La mia stirpe
di Ferdinando Camon
Garzanti Libri
www.garzantilibri.it
Collana Narratori moderni
Pagg. 160
ISBN 978881167038-4
Prezzo € 14,60
Grazie alla stirpe c'è
l'immortalità
Si arriva a un momento della vita in cui, ricollegandosi
idealmente al passato, si cerca di dare una soluzione all'eterno problema di
ogni essere umano, cioè si aspira a che ci sia una continuità, a che resti una
traccia di noi per il tempo in cui non ci saremo più.
Camon, nella dolorosa circostanza della grave malattia che
colpisce il padre, cerca questo filo ideale che si perpetua nei secoli, così
che ognuno di noi esiste perché qualcun altro è venuto prima e di lui portiamo
segni inequivocabili, una parte del dna che accomuna i
bisnonni ai nonni, ai figli dei nonni, cioè i nostri genitori, noi e i
nostri discendenti, un segno indelebile, incancellabile che insieme costituisce
traccia e presenza anche quando la nostra vita sarà cessata.
Il suo è un racconto in prima persona, in cui la figura paterna
assume una dimensione quasi mistica e se in Un
altare per la madre proprio il padre aveva elevato, con commosso omaggio,
un'ara a perenne e perpetuo ricordo dell'amata scomparsa, in questo libro lo
scrittore padovano diventa l'officiante di una liturgia commemorativa della
figura del genitore, più presente nelle prime pagine, assente nominalmente
nelle ultime, anche se sempre aleggia la sua personalità, perché la vita è
così, perché di chi ci lascia
portiamo in noi, oltre che la memoria, alcuni tratti distintivi,
così che di ognuno possiamo dire che è parte di una determinata stirpe.
E Camon, che non induce a una facile commozione, è particolarmente
toccante quando, memore di una caratteristica familiare (la cisti che prima o
poi cresce in testa), ogni volta che incontra le nipotine e ne accarezza i
capelli, tasta per percepire se anche nel loro caso si annunci la piccola
protuberanza.
Nella narrativa di questo scrittore le nascite e le morti appaiono
per quel che sono, cioè un ciclo naturale a cui è impossibile sfuggire, e
quindi, per quanto ami il padre, è perfettamente consapevole
dell'ineluttabilità del destino, riuscendo anche a gestire un passaggio, che se
pur normalissimo è comunque doloroso per chi vi assiste, con una sottile vena
di distaccata ironia che, mano mano che le pagine si
susseguono, assume anche note piuttosto marcate, con divagazioni, ma non fuori
tema, sull'epoca attuale.
Il padre proveniva da quella civiltà contadina, ora scomparsa,
avara di ricchezze materiali, ma solida di sentimenti, mentre ora, che abbiamo
tutto a portata di mano, avvertiamo un continuo vuoto dentro.
Il libro cresce soprattutto dalla seconda metà in poi, con i
capitoli dedicati all'incontro con il Papa in Vaticano, un Benedetto XVI
letteralmente fotografato dalla mano dello scrittore, e con il viaggio in treno
a Venezia con le due nipotine. Nello scompartimento della carrozza ferroviaria
la serena innocenza di una bimba di sette anni, disarmante nelle sue
affermazioni, riporta a un candore che il ricevimento in Vaticano ha solo
sfiorato, e, nel suo modo pur infantile di ragionare, segue una logica che, con
le dovute considerazioni riguardo all'età, è un po' quella adottata da Camon in
questo libro: la sincerità, la completa e totale sincerità dell'autore che più
che in ogni altra sua opera deve essere se stesso, per raccontarci quello che
lui prova.
E in effetti appaiono del tutto naturali
l'apprensione per la sorte del padre, la disperazione di non poter esaudire la
richiesta del genitore di vedere il pontefice (ma all'incontro con il Papa ci
sarà anche lui, sia pure in fotografia), l'emozione di trovarsi di fronte al
rappresentante di Dio in terra, la certezza di essere un anello di una catena
che lega indissolubilmente una stirpe.
E il finale è un tocco di grazia che illumina come un alone
mistico tutta l'opera, con quel movimento della testa destra-sinistra della
bimba che le accentua la somiglianza con la madre, già defunta, dell'autore.
Non vado oltre, perché le righe che seguono e chiudono il libro
sono congiuntamente un commosso ricordo della genitrice e la raggiunta
convinzione che anche post mortem qualcosa di lui resterà, magari con una
rinascita dal ventre di quella bimba.
La mia stirpe è il racconto appassionato di un credente che aspira a
un'immortalità terrena grazie alla stirpe di cui è parte; è forse un sogno a
occhi aperti, ma credetemi se vi dico che è un bellissimo sogno.
Ferdinando
Camon è nato in
provincia di Padova. In una dozzina di romanzi (tutti pubblicati con Garzanti)
ha raccontato la morte della civiltà contadina (Il quinto stato, La
vita eterna, Un altare per la madre – Premio Strega 1978), il
terrorismo (Occidente, Storia di Sirio), la psicoanalisi (La
malattia chiamata uomo, La donna dei fili), e lo scontro di civiltà,
con l'arrivo degli extracomunitari (La Terra è di tutti). È tradotto in
22 paesi. Il suo ultimo romanzo è La cavallina, la ragazza e il diavolo
(2004). Il suo sito è www.ferdinandocamon.it
Renzo Montagnoli