Vino e pane
di Ignazio Silone
Mondadori Editore
Narrativa romanzo
Collana Oscar classici moderni
Pagg. 306
ISBN 9788804496045
Prezzo €
9,00
La ricerca della libertà
“Arriva
sempre un'età in cui i giovani trovano insipido il pane e il vino della propria
casa. Essi cercano altrove il loro nutrimento. Il pane e il vino delle osterie
che si trovano nei crocicchi delle grandi strade possono solo calmare la loro
fame e la loro sete. Ma l'uomo non può vivere tutta la sua vita nelle osterie.”
A volte è strano il destino riservato
ad alcuni uomini, il cui intrinseco valore, pur ragguardevole, viene
volutamente ignorato, e non perché opinabile, ma in quanto antitetico a una
linea politica che contempla solo l'accettazione, senza se e senza ma, in un
soffocamento dello spirito critico che inevitabilmente porta alla disgregazione
delle ideologie.
E' questo il caso di Ignazio Silone,
acclamato all'estero e ignorato in patria, prima per la sua natura di
antifascista e poi per quella di disilluso del comunismo come realizzato
nell'allora Unione Sovietica. Ci vorranno anni, nel dopoguerra, perché gli
intelletuali allineati, spesso per comodo, riconoscano allo
scrittore abruzzese quelle indubbie qualità già ravvisate da altri, più
indipendenti, meno parziali, come Thomas Mann, Heinrich Boll, Albert Camus,
Indro Montanelli, e solo per citarne alcuni.
Quest'uomo, alla perenne ricerca della
verità e della libertà, che aveva visto nel marxismo la possibilità di
realizzazione del messaggio cristiano, fra i fondatori a suo tempo del partito
comunista italiano, esule quale antifascista, ebbe il difetto di contestare il
dogmatismo sovietico, che arrivava perfino all'eliminazione fisica dei non
allineati. Per Silone il rapporto fra gli uomini deve essere paritario, deve
estrinsecarsi in un confonto di idee senza preconcetti, con uno spirito critico
costruttivo. E' evidente come un simile pensiero non potesse che scontrarsi con
una linea politica assolutistica, basata solo sull'unanimità imposta dei
consensi. Ma anche il cristiano Silone non poteva trovarsi in una chiesa troppo
lontana dallo spirito evangelico, burocratizzata e pur essa assolutista. E
quindi non è un caso se di sé ebbe a dire sia “sono un socialista senza partito” che “un cristiano senza chiesa”.
Esule in Svizzera, già famoso per Fontamara,
Silone volle fornire la sua versione dell'esperienza comunista, della sua
espulsione dal partito con un romanzo sì di invenzione, ma in cui il personaggio
principale, Pietro Spina, attraversa, alla vigilia della guerra d'Etiopia, le
dolorose tappe dell'emarginazione, sia quella ufficiale in quanto antifascista,
sia quella clandestina, come portatore di idee critiche a quelle predominanti
del partito comunista.
Sebbene i protagonisti siano molteplici
su tutti ne aleggia uno solo, invisibile, ma
pregnante: la rassegnazione, quella stessa rassegnazione che si incontra in Fontamara
e che porta i cafoni, per un attimo risvegliati dal topore, per precipitarvi nuovamente,
a porsi una domanda, la cui risposta sembra lontanissima a venire: che
fare?
In questo contesto Pietro Spina, per
quanto espulso dal partito, braccato dalla polizia fascista, non demorde; in
lui c'è qualche cosa più di un'idea politica, esiste invece e prende sempre più
corpo la vocazione di dare, anche se stesso, per il bene degli altri, un bene
comune senza essere comunista pur condividendo alcuni principi del marxismo,
una società più egualitaria ove tutti possano avere, dando, nella piena libertà
di critica che non esclude la solidarietà, anzi la rafforza. Un pensiero
cristiano, si direbbe, e in effetti è così, ma lontano
dal rigido rigore di una Chiesa che strada facendo sembra aver perso gli
insegnamenti di un uomo che, nell'umiltà, ha lasciato una scia di speranza per
un mondo migliore.
Non c'è pero un arroccamento su
posizioni del passato, nessuno è tanto giovane da non essere abbastanza vecchio
per avvertire in se stesso che ogni cambiamento è
possibile nel rispetto del pensiero del Cristo. In tal senso l'autore, dopo l'edizione del 1936
intitolata Pane e vino, negli anni del dopoguerra pose nuovamente mano
alla sua opera smussandola, modificandola in quel tanto che gli sembrava
indispensabile senza tuttavia tradire il tema e lo spirito originario, ed è
così che nel 1955 esce Vino e pane.
In questo romanzo, oltre a un Pietro
Spina, per necessità travestito da prete, troviamo tanti altri personaggi
indimenticabili, come Don Benedetto, il sacerdote che porta avanti il discorso
cristiano al di fuori dei rigidi canoni della chiesa, come Bianchina, una
fanciulla del tutto spontanea che in cuor suo è innamorata di quell'uomo che,
nelle vesti talari, la ridona alla vita, senza dimenticare la figura sublime di
Murica, traditore suo malgrado, e, soprattutto, un sogno in carne ed ossa, ma
talmente lieve da svanire come sboccia, rappresentato da Cristina,
profondamente religiosa, quasi mistica, l'unica del tutto in sintonia con
Pietro che segretamente ama.
La scrittura è scorrevole, sebbene
ricercata, e straordinaria è la capacità di descrivere con poche parole
paesaggi e di ricreare atmosfere.
Scorrono così davanti agli occhi i
poveri paesi della Marsica, i cafoni inebetiti dalla fatica, smarriti
nell'assenza di speranza, una serie di immagini che stringono il cuore, a volte
crude, quasi violente, altre lievi, altre ancora, come
la veglia funebre in casa del padre di Murica, dai toni semplicemente sublimi.
E su questo
triste episodio della perdita dell'unico figlio desidero soffermarmi,
riportando di seguito uno stralcio, perché la scena richiama assai l'ultima
cena di Gesù Cristo: “Il vecchio Murica
in piedi, a capo del tavolo, dava da bere e da mangiare agli uomini attorniati. << E' lui >> egli disse << che mi ha
aiutato a seminare, a sarchiare, a mietere, a trebbiare, a macinare il grano di
cui è fatto questo pane. Prendete e mangiate, questo è il suo pane.>> Altri arrivarono. Il padre versò da bere e disse:
<< E' lui che mi ha aiutato a potare, insolfare, sarchiare, vendemmiare
la vigna dalla quale viene questo vino. Bevete, quest'è il suo vino.>>”.
Vino e pane è uno di
quei romanzi che avvince poco a poco, ma che entra, scava, suscita emozioni e
commozioni, fa sciogliere in lacrime una volta terminato.
E se vogliamo definirlo capolavoro, facciamolo
pure, senza esitazioni, perché in effetti questo libro
è di una bellezza straordinaria, per certi versi superiore addirittura a Fontamara.
Secondino
Tranquilli (questo era
il vero nome di Ignazio Silone) nasce a Pescina (Aq) il 1° Maggio 1900 e muore a in Svizzera a Ginevra il 22 agosto del
1978.
Ha scritto i romanzi Fontamara
(1930,) Un
viaggio a Parigi (1934), Pane e vino
(1936), Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), L'avventura di un povero cristiano
(1968); nella sua produzione non mancano inoltre i saggi, come Il Fascismo. Origini e sviluppo (1934), La scuola dei dittatori (1938), Uscita di sicurezza (1965).
Renzo Montagnoli