Il
castello d'Otranto
di Horace Walpole
Introduzione di Mario Praz
Traduzione di Oreste Del
Buono
RCS Libri S.p.A.
Narrativa romanzo
Pagg. 169
ISBN: 9788817015592
Prezzo: € 7,40
Strano tipo Horace Walpole,
che nella prefazione alla prima edizione del 1765 del Castello d'Otranto, dice
che l'opera altri non è se un libro stampato a Napoli
nel 1529, trovato nella biblioteca di un'antica famiglia inglese e da lui
tradotto. In ciò si comporta né più ne meno come James
Macpherson che pubblica nel 1760 i Canti di Ossian, attribuendoli a un leggendario bardo di nome
appunto Ossian.
Un altro elemento di curiosità è dato dal fatto che Walpole tesse smisurate lodi dell'autore dell'opera,
sconosciuto, ma che, ipotesi nell'ipotesi, potrebbe essere un astuto sacerdote
cattolico.
Il castello d'Otranto, opera preromantica, ha un notevole
successo e allora Walpole nella prefazione alla
seconda edizione si rivela, peraltro ricevendo più di un biasimo.
Al di là della vicenda della paternità questo romanzo, che non
potrà mai essere ricordato come un capolavoro della letteratura, presenta
tuttavia caratteristiche peculiari tali che ne decretano la doverosa memoria,
trattandosi del primo libro di genere gotico.
Si rilevano infatti quelle caratteristiche
di mistero, di passioni occulte, di incombenza della morte, del realizzarsi di
antiche profezie, di personaggi del tutto straordinari e immaginari, che uniti
a un'atmosfera cupa, di tensione psicologica, costituiscono gli elementi
basilari per opere successive, senz'altro di maggior pregio, quali, una per
tutte, Frankenstein di Mary Shelley.
Non è che allora il romanzo di Walpole
meriti di essere letto solo in considerazione delle sue caratteristiche
innovative?
Purtroppo devo rispondere che l'opera non presenta altri
particolari elementi di valore, perché i personaggi appaiono degli stereotipi,
tutti buoni o tutti cattivi, per non parlare della trama in cui i dialoghi sono
avulsi dalla tensione che è invece presente, anche se assai contenuta.
C'è da considerare peraltro l'epoca, il modo elaborato di scrivere
e di parlare, che toglie quell'indispensabile senso di immediatezza e di
logicità di comportamento in protagonisti sottoposti a prove naturali e
sovrannaturali tali da impedire loro qualsiasi forma di reazione calma e
ponderata.
Di questo se n'era accorto anche Walter Scott, che
nell'introduzione al Castello d'Otranto
del 1826 prende un po' le difese di Walpole,
attribuendogli finalità che, probabilmente l'autore, già deceduto, non si era
mai posto.
Scrive, fra l'altro, Scott “Il suo scopo era quello di raffigurare
la vita e i costumi dell'epoca feudale com'erano veramente e di dipingerli nel
tumulto e nelle fortunose vicende messe in atto dalla macchina del
sovrannaturale, un sovrannaturale che la superstizione del tempo accoglieva con
passiva credulità.”.
Il discorso non fa una grinza, ma il medioevo di Walpole risente troppo dei canoni della letteratura inglese
del settecento, con i personaggi che, ancorché passionali, si
esprimono in modo lezioso in qualsiasi circostanza, con una ricchezza di
vocaboli che non era tipica nel Medioevo anche nelle classi più abbienti e
pertanto maggiormente istruite; di conseguenza non mi sento di avallare questa
ipotesi.
Secondo me, invece, più aderente alla realtà è il giudizio
espresso nel 1919 da Virginia Woolf, che, sulla scorta della passione di Horace per gingilli, anticaglie, per quel piccolo castello
in stile gotico che si era fatto costruire, parla di un libero sfogo
dell'immaginazione, in cui le visioni e le passioni lo affascinavano,
tributando così di fatto alla sua opera
quell'importanza dovuta più alla fantasia, del tutto fuori dalla norma
dell'epoca, e che giustamente farà ricordare lo scrittore inglese come il
capostipite del genere gotico.
Eppure, nonostante gli evidenti difetti che ho evidenziato, sono
proprio gli stessi a costituire motivo di interesse, perché comunicano l'aroma
di un mondo passato, in cui il formalismo si anteponeva a tutto, e il fatto che
questo comportamento si riflettesse anche in campo letterario rappresenta per
l'uomo più pragmatico del XXI secolo una preziose
fonte di archeoletteratura per aiutare a comprendere
un'epoca, in cui, non dimentichiamolo, nacque anche il romanzo d'avventura, con
quel Robinson Crusoè, di Daniel Defoe, che tanto ha
alimentato i nostri sogni giovanili.
Sono in ogni caso dell'idea, che, pur con i suoi limiti
stilistici, ancor oggi possa costituire una gradevole lettura per gli
appassionati degli amori impossibili e delle storie a lieto fine, dove a
trionfare è sempre il bene, anche e soprattutto grazie all'elemento
soprannaturale.
Horace Walpole (Londra, 24 settembre 1717 – Londra, 2 marzo 1797).
Conosciuto anche per un corposo epistolario deve la sua notorietà
soprattutto a Il castello d'Otranto,
di fatto primo romanzo gotico.
Renzo
Montagnoli