Il pretore di Cuvio
di Piero Chiara
Introduzione di Enrico Ghidetti
In copertina Antonio Donghi,
Canzonettista (1925)
Edizioni Mondadori
Narrativa romanzo
Collana Oscar scrittori moderni
Pagg. 160
ISBN 9788804480730
Prezzo €
8,00
Lui, lei e l'altro
“La signora lo aspettava sulla porta e lo tirava dentro come
un sorso d'acqua. <<Mia polpa, mia massima polpa>> sclamava il
Vanghetta abbracciandola appena dentro la porta e guidandola verso un divano
senza sponde, che era l'unico supporto sul quale gli fosse possibile goderla,
se non tutta, almeno in gran parte.”
Di Boccaccio
e del Decameron c'è ampio spirito in questo romanzo breve di Piero Chiara,
tanto che l'inizio è un'epigrafe della
quinta novella della giornata ottava (io
vi voglio mostrare il più nuovo squasimodeo che voi vedeste mai). E come lo
squasimodeo del grande autore medievale esercita l'attività giudiziaria, anche
in questo romanzo il più attuale squasimodeo, tale dottor Augusto Vanghetta,
professa l'attività di pretore in Cuvio durante il ventennio e in particolare
negli anni Trenta.
Uomo non
certo di bell'aspetto (alto poco più d'un
metro e mezzo, curvo e quasi gobbo, già grasso e occhialuto a vent'anni e
simile a un coleottero o a uno scarabeo stercorario per la sua tendenza a
cacciarsi nel sudicio…) è di mediocri capacità professionali, di scarsa
intelligenza, ma dotato di un'astuzia da faina e amante anche del protagonismo,
alla ricerca di una posizione di prestigio che faccia da contraltare alla sua
pochezza. Bugiardo, amante della vacuità, è in preda a un continuo e forsennato
desiderio sessuale, un'insaziabile satiriasi che lo porta ad accompagnarsi con
qualsiasi tipo e genere di donna, dalla nana alla femmina fatale, dalla
prostituta delle case chiuse alle clienti che ha occasione di conoscere nel
corso della sua attività.
Non è
difficile riscontrare più di un'analogia con un personaggio politico attuale,
che Chiara, quando scrisse questo testo, non poteva però aver conosciuto, e
quindi è sorprendente sapere che, con la sua fantasia, ha dato corpo a qualcuno
che si sarebbe manifestato molti anni dopo.
Augusto
Vanghetta è coniugato con un'orfana, moglie ideale, in quanto integerrima e in
possesso di notevoli disponibilità, il che gli ha consentito di cogliere due
piccioni con una fava: il matrimonio indispensabile per una parvenza di
normalità e il denaro, sempre più occorrente per dare sfogo ai suoi capricci.
La moglie,
poveretta, soffre della sua condizione di oggetto di rappresentanza e già di
debole costituzione si ammala, dimagrendo a vista d'occhio. Del resto, che vita
può essere la sua, consapevole, grazie anche al giro di conoscenze della
piccola entità locale, dei continui e ripetuti tradimenti del marito? Da essere
umano diventa poco a poco un vegetale, rinchiusa in se stessa di fronte non
solo all'ostentata indifferenza del marito, ma anche nell'impossibilità di
condurre una vita familiare almeno in apparenza normale.
Non brutta,
anzi graziosa, nonostante la sua magrezza, sente la vita sfuggirle e ormai
dispera, fino a quando non incontra un aiutante del marito, un giovane
avvocato, solerte, bravo, ma che nella mentalità di Vanghetta non è un uomo,
perché non va a caccia di donne.
Senza
sospetti il pretore lo introduce in casa sua, dando vita piano piano a una
coabitazione che finirà con l'emarginarlo.
Non vado
oltre, perché le sorprese non mancheranno e con un epilogo che è da manuale.
La scrittura
di Chiara è fluente, ammaliatrice, continuamente piena di sorprese e di invenzioni,
come nel caso della rappresentazione teatrale travolta, e non in senso
figurato, dall'improvvisa piena di un fiume; e si ride, volentieri, anche se è
sempre presente una nota malinconica sul destino degli uomini, grandi, normali
o mediocri che siano: come formiche lottano sul palcoscenico della vita per
arrivare tutti a quell'ultimo traguardo, un'esistenza di passioni, di
delusioni, di vittorie, ma più ancora di sconfitte, di cui l'ultima è
l'inevitabile conclusione di quella battaglia subito avviata non appena venuti
alla luce.
Il pretore
di Cuvio è un romanzo indubbiamente assai bello, da leggere non solo
per sorridere, ma anche per meditare.
Piero Chiara nacque a Luino nel 1913 e morì a
Varese nel 1986. Scrittore tra i più amati e popolari del dopoguerra, esordì in
narrativa piuttosto tardi, quasi cinquantenne, su
suggerimento di Vittorio Sereni, suo coetaneo, conterraneo e grande amico, che
lo invitò a scrivere una delle tante storie che Chiara amava raccontare a voce.
Da Il piatto piange (Mondadori, 1962), che segna il suo esordio vero e
proprio, fino alla morte, Chiara scrisse con eccezionale prolificità,
inanellando un successo dopo l'altro.
E' stato
autore particolarmente fecondo e fra le sue numerose pubblicazioni figurano Il piatto piange (1962), La spartizione (1964), Il balordo (1967), L'uovo al cianuro e altre storie (1969), I giovedì della signora Giulia (1970), Il pretore di Cuvio (1973), La
stanza del Vescovo (1976), Il vero
Casanova (1977), Il cappotto di
Astrakan (1978), Una spina nel cuore (1979),
Vedò Singapore? (1981),
Il capostazione di Casalino e altri 15
racconti (1986).
Renzo
Montagnoli