Non tutti i bastardi
sono di Vienna
di Andrea Molesini
In copertina L'attesa, di Dario Treves
Sellerio Editore Palermo
www.sellerio.it
Narrativa romanzo
Collana La memoria
Pagg. 376
ISBN 88-389-2500-3
Prezzo €
14,00
L'orrore di una guerra segna la fine di un'epoca
“Io… io, madame… ho visto i miei soldati venire su da quel fiume,
venivano su dall'acqua, come i vostri gnocchi di patate nel tegame, mi capite, madame? Gnocchi nell'acqua che
bolle”.
Non ci sono eroi, ma solo le vittime in questo bel romanzo di
Andrea Molesini. La guerra è un mostro che fagocita
tutto, che irrompe nelle vite di ognuno imponendo sacrifici e decisioni in
contrasto con la propria natura.
L'occupazione nemica delle terre a est del Piave dopo la
disastrosa ritirata di Caporetto è stato un tema sempre sfiorato, ma mai
effettivamente affrontato e quindi questo romanzo, dal titolo insolito, pone
rimedio a una mancanza quasi colpevole. Infatti, se è vero che le nostre truppe
compirono immani sacrifici lungo le sponde del Piave per difendere il nostro
paese, lo è altrettanto che gli italiani, caduti sotto il dominio militare
austriaco, resistettero eroicamente, colpiti dalle violenze, dai saccheggi,
dalla fame, totalmente in balia del nemico.
Quindi non c'è l'orribile guerra di trincea, così ben descritta da
Remarque in Niente di nuovo sul fronte occidentale
o da Lussu in Un anno sull'altipiano, c'è invece
l'attesa nelle retrovie, lì occupazione nemica, il sentirsi ospiti in casa
propria. E forse la visione che danno dei semplici civili di un così immane
conflitto offre la misura dell'angoscia di chi non combatte con le armi, ma con
la sua coscienza, con la propria dignità.
In queste pagine, che partono da un fatto realmente accaduto, si
dipana una storia di vita e di morte, in un'atmosfera spesso pesante, foriera
di continue sventure, in cui sembra non esserci posto per la pietà, anche se
poi questo pregio, così tanto in disuso, si svilupperà come la brace che
accende il fuoco.
In un conflitto crudele e sanguinoso c'è posto per tutto, per la
ferocia dell'omicidio e per l'aiuto al nemico ferito, contrasti tipici
dell'uomo in situazioni limite.
Fra gli scoppi delle bombe, i gemiti dei moribondi, la puzza di
piscio, la fame che regna ovunque, si concretizza anche la fine di un'epoca,
quella delle buone maniere che accomunavano la borghesia sorta con la
restaurazione e
i patrizi d'origine, quelle dei baciamano, quella cavalleria intesa come
irrinunciabile vocazione estetica.
E così le divise inamidate si sporcano del lordume della guerra,
gli animi intessuti di convenzionali ideali si trovano a combattere fra un
concetto della vita messo in discussione dagli eventi e la rinascita di una
coscienza individuale, e non più collettiva di ceto, che sembra incapace di
reagire razionalmente. Non c'è forse nessun odio fra i protagonisti, ma in
tutti c'è la rassegnazione per la consapevolezza della fine di un mondo che non
potrà più ritornare.
La disponibilità a una relazione fra la zia Maria e il barone von Feilitzsch , il suo quasi patetico tentativo di offrirsi a lui per salvare il
ragazzo dalla fucilazione e la sofferta reazione dell'uomo che non si piega,
perché siamo in guerra, perché l'Austria si avvia alla sconfitta, perché non può perdonare dopo che ha visto
i suoi soldati morti salire in superficie dal ribollire del Piave, danno il
senso chiaro del dramma che, serpeggiando, alla fine è uscito allo scoperto.
La belle epoque è finita, i valzer alla
corte di Vienna saranno solo un ricordo e c'è qualche cosa che è peggio della
morte ed è uno stile di vita cancellato per sempre, il cui ricordo sarà
strangolato dal rimpianto.
Molesini ha
uno stile asciutto, a volte perfino essenziale, anche se non disdegna inserire
alcune note poetiche; i personaggi sono calibrati, una caratterizzazione che
non denota mai eccessi, alcuni anche naturalmente simpatici, e fra questi pure
dei nemici; la narrazione scorre fluida, senza intoppi, equilibrata
armonicamente, una sorta di lungo adagio che, in alcuni momenti di particolare
drammaticità, opportunamente si impenna, si accentua senza mai però arrivare
all'eccesso; la trama, dove non poco conto ha lo spionaggio, è indovinata e
quindi non c'è da meravigliarsi se questo romanzo riesce ad avvincere
dall'inizio alla fine.
Altra nota positiva è l'uso
esemplare della lingua, non accademico, ma sciolto.
E il titolo un poco strano? E'
il moccolo che tira un sacerdote, anche lui in preda al turbine della guerra.
Non tutti bastardi sono di
Vienna segna un esordio ampiamente positivo, è un bel
romanzo e quindi sicuramente da leggere e anche da rileggere, perché non
mancano di certo spunti per ampie e approfondite riflessioni.
Andrea Molesini è nato e vive a Venezia. Ha curato e
tradotto opere di poeti americani: Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott. Ha scritto storie per ragazzi tradotte in varie
lingue. Non tutti i bastardi sono di Vienna
è il suo primo romanzo.
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