Sul senso della rigidità delle regole
e dei costumi
di Lorenzo
Russo
È proibito parlare in classe durante le lezioni, ad
eccezione quando si venga interpellati
dall'insegnante.
Regola giusta o falsa?
È giusta sotto il punto di vista della effettività
didattica, in quanto la sua non osservazione impedisce all'insegnante di
insegnare adeguatamente la sua materia, che così non è seguita e ancor meno
compresa dagli alunni.
Quale qualità personali deve
possedere ora l'insegnante per indurre i suo alunni a seguirlo e, di seguito,
ad osservare un comportamento disciplinato e corretto?
Le qualità più effettive sono senza dubbio la preparazione
profonda della materia da insegnare e il possesso di una personalità complessa
e compiuta che renda l'insegnamento interessante e, perché no, a volte anche
divertente.
In poche parole l'insegnante deve riflettere sui suoi
alunni una sua personalità umana completa, pretendente e nello stesso tempo
concedente, di modo da non lasciare loro la scelta di seguirlo o no.
L'insegnamento è un'attività tra le più complesse che
esistano, perché richiede capacità didattiche cognitive e formative.
Un insegnate che sia fatto per il suo mestiere riesce ad
attirare i suoi alunni anche quando la materia da trattare risultasse
disinteressante e noiosa, anche a lui stesso.
Di fatto sono pochi gli insegnanti in possesso di tali
qualità, che non sono soltanto espressione di un apprendimento acquisito
seriamente e con costanza, tanto da dover essere il fondamento della loro vita,
bensì anche possesso delle ideali caratteristiche
personali per l'esercizio di tale professione.
I non idonei ricorrono generalmente all'uso dell'autorità,
nella speranza di riuscire a imporre timore e soggezione nei loro alunni,
situazione alquanto difficile al giorno d'oggi in cui
la scuola è organizzata diversamente da
non lasciare spazio a tale forma di insegnamento, o sono costretti a dimettersi
per non ammalarsi seriamente.
A parte il fatto che gli alunni reagiscono con
disinvoltura, apatia e infine aggressione di fronte alla mancanza di
professionalità dell'insegnante, essi vengono anche
frenati nella scoperta e sviluppo delle proprie inclinazioni e requisiti
naturali, con il risultato di non essere preparati per affrontare i severi
esami della loro vita.
Mi sembra che così com'è nell'insegnamento lo sia anche in
tutte le professioni esistenti.
Un impiegato che tira a campare, cioè che non si immedesima nell'esercizio del suo impiego, non può mai
assolvere con diligenza e responsabilità i compiti affidatigli, e non solo,
prima o poi diventerà apatico, depresso e infine malato nevrotico e psicotico.
Quando in uno stato esistono più casi di questo andamento è facile proferire la sua caduta economica
e sociale.
A questo punto mi viene chiaro che il metodo del lasciar
fare degli ultimi decenni abbia creato il lassismo distruttivo attuale.
È un andamento che si riscontra già in ogni settore delle
attività umane e della società.
Viviamo nell'epoca dominata dalle più svariate espressioni
della personalità individuale sia nel modo del vestirsi, del truccare il fisico, del parlare e gesticolare che a mio parere sono
espressioni di decadenza, del vuoto che si cerca di colmare con la
superficialità elevata a culto.
Sono certo che un giorno ci sarà il risveglio, dovrà
accadere, come sempre è accaduto in analoghe
situazioni.
Il corso della vita umana segue un percorso paragonabile
al gioco
dell'altalena:
sale verso l'alto per poi ricadere verso
il basso, in un moto perpetuo e irreversibile.
Proprio per questo ritengo che abbia senso introdurre
regole rigide e punitive per i trasgressori, non perché così saranno rieducati
al senso dell'onestà (la natura c'insegna che essi ci saranno sempre perché
l'uomo è incorreggibile), ma perché altrimenti la situazione peggiorerebbe
ulteriormente fino a diventare difficilissima da correggere.
Si riscontra anche, come proprio nel gioco dell'altalena, che
ai successi raggiunti da una generazione segue la fase della loro trascuratezza
nel corso delle seguenti.
Dove trovarne la causa se non nel fatto che essi non sono
più sentiti come meta da raggiungere, essendo state, bene o male, già
raggiunte.
Ogni generazione ha quindi le proprie lotte da sostenere,
ma il non tener conto che i successi compiuti dalle precedenti vanno tutelati significa non aver compreso la natura umana,
sempre pretendente per poi essere negligente, all'infuori del proprio
tornaconto.
Non dimentichiamo che ogni successo sociale è dipendente
dalla situazione economica esistente, per cui è necessario tenere assolutamente
in considerazione la necessità di correzione dell'attuale sistema, per renderlo
meglio idoneo a garantire almeno le esigenze elementari delle classi minori.
Di fatto si riscontra già oggi la tendenza a mettere in
discussione i successi sindacali del passato.
Bisogna anche aggiungere che il superamento delle
discriminazioni causate dal sistema economico richiede
la partecipazione cosciente di tutti i ceti della società, per evitare che i
laboriosi e diligenti siano sfruttati da chi intende vivere sulle loro spalle,
e di essi ce ne sono molti.
Anche la situazione sociale delle donne dipende
dall'andamento economico di un paese.
L'enorme sviluppo economico del dopoguerra creò, di fatto,
una forte necessità di manodopera che favorì il loro inserimento nel processo
lavorativo.
Da qui le donne afferrarono l'opportunità di rivincita,
dopo secoli di oltraggio e costrizioni subite da parte del maschio.
È difficile affermare se la perequazione dei diritti e
trattamento economico tra l'uomo e la donna sia realizzabile nel prossimo
futuro.
Fatto sta che l'attuale crisi frena ogni iniziativa di
compimento.
È anche riscontrabile che la forma tradizionale della
società abbia subito mutamenti radicali, con il risultato di un aumento
progressivo dei divorzi e di una minore procreazione.
La struttura secolare della famiglia, quale fondamento
della società, subisce da decenni una grave e profonda crisi, la cui fine non è
ancora prevedibile.
Anche i giovani risentono della mancanza di quei valori di vita che li invoglino all'esercizio di compiti superiori
per merito acquisito. Si riscontra che il lassismo esercitato in ogni campo
sociale li abbia resi deboli e impreparati. Gli ultimi decenni erano fin troppo
caratterizzati dal concetto che l'educazione dei giovani fosse meglio
realizzabile con la compiacenza e bontà, per evitare la ripetizione degli
avvenimenti del passato. La verità sta di fatto nel
mezzo: tra comprensione e dovere alla prestazione.
Mi sa che l'enorme espansione economica del passato abbia
reso la società troppo compiacente e fiduciosa nelle buone qualità dell'uomo.
La realtà della vita è ebbene fluttuante: una volta benigna ma poi di nuovo
maligna.
Da qui è meglio tenere in considerazione che Dio esista,
perché è una necessità compensatrice per l'uomo, ed esisterà fino a quando egli
non lo avrà raggiunto mentalmente e coscientemente.
Il vecchio credo è stato superato perché è stato abusato
per scopi della classe del potere a scapito delle
classi minori, allora ignoranti e timorose.
Si dovrebbe, oggi, riabilitarlo nel senso della parità e
solidarietà, onde far fronte alle moderne espressioni di vita che non
promettono nulla di buono per il futuro.
Riabilitarlo come amico e suggeritore
delle idee della salvezza umana, senza cadere nelle costrizioni del passato.
In effetti temo che
un ulteriore peggioramento dell'attuale crisi comporterà un impoverimento
massiccio della classe lavorativa, con il probabile, ma non certo, risultato
che l'individuo colpito cercherà nuovamente l'appoggio nell'unione di coppia e
preferibilmente nel nucleo famigliare.
Mi auguro che egli abbia imparato, dai sopra indicati
mutamenti, a comportarsi lealmente nell'ambito della famiglia, della società e
dello stato, di modo che la sua vita sia vivibile e desiderabile.
Tutto ciò segnalerebbe una mutazione durevole, e forse finale, dei poli e darebbe ragione alla necessità di
installare regole rigide di
comportamento e di costume, non per costrizione ma per intendimento
coscienzioso.