L'Autunno
del Medioevo
di Johan Huizinga
Introduzione di Ludovico
Gatto
Traduzione di Franco
Paris
Edizione integrale
In copertina: Hieronymus
Bosch,
Trittico del Carro di fieno. Madrid, Prado
Newton Compton Editori
www.newtoncompton.com
Storia
Collana Grandi Tascabili
Economici
Pagg. 384
ISBN 978-88-541-2361-8
Prezzo € 6,00
I prodromi del
Rinascimento
«Qui abbiamo cercato di prendere in
considerazione il XIV e XV secolo non come annuncio del Rinascimento, bensì
come tramonto del Medioevo, la civiltà medioevale nel suo ultimo respiro, come
un albero dai frutti troppo maturi, completamente cresciuto e sviluppato.»
La storia è un susseguisi di eventi che sono concatenati fra loro
e nulla accade per caso, ma trova le sue origini nel passato, in una continuità
che non deve stupire, perché lenta, e mai improvvisa, è l'evoluzione dell'uomo.
Così non è possibile pensare che esista una cesura netta fra il Medioevo e il
Rinascimento, fra il periodo oscuro, di apparente degrado del primo, e il
tripudio di luce del secondo, non sbocciato come per incanto, ma pur esso
frutto di ciò che è avvenuto in precedenza.
Johan Huizinga ha così considerato il Trecento e il Quattrocento il
tramonto della civiltà medievale, quell'Autunno del Medioevo caratterizzato
dalla nostalgia per un mondo e un modo di vivere che andava scomparendo, in cui
sempre era presente, con il suo memento
mori, la morte, signora assoluta di un'epoca, in antitesi prevalente con la
vita, quell'incombente senso di precarietà a cui gli uomini di quel periodo
cercavano di sfuggire costruendo intorno a se stessi la dimora effimera, ma
salvifica, del sogno.
Sono secoli caratterizzati da guerre di dominio e di religione, funestati
dalla grande diffusione della peste nera che nell'arco di soli cinque anni (fra
il 1347 e il 1352) provocò una vera e propria ecatombe, tanto che ne morì
almento un terzo della popolazione europea. Eppure, di fronte ai pericoli
sovrastanti, gli uomini dell'Autunno del Medioevo non trovarono nuova linfa
nella religione, che presentò anzi un temporaneo declino con l'aumento degli
agnostici e degli scettici, in un primo passo verso quella via che poi
riconoscerà all'essere umano il diritto di vivere pienamente la sua esistenza e
quindi un capovolgimento di quel memento mori, che altri non era se non un lungo periodo di
preparazione al trapasso, come se l'esistenza avesse ragione di essere solo in
funzione della morte.
E' il Rinascimento che si avvicina, ci sono tutti i suoi prodromi,
eppure esiste il retaggio del Medioevo più oscuro, in un contrasto assoluto fra forme di
spiritualità di intenso e alto livello e le bassezze di gente pronta a gioire,
come in uno spettacolo, nell'esecuzione di una sentenza, per non parlare poi
della crescente dissolutezza e di una violenza fine solo a se stessa.
La crudeltà e il terrore tardavano a essere bandite, retaggio di
quel concetto di morte sempre presente, al punto da considerare la fine di una
vita la suprema ambizione sorta con la nascita, e le efferatezze, le esecuzioni
così terribili, in un'ondata di supertizione da cui non era indenne la Chiesa,
erano l'inconsapevole tripudio delle paure di ogni ora, dimenticate appena
nella lunga agonia dei condannati. Questo atteggiamento non era un mors tua, vita mea, ma quasi un sacrificio
propiziatorio alla dea imperante, alla Morte.
Huizinga ci offre un quadro di straordinaria bellezza, il ritratto
di un'epoca spesso dimenticata, perché l'uomo preferisce i periodi di luce, e
non di buio, del suo passato, ma, a proposito di luminosità, sono anni quelli
trattati in cui il passaggio dall'ombra alla penombra, e poi a un timido
chiarore, segue un percorso logico, un continuum
che tanto spiega dell'avvento poi del Rinascimento.
Certo l'opera è un po' datata (fu pubblicata nel 1919) e ricerche
successive hanno affrontato, anche con risultati innovativi, questo periodo, ma
ciò nonostante è ancor oggi uno strumento indispensabile per accostarsi alla storia e per
approfondire gli studi sulle origini del Rinascimento, senza dimenticare, che
pur nella completezza della trattazione, la lettura non risulta mai difficile e
anzi è appagante per l'esperto e per il profano.
Johan
Huizinga, nacque nel 1872 a Groningen, in Olanda,
dove dal 1905 al 1915 fu titolare di una cattedra all'Università. Nel 1915 fu
chiamato a insegnare a Leida e qui trascorse quasi tutta la sua esistenza di
studioso. Fiero oppositore del nazismo, morì nel 1945 a De Steeg, nei pressi
di Arnhem.
Renzo Montagnoli