La poltrona del re
di Fabrizio Rinaldini
Edizioni Agemina
www.edizioniagemina.it
Narrativa romanzo
Collana I Gialli Agemina
Pagg. 288
ISBN 9788895555423
Prezzo € 18,00
Un giallo fra ieri e oggi
In epoca
giovanile il genere giallo mi ha appassionato molto e mi ha portato a conoscere
autori famosi come Agatha Christie, Georges Simenon, Arthur Conan Doyle e Ed
McBain, tanto per citarne alcuni che mi vengono in mente. Poi, nell'età
intermedia, ho privilegiato altre letture e più recentemente, ma in misura
sporadica, mi sono deliziato con i commissari Montalbano, di Andrea Camilleri,
e Ricciardi, di Maurizio de Giovanni. Quello che mi piace in questo genere è la
struttura, con l'immancabile omicidio, le indagini e infine la scoperta del
colpevole per merito o di un investigatore privato o di un poliziotto.
La poltrona del re, pur nel
paradigma classico del giallo, ha la caratteristica di non presentare un
professionista dell'indagine e in questo senso, come apre, chiude anche la
storia, perché è pressochè impossibile ipotizzare un seguito, ovviamente con
una vicenda diversa, appunto perché il protagonista non è un detective, bensì
un normale cittadino come noi che, tuttavia, seguendo un filo logico e alla
portata di individui privi di esperienza perviene ugualmente alla soluzione.
L'autore è
toscano e pure l'ambientazione è propria di questa bella regione italiana, in
una piccola realtà dove tutti, più o meno, si conoscono tanto da sapere pregi e
difetti, non solo del presente, ma anche del passato.
E' gente
normalissima, eppure lì si celano un usuraio, uno stupratore e anche gli
assassini.
E' inutile
raccontare la trama, perché si toglierebbe il piacere della lettura, ma mi
preme dire che Rinaldini ha creato una serie di personaggi, del tutto
credibili, che girano nella vicenda con una precisione rimarchevole, in una
sorta di indissolubile catena che scorre bene oliata.
Così troviamo un
impiegato dai trascorsi giovanili nei movimenti eversivi di destra, amico di un
ex partigiano comunista, la nipote di quest'ultimo, un parroco che cerca solo
di badare ai fatti suoi, un brigadiere dei carabinieri un po' prevenuto e
tracotante, una vicina di casa spiona e maldicente, un politico che aspira a
diventare parlamentare, un giornalista che fantastica, ma nemmeno troppo,
insomma un campionario di varie umanità che interagiscono e le cui vite
scorrono spesso parallele, ma poi finiscono inevitabilmente con l'incrociarsi.
E poi ci sono
due strane morti, cioè due suicidi che lasciano perplessi nella loro modalità
di esecuzione, la scomparsa di un ragazzo avvenuta negli anni '50, l'assassinio
di una donna a colpi di arma da fuoco, le voci di un tesoro sottratto ai
tedeschi dai partigiani.
I personaggi
sono ben definiti, così come l'ambientazione, e ciò nonostante una scrittura
scarna, essenziale, che non indulge a descrizioni particolareggiate, preferendo
lasciare spazio all'evolversi della vicenda che poco a poco avvince il lettore,
obbligandolo di fatto a proseguire, pagina dopo pagina, per poter infine essere
edotto di ciò che è accaduto, dei moventi dei delitti e soprattutto dei nomi
dei loro autori, circostanza questa che, come in ogni giallo che si rispetti,
avviene alla fine, sulla base di una logica stringente che porta a dire che
effettivamenti i colpevoli non potevano essere che quelli.
La poltrona del re è un buon
romanzo, di facile e gradevole lettura, e pertanto lo consiglio caldamente.
Fabrizio Rinaldini è nato 55 anni
or sono nel comune di Scandicci e lì attualmente risiede dopo vari
trasferimenti.
Una militanza politica decennale e una lunga
disavventura giudiziaria gli hanno permesso di assaporare l'equanimità
dell'italica legge. Dopo un matrimonio durato poco e finito male, qualche anno
trascorso in Africa e in America del Sud per lavoro, molte amicizie sbagliate e
poche “fratellanze” vere e proprie, più di un legame sentimentale finito peggio
del matrimonio, ha deciso che la cosa più divertente di tutte è scrivere.
Così scrive per gioco e legge per passione. Ama la
letteratura e la storia.
Frequenta
archivi e biblioteche per ricerche improbabili, traduce articoli dall'inglese,
fra lunghe camminate a passo veloce (quelle che i salutisti maniaci chiamano
fitwalking), molti libri letti e tantissimi da leggere, qualche concerto, un
po' di teatro e il lavoro di sistemista informatico.
Non cambierebbe il luogo in cui vive neppure con un
attico a Manhattan con vista sull'Hudson, mantiene vivi i legami con la propria
comunità ideale, ama i gatti, la birra Weisse, i Pink Floyd, Shakespeare,
l'irraggiungibile Céline e ‘Non, je ne regrette rien' di Edith Piaf che
(potenza dei numeri) è stata scritta nello stesso anno in cui è nato.
Ha pubblicato il suo primo giallo di successo: “In morte
di un collega” con Sassoscritto Editore.
Renzo
Montagnoli