Il suono del telefono
Piena notte, non s'ode volare una
mosca e io dormo beato, quando…quando uno scampanellio acuto mi percuote i
timpani, s'irradia a raggiera nel cervello, mi fa spalancare gli occhi.
Quel suono stridente mi è familiare,
un trillo discontinuo e allora comprendo che è il telefono.
Chi sarà mai, di notte? Tutti i
peggiori pensieri si accavallano, un incidente, un parente che sta male o anche
peggio.
Trepidante allungo la mano, cerco sul
comodino e finalmente trovo la cornetta, la sollevo, accosto il microfono con
mano tremante alla bocca e chiedo:
- Pronto, chi parla?
Nessuna risposta.
Reitero la domanda, con voce più
ferma: nulla.
E il telefono continua a squillare,
imperterrito.
Non capisco o non voglio capire, tiro
un paio di moccoli pensando a uno scherzo di pessimo gusto,
ma poi,
sempre con quella cornetta in mano e il trillo imperterrito, focalizzo che c'è
qualche cosa che non va.
Faccio per accendere la luce, ma mi
accorgo sgomento che la stanza è illuminata; eppure, sono sicuro, lo giuro, non
avevo nemmeno toccato l'interruttore.
- Che succede?
Non è una domanda, è quasi un urlo
sgraziato.
Mi volto e vedo l'aria interrogativa
di mia moglie.
- Non lo so. Il telefono ha preso a
squillare e continua, inoltre la luce si è accesa da sola.
- Ma cosa dici! Com'è possibile?
- Senti anche tu: ho la cornetta in
mano e non smette di suonare. Anzi, adesso sento anche altri rumori, calpestio
di passi per le scale, voci concitate in strada.
- Sarà successa una disgrazia.
- Vado a vedere.
Mi vesto alla meglio e m'avvio alla
porta di casa, senza non aver potuto fare a meno di constatare che i due
computer non sono spenti, che i televisori gracchiano a tutto volume, che la
lavatrice è in funzione come il forno elettrico della cucina a gas, che il campanello
squilla. Quel che è peggio, però, è che anche il cellulare, che tengo sempre
spento, trilla come un ossesso.
Raggiungo barcollando la porta e la
apro: lungo le scale c'è tutto il condominio.
La vecchietta che sta di fronte a me
si agita:
- Suona tutto, si è acceso tutto. E'
opera del demonio!
Passo avanti e incontro Luigi, quello
che abita nell'appartamento sopra il mio.
- Senti, senti che roba: è un
concerto! Stavo facendo…, insomma ci siamo capiti. Sono lì sul più bello e
squilla il telefono; mi sono bloccato, un vero e proprio choc. Pensi che ne
porterò le conseguenze, che non mi funzionerà più come una volta?
Lo guardo allibito e non rispondo, scendo
lungo le scale in un frastuono infernale, perché non è solo il mio condominio, ma tutta la via che è animata con gente che
interroga, che strepita, che cerca di capire quello che sfugge a ogni umana
comprensione.
Un gruppetto è intorno a Mario, un dipendente
dell'Enel.
- Scusa, Mario, ma tu che sei nel
campo, sta facendo un esperimento il tuo padrone?
- Non è che dopo il black-out dello
scorso anno vogliate provare qualche nuova diavoleria?
Mario si stringe nelle spalle – Ma
cosa volete che sappia, io. Lavoro in ufficio, nel reparto commerciale.
- Eh no, qualcosa devi sapere, perché
sei stato uno degli ultimi a scendere. Parla, perdiana, parla, altrimenti ti
faccio vedere anche le stelle!
E' un energumeno che dice queste
parole e per sottolinearle agita i pugni.
Mario non sa che dire, ma poi gli
viene un'idea, un lampo di luce – L'Enel non c'entra,
suonano anche i telefonini.
- E' vero! – gridano in coro, felici di aver depennato un possibile colpevole.
Si fa fatica a sentire quel che
dicono a causa del rumore assordante, anche perché ora si sono messe in moto le
automobili, da sole ovviamente.
La signora Beatrice, tutta casa e
chiesa, anzi più chiesa che casa, perché acida com'è non ha trovato uno
straccio di marito, si mette in ginocchio e comincia a pregare sgranando il
rosario.
Non si capisce che preghiere reciti,
perché biascica le parole e con tutto il frastuono intorno nemmeno Caruso
riuscirebbe a farci udire il suo do di petto.
Ho dimenticato l'orologio e allora
chiedo l'orario.
- E' la mezza passata, anzi sono le dodici e ventuno minuti.
Faccio un rapido calcolo, ovviamente
non corretto: è circa dieci minuti che ho lasciato l'appartamento, cinque
minuti per
vestirmi e altri cinque per rendermi conto da quando mi sono svegliato; quindi,
il fenomeno sarebbe iniziato a mezzanotte.
Chiedo conferma ad altri e anche
loro, dopo un conteggio simile al mio, arrivano alle stesse conclusioni.
La signora Beatrice, che prega, ma ha
orecchie buone e allenate, lancia un urlo: - E' il giorno dell'apocalisse! Nostradamus l'aveva previsto.
Poi le prendono delle convulsioni,
strabuzza gli occhi e si lascia cadere sul selciato.
Luigi, sì quello del coitus interruptus, si china per soccorrerla, ma lei gli si
avvinghia come una piovra.
- Se devo morire, come tutti, è
giusto che una volta in vita mia lo faccia. Vieni qui,
bel Luigi!
Ma lui con fatica si divincola, si
rizza in piedi e in preda a una tensione incredibile grida “un
basta” con una tonalità tale che sovrasta il frastuono e scommetto che
l'odono perfino a diversi chilometri di distanza.
Il suo volto è livido, schifato per
quella richiesta di amplesso, incavolato per una notte che doveva essere di
piacere e che invece…
Incredibile,
ma vero: l'urlo ha avuto un effetto dirompente e ogni
rumore è cessato, le auto si sono spente, come i telefoni, i cellulari, tutti
gli apparati elettrici insomma.
Restano accese solo le lampade dei
lampioni e illuminano visi stanchi, tirati, ma soprattutto sbigottiti.
Non ci diciamo nulla, ma piano piano lasciamo la strada, rientriamo nelle abitazioni.
Quando arrivo in camera da letto non
dico niente a mia
moglie e del resto che potrei dirle di logico.
Lei, invece, ha un'idea: - E' stato
un esperimento degli americani.
Non rispondo, scivolo sotto le
coperte, giro l'interruttore e la luce si spegne. Riuscirò a dormire?
Un altro suono, la mano che corre al
telefono, solleva la cornetta, ma il trillo continua; sempre a
tentoni la mano si sposta, trova la sveglia, schiaccia il pulsante e
tutto torna silenzio.
Mi alzo, mi lavo, mi vesto, perché
c'è da portar fuori la cagnetta per i suoi bisognini mattutini. Come esco dalla
porta trovo la vecchietta che, come d'uso, quando sente un rumore s'affaccia.
Le dico: - Che notte!
E lei per tutta risposta:- Che vuole mai, quando si è vecchi si dorme
poco e infatti mi sono svegliata alle tre.
- Alle tre, non prima?
- Sono vecchia, ma non sono rimbambita. Se dico che
erano le tre è perché erano le tre.
Scendo le scale e sento che qualcuno cerca di
raggiungermi: è Luigi che va al lavoro.
- Ti ho disturbato, per caso, ieri sera?
- Tu Luigi mi avresti disturbato?
- Sì, insomma, il cigolio del letto, magari qualche
gemito. Invecchio, ma lì sono sempre in forma.
- Non hai da dirmi niente altro?
- Non vorrai che ti racconti
tutto, porcellone.
E si allontana canticchiando.
C'è qualche cosa che non quadra e spero di trovare
Mario, compagno di quest'orario perché pure lui ha il cane.
Eccolo, lo raggiungo e facendo finta di niente
provo a dirgli: - Dormito bene?
Quello mi guarda insonnolito, poi borbotta: - 8 ore
di fila.
Resto esterrefatto e se non impazzisco ci manca
poco.
Incontriamo la signora Beatrice, di ritorno dalla
Messa. Sempre vestita di nero, con quel viso certo non bello, ma mai
sorridente, sembra una cornacchia.
La salutiamo e lei nemmeno risponde, abbassa gli
occhi e accelera il passo.
Mario, che non l'ha in simpatia, si
lascia scappare la frase del giorno: - Dicono che è ammalata, ma io so qual è
la cura per guarirla. Solo che non si trova un medico adatto nemmeno a pagarlo
a peso d'oro.
Adesso ho fretta di rientrare, ho la
mente confusa. Come i cani hanno finito, ritorno sui miei passi, accelerando e
quando rientro in casa trovo mia moglie già sveglia.
- Caro, ho dormito meravigliosamente.
Abbozzo un sorriso e lei se ne accorge.
- Tu invece hai passato una brutta
notte. Parlavi, non si capiva che dicevi, ma parlavi. Hai anche gridato. Non
devi aver digerito bene: troppa peperonata alla sera.
Alla nostra età dobbiamo stare attenti.
Tiro un sospiro di sollievo: era
stato solo un incubo, un tremendo incubo.
All'improvviso squilla il telefono,
sollevo lesto la cornetta, chiedo chi parla e nessuno risponde.
Resto sbigottito, mentre il trillo
continua.
- Renzo, ti decidi, o no, ad andare a
rispondere al telefono in cucina?
Grande moglie, la mia!
Quando si dice che basta una parola e
così io ho ritrovato la serenità.
(da “Storie di paese “ – Seconda serie)