I lunghi fucili
Ricordi della guerra di Russia
di Cristoforo Moscioni Negri
Introduzione di Ugo Berti Arnoaldi
Appendice di Mario Rigoni Stern
Edizioni Il Mulino
www.mulino.it
Pagg. 134
ISBN:
9788815104878
Prezzo: € 10,00
Nel 1953 usciva edito da
Einaudi Il sergente nella neve di
Mario Rigoni Stern, opera che ebbe un successo pressoché immediato e che
ottenne anche il prestigioso riconoscimento del Premio Viareggio opera prima.
La ritirata di Russia, la
strage dei nostri soldati in quella terra lontana, ha trovato nelle pagine
dell'autore di Asiago momenti di intensa commozione che ancor oggi stupiscono e
avvincono i lettori.
Fra i vari protagonisti
di questo romanzo figura anche il tenente Cristoforo Moscioni
Negri, energico, severo, competente, ma anche umano e vinto, oltre che dalla
guerra, dal crollo della fiducia in chi l'aveva propugnata e poi diretta, senza
la minima preparazione e nell'indifferenza per chi la combatteva direttamente.
Questo sentimento di
delusione e poi di indignazione che sfocia in rabbia è descritto magistralmente
da Rigoni Stern nell'occasione dello sganciamento dalle truppe russe, con quei
colpi di mitra esplosi nel buio della notte senza che fossero diretti presso un
preciso bersaglio.
Per quanto ovvio, Moscioni Negri, sopravvissuto a questa tragedia, lesse Il sergente nella neve e gli nacque lo
stimolo di scrivere un lavoro analogo, ovviamente con la stessa trama e i
medesimi personaggi, ma in un'ottica diversa, volta cioè, più che a realizzare
un'opera letteraria, a denunciare impietosamente il tradimento del regime e
degli alti gradi militari, creando così una sorta di ibrido fra l'indagine
storica e la memorialistica.
Ne venne fuori un libro
che, sottoposto all'Einaudi con i buoni uffici di Rigoni Stern, venne poi
pubblicato nel 1956 nella collana “Saggi” Purtroppo il successo fu limitato e
l'autore incolpò l'editore di aver effettuato una presentazione che aveva reso
il suo lavoro “una minestra riscaldata”,
mettendolo nella scia del Sergente nella
neve.
Questo paragone, però,
finiva con l'essere inevitabile: stessa ambientazione, stessa trama, stessi
protagonisti. Di questa possibilità di considerarlo “una copia” si era reso
conto Italo Calvino che stimava il libro e che giustamente nel risvolto aveva
chiarito le differenze fra la voce del
semplice e tenace alpino che si fa interprete dei sentimenti di piena umanità
della moltitudine e la trasformazione di un giovane ufficiale borghese che diventa uomo, maturo e
consapevole, libero da pregiudizi e più attento ai fatti concreti e reali, scendendo fra i suoi alpini.
Personalmente, dico che è
veramente inevitabile fare un accostamento fra un'opera e l'altra, con la prima
che inoltre presentava il vantaggio della novità, ma il raffronto ha un senso
nella misura in cui si considerino due opere dello stesso genere. Ora, Il sergente nella neve è prevalentemente
un lavoro letterario, mentre I lunghi
fucili è marcatamente un'indagine storica, pur se presenta pagine, poche in
verità, di notevole impatto e di ottima letteratura.
Se si tiene conto,
pertanto, di questa pregiudiziale, è possibile apprezzare il libro di
Cristoforo Moscioni Negri che, con le stesse
caratteristiche, si ripeterà in Linea
Gotica sulla sua esperienza partigiana e con un'amara conclusione sui
valori traditi della Resistenza.
Paradossalmente, si
potrebbe dire che Il sergente nella neve
ebbe anche più successo perché Rigoni Stern riuscì a rappresentare
l'abnegazione, il sacrificio e la solidarietà di tanti uomini emersa per
effetto delle incredibili incapacità e manchevolezze, sia a livello politico
che a livello militare, quegli elementi negativi che ne
I lunghi fucili sono oggetto di una
meticolosa, severa e anche rabbiosa critica e che determinarono in Moscioni Negri una trasformazione che lo condusse a
sentirsi fratello dei suoi uomini.
E' per questo motivo che
ritengo che questo libro abbia una particolare rilevante valenza tale da
raccomandarne la lettura, magari unitamente a quella de Il sergente nella neve.
Cristoforo
Moscioni Negri (Pesaro, 1918 – San
Marino, 2000). Laureato in Giurisprudenza nel 1940 e in Scienze politiche nel
1942, nonché in Medicina nel dopoguerra, prese parte alla campagna di Russia
con il grado di sottotenente nel battaglione alpino “Vestone”
e, dopo l'8 settembre 1943, si aggregò alle formazioni partigiane operanti
nelle Marche, comandando un battaglione della brigata Garibaldi-Pesaro.
Passato il fronte, si unì a un battaglione Gurkha dell'VIII
armata britannica, partecipando alla famosa battaglia di Tavoleto
(2 settembre 1944).
Sue pubblicazioni: I lunghi fucili (1956, nuova ed. Il
Mulino, 2005) e Linea Gotica (1980, nuova ed. Il
Mulino, 2006).
Renzo
Montagnoli