Era una torrida giornata d'estate, ma sotto il
pergolato c'era un po' di refrigerio, nonostante il sole riuscisse a filtrare
fra le foglie, facendo luccicare gli acini quasi maturi.
Guardava i due ragazzi ballare al ritmo di una
musica moderna; staccati, l'uno dall'altro,
si agitavano come
indemoniati, incuranti della calura opprimente. In particolare Lisa, la
fidanzata di suo figlio, sembrava non sentire il peso dell'abbondante pasto
appena consumato e si esibiva in movenze sinuose, quasi un richiamo sessuale
volto ad aumentare il desiderio del suo innamorato che corrispondeva entusiasta
con una vitalità
sorprendente.
Osservò Jacopo, il suo unico figlio, e constatò con
piacere che era veramente un bel giovane, ma la sua attenzione, quasi
inconsciamente, era sempre più rivolta a Lisa,
stupenda in quel vestitino a
fiori che esaltava le sue forme morbide, che dava slancio a quelle gambe snelle
che sembravano volare nei passi della danza. L'abbondante scollatura lasciava
intravedere un seno generoso che sussultava ritmicamente
e in cui si perse.
Chiuse gli occhi e l'immagine di quelle mammelle
rotonde si sovrappose a quella di un altro seno durante un
altro ballo di tanto tempo prima. Rivide così la scena di quando conobbe sua moglie, di quel ballo molto più
quieto, di quel valzer lento durante il quale la teneva stretta quasi temesse
che gli sarebbe sfuggita. Era bella Francesca, radiosa in quel vestito nero che
la fasciava, lasciando indovinare le linee aggraziate di un corpo esile, ma perfetto.
Riaprì gli occhi e guardò la moglie: sonnecchiava
appesantita dal pasto, abbandonata sulla sedia. Era cambiata tanto, non aveva
più nulla di quella ragazza esile di un tempo, con quel vestito troppo stretto
per lei, dal quale la carne traboccava; spostò la sua attenzione sul volto, su
cui i segni del tempo marcavano linee ora strette, ora larghe.
- Vuoi ballare con me?
Si scosse e vide Lisa che lo invitava.
- Sono vecchio, ormai; poi questi balli non fanno
per me.
- Metto sul giradischi qualche cosa d'altro, di più
quieto, magari un bel valzer lento.
- Allora sì.
Lasciò che la mano della ragazza prendesse la sua,
si fece condurre fino al piccolo spazio di quella balera improvvisata e, quando
cominciò la musica, chiuse gli occhi, attrasse a sé quel corpo fresco e si
lasciò trasportare dalle note.
Gli sembrò di essere sospeso in uno spazio senza
tempo, in una dimensione sensoriale sconosciuta e si chiese se era tutto vero, oppure un parto della sua immaginazione.
Avvertì chiaramente alcuni brividi che percorrevano
il suo corpo, si accorse con vergogna del riaccendersi della sua virilità e
allora immaginò di non essere con Lisa, ma con Francesca.
Ad occhi chiusi vedeva innanzi a sé quel bel
vestitino nero, risentiva l'emozione di quel giorno, il desiderio che cresceva,
il sangue che ribolliva, ed allora si fermò, accennò una scusa qualsiasi e
ritornò al suo posto.
Si accasciò quasi sulla sedia, il volto sgomento,
l'animo angosciato, al punto che i vicini si preoccuparono, pensando a un
malore improvviso.
- Vuoi un po' d'acqua? Desideri coricarti?
- No, è che alla mia età e dopo un pasto così non
si possono più fare certe cose.
Lisa gli si avvicinò e gli mise una mano sulla
fronte.
- Scotti; forse è il caldo.
- Sì, è il caldo. E avvertì chiaramente il calore
espandersi dentro di lui, accompagnato da brividi freddi.
- Se riesco a stare un po' quieto, mi riprendo.
Un'altra mano si posò sul suo capo, una mano
grassoccia scossa tutta da un tremito.
Alzò lo sguardo e vide sua moglie come in
controluce; non riusciva a scorgerla perfettamente, tanto sembrava avvolta da
una nebbia chiara e densa, ma sapeva che era sua moglie, perché udiva la sua
voce trepidante, sentiva il suo affanno, la sua preoccupazione.
- Che hai? Come ti senti? Ti sta passando?
Chiuse gli occhi e la vide chiaramente, fasciata
dal suo vestito nero, snella, aggraziata,
estatica dinnanzi a lui; sentiva
il suo profumo di violetta, la musica del valzer lento che accompagnava i
movimenti della sua figura e su quelle note lo colse il sonno.
Quando si risvegliò, vide che erano tutti intorno a
lui; scorse nitido il volto di sua moglie, le gote un
po' ingrossate, le rughe intorno agli occhi, così diversa da Lisa, dalla sua
freschezza, dalla sua vitalità, ma non gli era mai sembrato così bello, con
quegli occhi che celavano a stento la preoccupazione per il suo stato.
Si precipitò a dire che stava meglio, che era tutto
passato, anzi, si scusò per il disturbo involontario e per dimostrare che era
tutto vero si alzò in piedi e strinse a sé Francesca.
- Ho avuto paura, tanta paura, vecchio mio.
- Pure io ho avuto paura, ho temuto di perderti.
Lisa mise sul piatto un disco con valzer lenti e
disse – Che bello vedere due che alla loro età si vogliono
ancora così bene.
Sempre stretto alla moglie accennò alcuni passi di
danza, lasciò scorrere le mani lungo quei fianchi pingui che ora gli sembravano
così esili, sentì prepotente rinascere il desiderio e gli sembrò di tornare a
vivere.
- Che ne dici, se andiamo a casa? – le sussurrò.
- Sei stanco?
- Per niente, è che avrei voglia, mi capisci vero cosa intendo?
- Sì, vecchio porcellone…
- E allora andiamo; è
inutile aspettare; il tempo vola e oggi mi sento come quel giorno che ti ho
conosciuta, risento la stessa musica, anche se non ricordo il titolo.
- Era un valzer, il valzer delle candele.
- Ah sì, ora rammento come fosse
adesso; c'è su un altro valzer, ma tu sei sempre tu.
- Magari! Sono cambiata, ingrassata, invecchiata.
- Pure io e ho messo su pancia, ma siamo sempre
noi, c'è sempre quel sentimento.
Si fermarono, salutarono tutti, dicendo che se
andavano, accampando la scusa di un certo affaticamento e probabilmente vennero creduti. Solo Lisa, con un sorriso d'intesa, sembrò
aver compreso e li accompagnò all'auto.
- Buon viaggio, andate piano e…riposatevi.
Corse via ridendo e battendo le mani.
Messa in moto l'auto, estrasse dal cassetto un CD e
lo inserì nel lettore.
Possenti si diffusero le note del Bolero di Ravel, mentre Francesca si abbandonava sul sedile,
accarezzando i capelli del suo uomo.
- Via, a casa, che non riesco più aspettare,
Francesca.
- Sì, andiamo, voliamo. Ah scusa; che abbia capito
qualche cosa, Lisa?
- Lisa? Gran bella ragazza e anche intelligente,
perspicace, il tipo giusto che ci voleva per Jacopo; mi ricorda tanto te quando eri giovane, la stessa vitalità, la stessa grazia,
lo stesso intuito. Sì, penso che abbia capito e ne sono contento.
- Tempi passati; ero un
bel figurino, ma poi gli anni pesano, si fanno sentire, che lo vogliamo o no;
anche tu eri un gran bell'uomo e lo sei ancora,
perché io ti vedo così.
- Vuoi sapere un segreto? Per me non sei per nulla
cambiata.
- Perché hai messo su il Bolero di Ravel, e non un valzer lento?
- Non lo immagini? Meglio non raffreddare…
Scoppiarono a ridere come due ragazzi.