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  Racconti  »  Storie di paese Prima Serie  »  Il bosco vecchio 29/01/2006
 

Perché avesse quel nome nessuno in paese lo sapeva e l'unica certezza era che veniva chiamato così da tempo immemorabile; sorgeva in fregio al grande fiume che, nelle frequenti piene, finiva per inondarlo e quando si ritirava lasciava il putridume di acque stagnanti e di fanghiglia afferrata ai tronchi che il sole lentamente seccava. Non era molto esteso e di fatto era un terreno golenale, separato dal piccolo borgo solo dall'argine.

Poteva essere un buon posto per le avventure e i giochi dei ragazzi, che però preferivano starsene alla  larga, alla luce di strane leggende che la sera i più vecchi raccontavano ai piccini; questi, estasiati, ascoltavano, impaurendosi anche nel sentire storie di fantasmi, di misteri inspiegabili, come quello dell'orco che vi aveva abitato nell'immediato dopoguerra.

E la fantasia dell'orco aveva un fondo di verità, una di quelle vicende della vita a cui spesso non riusciamo a dare un senso, ma che lasciano l'amaro in bocca.

Qualcuno che si era avventurato a far legna aveva raccontato di un essere enorme, coperto di stracci, che era apparso all'improvviso, lanciando grida disperate. Si era tentata anche una battuta per catturarlo, ma, nonostante i cani avessero fiutato la preda, non si era riusciti nell'intento, perché questa si era gettata nel fiume ed era scomparsa fra i gorghi limacciosi.

Successivi, casuali avvistamenti avevano fatto tuttavia dubitare che l'orco fosse perito fra i flutti e, poiché non disturbava, non si erano intraprese altre azioni.

Si era quasi spenta l'eco della vicenda, quando un fatto sconcertante scosse la tranquilla vita di paese.

Era una tiepida giornata di primavera dell'anno 1952 e, nel pomeriggio ventilato da una leggera brezza che sembrava cullare i sogni dei più piccini, Giacomo, il figlioletto del Guercio, e Daniele, il primogenito del farmacista, avvertirono chiaro l'impulso di giocare agli esploratori, avventurandosi fra le piante ombrose del bosco vecchio.

Quello che accadde poi fu spiegato dettagliatamente ai genitori, fra i singhiozzi, dagli stessi protagonisti, miracolosamente reduci da quell'avventura.

I due bambini, oltrepassato l'argine, scesero titubanti ai bordi del bosco, per poi inoltrarsi fra gli stretti pertugi lascianti dalle piante.

Daniele, che era il più vecchio con i suoi otto anni, raccontò tutto l'accaduto – C'erano tante ortiche, per non parlare delle bisce, e avevamo paura anche dell'orco; procedevamo nel fitto quasi a tentoni, con le orecchie bene aperte, tese a cogliere anche il più piccolo rumore, ma a parte il ronzare degli insetti non si sentiva nulla. Dopo circa una ventina di minuti abbiamo trovato un fossato di acqua putrida, non largo, tanto che abbiamo deciso di saltarlo, anche se dall'altra parte era pieno di ortiche. Il primo a spiccare il balzo è stato Giacomo e l'ho subito sentito urlare; allora sono saltato pure io e mi sono trovato nell'acqua del fiume con Daniele.

A questo punto, entrambi si erano messi a tremare, nonostante le promesse dei genitori di non far pagare quella marachella.

- La corrente era molto forte, l'acqua profonda, e non sapevamo nuotare. Sono riemerso una volta, ho cercato di aggrapparmi a qualche cosa, ma è stato tutto inutile; già pensavo che sarei morto, quando qualcosa mi ha afferrato, mi ha tirato su e deposto sulla riva. Ho guardato con gli occhi annebbiati e l'ho visto, enorme, con la barba lunga, gli stracci fradici che andava sotto a cercare Daniele. Non so quanto tempo è passato, ma comunque deve essere stato poco, anche se a me è sembrato tanto, e poi dall'acqua è uscito Daniele, sorretto da due mani gigantesche; sono riuscito ad afferrarlo e a tirarlo sulla riva. E poi…

Il pianto del bimbo divenne irrefrenabile, poi, calmatosi, proseguì – L'ho visto in faccia, ho visto l'orco; mi guardava con gli occhi sbarrati, due occhi rosso fuoco che mi hanno fissato per un breve istante, ho sentito un urlo disumano e infine è sparito nell'acqua.

Furono avviate subito le ricerche del corpo, che anche questa volta non venne trovato.

Negli anni successivi non ci furono avvistamenti e così tutti ritennero che l'orco fosse deceduto nella sua eroica impresa; nel piccolo cimitero gli fu persino dedicata una piccola tomba con questa iscrizione sulla croce “Colui che si è immolato per salvare due bambini il 20 aprile 1952”.

Nell'ambito del progetto di risanamento del grande fiume fu deciso, nel 1960, di eliminare il bosco vecchio e un'impresa fu incaricata di provvedere al taglio delle piante.

Fu così che, in mezzo al fogliame, venne rinvenuta una piccola baracca; tutti pensarono immediatamente alla dimora dell'orco e il maresciallo dei carabinieri volle ispezionarla personalmente.

Ecco il resoconto, scritto dopo il sopralluogo.

“ Oggi, 20 giugno 1960, mi sono recato nel terreno golenale su cui, fino a poco tempo fa, sorgeva il bosco vecchio. Tagliati tutti gli alberi, gli operai avevano rinvenuto una piccola baracca, approssimativamente di metri tre per due, quasi un loculo. Ho provveduto a ispezionarla personalmente e, a parte un giaciglio di paglia, un coltello, un bicchiere tutto scheggiato, ho rinvenuto una piccola cartella. L'ho aperta e dentro ho trovato ritagli di giornale, del locale quotidiano, risalenti al luglio 1941. Il primo riporta la notizia del primo bombardamento sulla città; il secondo è il resoconto dei soccorsi e, fra l'altro, evidenzia che sotto una casa distrutta uno dei vigili del fuoco aveva estratto personalmente i corpi esanimi della moglie e del figlioletto; il terzo è una cronaca dei funerali delle vittime. In quest'ultimo viene fatto notare che il vigile del fuoco scelto Annibale Aldrovandi non solo non era fra i congiunti presenti alle esequie, ma che era sparito da due giorni, perché, a detta dei colleghi, impazzito per il dolore. Sulla base di questi elementi ho tutti i motivi per ritenere assai probabile che l'uomo che viveva nella baracca e che aveva salvato da sicura morte due fanciulli del paese otto anni fa, perdendo nel nobile atto la vita, altri non possa essere che Annibale Aldrovandi.

La notizia si sparse in paese veloce come il vento e il sindaco diede ordine che alla scritta sull'anonima croce venisse apposto il nome dell'eroico salvatore.

Gli anni trascorsero, l'inclemenza del tempo sbiadì, fino a cancellare, l'epigrafe del cimitero, però non si perse la memoria dell'orco del bosco vecchio.

E ancor oggi, che è passato quasi mezzo secolo, c'è qualcuno che, ogni tanto, va raccontando in giro che nelle notti di luna piena due mani enormi emergono dalle acque del fiume, quasi a cercare di riprendersi quei ritagli di giornale che ormai giacciono in qualche polveroso archivio della procura.

Probabilmente si tratta di fantasticherie di gente in cerca di notorietà, ma resta il fatto che in una notte stellata dell'agosto del 1975 gli abitanti delle case vicine all'argine, lungo il quale sorgeva il bosco vecchio, ebbero a svegliarsi per effetto delle urla strazianti e disperate che sembravano provenire da quel terreno golenale ormai da tempo deserto.

E quando il mattino dopo qualcuno volle andare a dare un'occhiata poté vedere impresse nitidamente nel terreno umido le impronte di due piedi che andavano dalla riva del fiume fino al luogo  dove c'era stata la baracca e poi ritornavano donde erano venute.

  

 

 

 
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