiara dimostrazione che la cupola dell'organizzazione
non stava a Palermo, ma a Roma.
Dal 1960, quando fu
scritto questo romanzo, sono passati quasi dieci lustri, ma purtroppo è rimasto
di drammatica attualità.
Da leggere, perché è
stupendo e perché si sappia veramente che cos'è la mafia.
Leonardo
Sciascia (Racalmuto,
8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989). E' stato autore di saggi e
romanzi, fra cui: Il giorno della civetta
(Einaudi, 1961), A ciascuno il suo
(Einaudi, 1966), Todo modo (Einaudi, 1974), La scomparsa di Majorana
(Einaudi, 1975), I pugnalatori
(Einaudi, 1976), Candido, ovvero un sogno
fatto in Sicilia (Einaudi, 1977), Il
cavaliere e la morte (Adelphi, 1988), Una storia semplice (Adelphi,
1989).