Operazione Blueprint
di Antonio Di Carlo
Copertina di Vincenzo Bosica
Edizioni Solfanelli
www.edizionisolfanelli.it
Narrativa romanzo
Collana Pandora
Pagg. 256
ISBN 978-88-7497-740-6
Prezzo € 17,00
Alta tensione
La spy story, o letteratura di
spionaggio, è un genere che si è imposto rapidamente, perché sovente riesce a
combinare più elementi di contatto con il giallo, con il noir, con la
fantapolitica e, soprattutto, con l'azione, quest'ultima intesa come una serie
di avvenimenti ad alta tensione che riescono a velocizzare la trama, avvincendo
ulteriormente il lettore.
Gli autori più apprezzati in questo
campo sono per lo più di lingua inglese, come John Le Carré, Tom Clancy, Ian
Fleming, Ken Follett, Robert Harris, solo per citare i più noti. Mi sono
meravigliato, quindi, nel leggere sulla copertina di Operazione Blueprint un
nome tipicamente italico, come Antonio Di Carlo, e, se devo essere sincero, mi sono
accinto a esaminare l'opera con una certa perplessità, con il timore comunque
di potermi trovare di fronte a una vicenda un po' abbozzata, con i limiti
tipici di alcuni dei meno riusciti western all'italiana, giusto per fare un
paragone e per meglio esprimere così i miei dubbi.
Il libro si apre con un incontro fra
due uomini nell'ancora staliniana Mosca, uno dei quali
è addidittura il potentissimo Laurentij
Beria, incontro che serve a definire un mostruoso piano chiamato operazione
Omega volto a destabilizzare una volta per tutte l'Occidente a tutto vantaggio
dell'Unione Sovietica. In buona sostanza si tratta di inserire nelle fondamenta
di edifici nella fase di costruzione del potentissimo esplosivo da far
deflagrare poi, a tempo debito, con un impulso radio. Non si tratta di fabbricati qualunque, ma di sedi d'ambasciate, di grossi
organismi internazionali, di strutture petrolifere e di impianti di produzione
di energia nucleare.
Poi il piano temporale si sposta molto
in là negli anni e arriviamo alla perestroika, con il comunismo caduto come un
frutto marcio, sostituito da un'ancora incerta e debole democrazia, facilmente
preda di eventuali e non improbabili colpi di stato, sia provocati dai
nazionalisti più accesi, sia dai nostalgici del passato regime.
E' in questo delicato periodo che si attiva
il piano concepito molti anni prima e che inizia una vera e propria caccia
all'uomo responsabile dell'esecuzione del progetto, da parte sia dei servizi
segreti americani che di quelli russi, peraltro d'intesa fra loro e che
attribuiranno alla loro missione il nome di Operazione Blueprint.
Sebbene alcuni aspetti dell'idea mi
ricordino Telefon, il bel film di Don Spiegel con un eccellente Charles
Bronson, Operazione
Blueprint può vantare una propria autonomia di svolgimento che presenta
non poche originalità, come, per esempio, l'incidentale scoperta del diabolico
piano e spunti di fatti accaduti veramente, i quali, per fantasia, si piegano all'esigenze del romanzo, dandone
un'interpretazione in linea con la trama.
E a proposito di quest'ultima si rileva
un susseguirsi continuo di colpi di scena, beninteso legati fra loro, secondo
un filo logico su cui corre senza intoppi la narrazione, con una tensione
costante e che a volte arriva anche al parossismo.
Una cosa è certa: se si comincia a
leggerlo, non si riesce a smettere, si vorrebbe divorare le pagine per arrivare
all'auspicata soluzione finale, con l'immancabile trionfo dei buoni.
Pertanto, se la giornata è piovosa e
costringe a restare in casa, se in televisione non c'è la partita, se insomma
non volete stare a sonnecchiare, quello è il momento buono per aprire il libro
e di colpo il tempo volerà e voi con lui.
Inoltre, il romanzo presenta un'altra
interessante caratteristica, vale a dire che, pur lasciando spazio alla
fantasia del lettore, questi viene immesso in precise linee guida tali da
consentirgli di scorrere le righe e contemporaneamente vedere le immagini di
quel che accade, tanto è notevole l'immediatezza.
Peraltro, in presenza di tanti pregi è
presente un neo, anche se non rilevante, e mi riferisco allo scarso spessore
dei protagonisti, di cui conosciamo più le azioni che la loro intima struttura.
Ecco, sono dell'avviso che Di Carlo, se riuscirà a ovviare a questo
inconveniente, potrà raggiungere la fama di quegli autori che ho citato prima.
Comunque, la lettura resta
godibilissima e quindi è più che consigliata.
Antonio Di Carlo è nato a Parigi nel 1965. Cresciuto in
giro per il mondo, risiede da anni in Nord Africa (Libya, Tunisia e Algeria)
dove si occupa di infrastrutture nel settore petrolifero.
Grande viaggiatore
(anche se odia gli aerei per inconfessabili motivi), scrive per gioco e per
passione, adora gli sport meccanici, i Talking Heads, David Bowie e la buona
tavola.
Lettore compulsivo,
legge di tutto in quattro lingue.
Renzo
Montagnoli