Quel senso della vita
di Gavino
Puggioni
Per tanto
tempo mi sono arrampicato nei piani alti delle mie memorie, ricavandone, pure,
file sfilacciate di ombre mnemoniche, fino al fastidio
dello spirito, al quale non si può comandare nel suo ramingo andare.
Eppure
questa età non mi vieta, anzi, non mi nega mai. quel
piacere che provo quando, apparentemente solo, ritorno in quei viali della mia
infanzia, veri e anche surreali, quasi metafisici, quando la vita aveva altro
significato, come il suo senso che ne scandiva le giornate, le ore, i giochi,
quelli di una volta, impregnati, tutti, dai profumi di una terra che si offriva
al sole, alla luna, ai duri inverni, alla leggiadria della primavera, ai
meriggi assolati delle lunghe estati, alle malinconiche giornate d'autunno.
Mi verrebbe
da scrivere mondo antico, ricordando o emulando i tempi di Fogazzaro,
ma lo sfioro soltanto, perché, quello mio, davvero, è ed è stato quel piccolo
mondo antico da cui ho tratto vita e vitalità, da cui ho tratto, molto dopo,
ansie e dolori , coccolati, tuttavia, da una coltre
calda e indistruttibile del mio pensiero, divenuto essenza. Essenza colma di
mille e un cassettino dove la memoria è andata a
pescare i suoi segni coi suoi sogni, pagine scritte mentre il sole bruciava le
messi o i fulmini abbattevano l'ultimo degli alberi più vecchi, naturalmente.
Ed ora, al contrario, mentre apro le porte della senilità,
mentre ripercorro, a mo' di gambero, il mio tempo passato e quasi remoto,
mentre tento di fare addizioni a tutte le sottrazioni subite, mentre credo di
trovarmi, solo, al bivio di questa vita, mi chiedo se io o il mio alter ego
sono in grado di continuare, in questo guazzabuglio di disordine umano dentro
il quale, non volente, mi sono ritrovato. Non riesco a svincolarmi da questa
rete, invisibile ed inossidabile, perché il mondo che
mi ospita vive un'altra vita, si nutre di altri valori, ama l'indifferenza, è
armato d'arroganza e s'empie, ma ha già debordato, di un vocabolario nuovo che
lascerà cicatrici dolorose alle future generazioni le quali, spero, non abbiano
mai a nutrirsene.
Il brusio di
sentimenti, le esclamazioni di gioia per un oggetto nuovo o ritrovato,
l'interesse al bene comune, come la grande brocca o la giara da cui usciva
acqua per tutti, l'abbraccio universale alla verità, all'umiltà, alla dignità
umana, al rispetto di chi lavora e di chi non lavora e
non ha i mezzi per sopravvivere, ebbene, questi sentimenti sono venuti a
mancare, sono divenuti pezzi di granito dove, una volta, si poteva scavare, ora
non più.
Si viaggia
per la conoscenza (anche per la virtù?), per il piacere di sapere, ma si
viaggia anche per fare e portare la guerra, anche quella odiosa delle
religioni, molto diversa da tutte le altre.
Si
naviga per mare ed oggi anche per terra, per cui
anch'io sono diventato un navigante, statico e virtuale e me ne prendo tutta la
responsabilità, poiché anch'io ho seguito una moda, un modus vivendi dal quale
non bisognerà, mai, farsi sopraffare. E comunque questo navigare non mi appaga,
essendo impreparato a tutto ciò che giornalmente cambia e mi crea quasi
confusione, mi fa diventare ateo, non credente verso l'anima di questa terra
che ha perduto la sua unicità, il suo mistero, questa terra che sta perdendo la
sua storia perché la stanno ricostruendo in provette
di un futuro che agli uomini restituirà ben poco.
Quel tanto
di buono che s'era creato si sta sfaldando in
altrettanti pezzetti di terra dove non si sa più cosa fare o rifare. Si
distrugge e basta, ben sapendo che un'altra arca di Noè non avrà più ragion
d'esistere.
Forse, in un
futuro lontano, il Polo Nord e il Polo Sud, si
incontreranno ma non avranno mani e braccia per stringere amicizia.
La Terra,
quella nostra, abita nuda al loro centro e si surriscalda non tanto per l'amore
quanto per l'odio che vi si versa, che diventa fuoco e fiamme, pericolosi anche
per i ghiacciai, una volta eterni.
E allora ci
sarà un'altra storia.
Blog