-
Che fai? Non vorrai andare all'appuntamento con quell'uomo?
Sara
finse di non sentire e continuò ad asciugarsi i capelli con il phon.
-
Ma come puoi pensare che un divorziato sia una persona seria! Quello vuole semplicemente
approfittare di te. E poi non venirmi ancora a dire che questa è un'occasione,
perché, se ti guardi intorno, vedrai che ci sono un sacco di uomini meglio di
quello lì.
Sara
spense il phon e volse gli occhi alla madre.
-
Mamma, non è lui l'occasione. Questa invece è la mia ultima opportunità.
Che
credi, forse, che il mondo brulichi di persone rispettabili, di maschi belli,
intelligenti, ben posizionati, soli e alla ricerca di una quarantenne come me?
Si
guardò nello specchio: già sottili si intravedevano le prime rughe intorno al
contorno degli occhi e la tinta appena applicata celata a stento i fili
argentei che cominciavano a interrompere l'uniformità dei capelli corvini.
-
Sara, te lo ripeto: non aver fretta, perché prima o poi l'uomo che fa per te
arriverà.
-
No, mamma. Sono anni che ti ascolto e aspetto, e intanto invecchio, sfiorisco e
appassisco alla tua ombra.
-
Quando fai così, sei del tutto irragionevole e dimostri di
essere immatura.
-
Immatura? Mamma, se non sono cosciente di me stessa a quarantanni
non lo sarò mai. Che cosa è stata la mia vita fino a ora? Casa e lavoro, lavoro
e casa: una vita squallida, ossessiva nella sua monotonia.
-
Non mi vuoi più bene, allora.
-
Ecco, si ritorna al discorso del voler bene. Sono tua figlia, mi hai generato,
mi hai cresciuta e non posso che volerti bene, ma non ti sembra che anche io
abbia diritto alla mia vita? Non pensi forse che anche il mio animo possa
necessitare di un affetto diverso? No, non lo pensi; sei
troppo egoista. Prima mi hai costretto a vivere la sofferenza quotidiana
della lunga malattia del papà e poi, quando è morto e hai chiuso la tua vita in
una parentesi, mi hai obbligato a vegetare con le tue insulse manie, con le
continue emicranie per cui pretendi di essere
compatita.
La
vecchia si alzò dalla poltrona in cui era sprofondata, si appoggiò allo stipite
della porta e teatralmente proruppe in “una figlia ingrata” che fece andare su
tutte le furie Sara.
-
Ingrata? Io sarei ingrata? Tu hai vissuto la tua vita, hai forse saputo che cosa
vuol dire amare e pretendi che io non lo debba sapere. Sì, sono ingrata e
perché mai dovrei essere il contrario? Quando le mie amiche trovavano dei
ragazzi le compativi, dicevi che così avrebbero rovinato la loro vita, magari
sposandosi con il primo venuto. E mi ripetevi di attendere un principe azzurro
che non era e non è nemmeno nella tua mente.
-
Non ti permetto di parlarmi così!
-
Non mi permetti? Che dovrei fare? Dovrei continuare a dire obbediente sì mamma,
certo mamma, hai sempre ragione tu mamma? La verità è
un'altra: tu per po' mi hai voluto bene, quando ero piccola. Ma poi, crescendo,
quell'affetto è diventato un'ossessione, si è
tramutato, con la paura di perdermi, di trovarti un giorno
sola, in un possesso che mi ha tolto ogni voglia di vivere.
-
Non ti riconosco più.
-
Nemmeno io mi riconosco più; poco fa mi sono guardata allo specchio e ho visto
il volto di una donna spenta, di un essere umano che l'infelicità ha reso del
tutto inutile.
-
Per me sei tutto, non potrei esistere senza te!
-
Esisterai lo stesso, mamma, con me o senza di me,
perché quello che tu chiami vita e a cui mi hai costretto è una sorte di morte
dentro che non necessita della presenza di altri.
La
madre proruppe in un lamento – Ahi, che emicrania mi hai
fatto venire! La mia vita è solo sofferenza, dolore che anche tu
alimenti.
Sara non rispose e finì di truccarsi; pensava
all'appuntamento con il collega d'ufficio e sperava, ma non voleva illudersi
inutilmente; avrebbe fatto di tutto perché quell'ultima
occasione fosse propizia, perché anche per lei ci fosse quella vita che le era
stata negata.
Si
vestì, si rimirò allo specchio, poi, finalmente pronta, aprì la porta di casa.
-
Se vai, non ti voglio più vedere! Non tornare!
La
porta di casa sbatté mentre Sara si affacciava alla
vita.