Le
Montagne della Follia
(At the
Mountains of Madness)
di Howard P. Lovecraft
Introduzione di Carlo Lucarelli
Traduzione di Gianni Pilo
Newton Compton Editori
www.newtoncompton.com
Narrativa romanzo
Collana Grandi Tascabili Economici
Newton
Pagg. 160
ISBN 978-88-541-2093-8
Prezzo € 6,00
L'orrore cosmico
“L'emozione
più vecchia e più forte del genere umano è la paura, e la paura più vecchia e
più forte è la paura dell'ignoto.”
In questa frase del
tutto emblematica, che Lovecraft ebbe a scrivere in un suo saggio sull'orrore
nella letteratura, si riassume quello che è il filo comune, la base logica di
questo romanzo breve che a farlo rientrare nell'ambito del fantastico sarebbe
troppo semplicistico e finirebbe con lo svilirne il contenuto, non esattamente
classificabile in un genere, ma di più ampia, concreta e profonda portata.
Potrei dire che in
Lovecraft la paura non è il fine, ma il mezzo, il modo con cui parlare
dell'uomo e della componente più atavica del suo inconscio, l'uomo che brama di
conoscere sempre di più, ma attratto e al tempo stesso
atterrito dall'ignoto. Il viaggio avventuroso nell'Antartide finisce così con
il diventare un percorso dentro il proprio “io”, alla scoperta di verità non
tutte positive, scoperchiando quella patina di essere integro, tutto portato
alla conoscenza, ma in realtà completamente fragile, eppure eternamente
combattuto fra il desiderio e l'angoscia di sapere.
Le montagne della follia è scritto in prima persona, quasi che l'autore volesse
esporre a sé e agli altri il frutto della sua autoanalisi, a tratti esaltante,
altri e più spesso impietosa, in un tripudio di fantasia in cui le lontane
terre del Polo Sud custodiscono un segreto terribile,
tale da mettere sull'avviso qualsiasi spedizione voglia là avventurarsi,
soprattutto nel caso decida di esplorare questa immane catena montuosa, dalle
altezze stratosferiche, a cui il protagonista ha dato un nome, che nella sua
apparente semplicità, ricorda allucinazioni, angosce, terrori.
Là si troveranno i resti, giganteschi, di una civiltà aliena, di
altri esseri che raggiunsero la terra milioni di anni fa e che poi, come sempre
accade nell'evolversi del tempo, finirono con lo scomparire, forse per le
glaciazioni, o forse anche e soprattutto per il sopravvento di altre entità
spaventose e orrende, un autentico pericolo per l'attuale umanità.
La descrizione di questi resti, dei reperti archeologici, è
estremamente minuziosa, come se l'autore li avesse effettivamente davanti agli
occhi, ma se questo è un espediente di sicuro effetto sfocia però in una
caratteristica non certo positiva di Lovecraft, e cioè la leziosità, una
mancanza di senso del limite, che rende sovente greve la lettura, rischiando
anche di far scemare la notevole e palpabile tensione creata con particolare e
indubbia capacità.
L'opera, inoltre, è un continuo omaggio a Edgard Allan Poe e in
particolare a Storia di Arthur Gordon Pym, dichiarata fonte di ispirazione,
con frequenti richiami come nel caso dell'incomprensibile verso Tekeli-li! Tekeli-li!,
una sorta di messaggio non di amicizia, ma di pericolo certo e devastante.
Le scoperte che verranno fatte nel corso di questa avventura,
l'inimmaginabile e sconvolgente orrore finale che si insinua nel lettore come un
ago che penetra nel cervello attraverso il cranio, l'atmosfera gelida e irreale
della terra antartica sono il meglio di questo romanzo e fanno dimenticare la
grevità di certe descrizioni, di cui prima ho accennato.
Ma al di là dell'aspetto fantastico dell'opera rimane la
convinzione che con l'approfondimento della conoscenza scientifica l'umanità
non potrà che pervenire all'autentico dramma riveniente da un universo freddo,
impietoso, del tutto impersonale e caotico, cioè finirà per approdare
all'orrore cosmico. E questo è un messaggio su cui si può dissentire, come si
può anche essere d'accordo, ma sul fatto che questo rischio potenziale possa
essere poi sopportato da questo essere fragile che è l'uomo non dovrebbero
esserci dubbi, perché sarebbe la fine di una specie, quale la nostra, sconvolta
da quella follia propria delle montagne del titolo.
Da leggere, anche e soprattutto alla luce di questo lacerante
monito.
Howard
P. Lovecraft nacque il 20 agosto del 1890 a Providence nel Rhode Island.
Vissuto in un ambiente familiare ben poco felice, dopo un'infanzia trascorsa in
totale solitudine, fin da giovane dovette lottare con una serie di difficoltà
economiche e si guadagnò da vivere con il mestiere ingrato e mal pagato di
revisore dei testi narrativi di aspiranti scrittori. Grazie ai suoi romanzi e
racconti, ispirati a una concezione del Cosmo particolare e
singolarissima, è l'unico scrittore americano a poter rivaleggiare con
Edgar Allan Poe. Divenuto, ancora vivente, una vera e propria “leggenda”, morì
nella sua Providence, alla quale era legato in maniera viscerale, il 5 marzo
del 1937. Moriva l'uomo, nasceva il mito.
Renzo
Montagnoli