Dall'Adige all'Isonzo.
Poeti a Nord-Est
di AA.VV.
a cura di Alessandro Ramberti
Prefazione di Chiara De Luca e Massimo Sannelli
Fara Editore
www.faraeditore.it
Poesia antologia
Pagg. 280
ISBN: 978 88 95139 48 7
Prezzo: € 15,00
Credo che un poeta possa essere considerato un testimone del suo
tempo e che pertanto ciò che scrive sia un riflesso mediato del mondo che lo
circonda. Se in un'epoca come la nostra, dominata dalla globalizzazione, che in effetti si estrinseca in un'omologazione, verifichiamo
in narrativa sovente una tematica comune e anche uno stile espressivo analogo,
la stessa cosa non si può dire per la poesia, perché l'autore è un artefice di
se stesso, è un essere umano la cui sensibilità, sempre individuale, non ama
ricondursi a un denominatore identico, a una visione dell'esterno generalmente
classificata, ma la sua naturale introversione si esplicita in forme che
esulano da una linea precostituita. Eppure, in questo contesto, è possibile
rilevare elementi propri di una territorialità, di un comune sentire che,
ancorché geografico, è frutto di tradizioni, di culture che resistono in una
loro indiscutibile autonomia.
Non è un caso quindi se Alessando Ramberti, curatore di questa antologia, ha pensato di
riunire le voci poetiche di autori del Nord-Est, di quella linea ideale che
nasce con il fiume Adige, passa il Piave e il Tagliamento, e si chiude sullo
storico Isonzo.
Non si tratta di padri della poesia, anche se più d'uno potrebbe
forse diventarlo, ma ciò non impedisce a questi autori di essere poeti, cioè
cantori, espressione di una trasposizione metafisica della realtà e dei fatti
del mondo, tutti accomunati appunto da medesime radici che il traboccante
progresso non riesce a spezzare. Questo legame indissolubile con la propria
terra, con culture che si tramandano ben oltre quella che è la possibilità di
acquisizione cognitiva, ma che rientrano nel patrimonio genetico, in cui
l'antico riesce a convivere con il nuovo, mi ricordano un po' un mondo lontano,
quel Giappone di Samurai e di alta tecnologia.
I prescelti sono in tutto dieci:
Paolo Campoccia (Memento
– Ricorda io sono qualcuno che resta; / chi dal tuo nome è tolto, nel tuo
pianto / resta. Uno che vede chi vede il vento / uno che viene e paga di tutti
il tempo.), romano di nascita e veneto d'adozione.
Roberto Cogo
(da Risata rincorre l'alba – si continua
a pensare sempre / di arrivare in qualunque luogo / da qualche parte
seppellendo i ricordi / per non essere troppo o niente / …), vicentino di
Schio.
Alessandra Conte ( da
Abbraccio – allacciati i corpi con le bocche, le mani e i sessi / schiantati i
corpi a cucchiaio senza deriva /…), pure lei vicentina.
Erika Crosara (da
La signorina Vincenza – che cosa facesse, di mattina i rimasugli, il recupero /
degli ordigni, rinnovamenti che disponeva sul candido / letto prima dei pranzi,
quando veniva l'ora giusta per /….), un'altra vicentina.
Giovanni Fierro (da Sottofiume – Il silenzio
del fiume è sott'acqua / la sua corrente è calligrafia / costruisce parole / le
si possono leggere / nel segno continuo / che il suo
scorrere lascia / nella terra scavata…), goriziano.
Fabio Franzin, che scrive in dialetto, ma di cui
riporto la versione in italiano (da
Stradine, sentieri – Questa striscia scura d'asfalto /(
che so essere stata di sassi, / un
tempo, e più stretta), strada /, che taglia oltre i caseggiati, il
paese, che va, diritta, verso la lontana / sagoma lilla dei monti…), milanese
di nascita, ma trevigiano d'adozione. Mi permetto di spendere due parole su
questo autore che fa uso del dialetto, generalmente relegato a testi poetici
didascalici oppure satirici, ma che nel caso specifico è l'espressione
autentica di quella territorialità, geografica e di costume, di cui prima
accennavo.
Stefano Guglielmin (da Sponsor River – qui
giace crodino la collina dei crodini
/ e quella trottola di sua musa / che scavallò sulla fibra l'onda e il meglio /
dei sapori /…), vicentino di Schio.
Simone Lago (da
Dopolavoro – Ci accoglie il paradosso come un lampo / non appena attraversiamo
la penombra / che avvolge le quinte di questa città. /…), padovano.
Francesco Tomada (da Altrove – Siedo sul
muro basso di fianco alla via / sarà che questa bottiglia di vino è quasi
finita / ma la salita mi sembra più salita / le pietre più dure / e proprio
adesso vorrei dire che mi manchi /…), goriziano.
Giovanni Turra Zan (da
Consolation – Giusto al fondo del gioco / stava quel
lembo di camicia / che si odiava dover stirare per tema / di svellerne le
pieghe, di farne / al calore sanguinare le crepe. /…), vicentino.
Di ognuno di questi autori è riportata una silloge e comunque un
congruo numero di poesie che rendono possibile comprenderne le peculiarità, nonché
in calce alla stessa un commento critico, talvolta di poeti presenti nello
stesso volume.
Mi corre altresì l'obbligo di evidenziare le interessanti
prefazioni di Chiara De Luca e Massimo Sannelli che
riescono a fornire un quadro generale dell'opera facilitandone non poco in
questo modo la lettura, che potrà risultare, in dipendenza dell'autore, più o
meno gradevole, restando però sempre in ogni caso senz'altro consigliabile.
Renzo
Montagnoli