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  Editoriali  »  Stragi in mare. Cosa possiamo fare, di Ferdinando Camon 09/10/2013
 

Stragi in mare. Cosa possiamo fare?

di Ferdinando Camon

 

 

Quotidiani locali del Gruppo "Espresso-Repubblica" 5 ottobre 2013
 
 


Quelli che si sono salvati sono dei morti resuscitati. Ci guardano dall'aldilà. Tutti diciamo: basta, non possiamo vedere spettacoli come questo, “sono una vergogna”, dobbiamo arrestare gli scafisti, vigilare sulle nostre coste, bloccare i barconi appena salpano, insomma impedire che i miserabili del Terzo e Quarto Mondo muoiano così, questi non sono viaggi della speranza, sono viaggi dei suicidi. Chiediamo aiuto all'Europa: Lampedusa non è la porta dell'Italia, è la porta dell'Europa, anche gli Stati del Nord devono pattugliare il Mediterraneo del Sud. Come del resto una norma europea prevede. E allora, perché non succede? Perché se una nave norvegese imbarca dei naufraghi a sud della Sicilia, poi deve scaricarseli in Norvegia. E questo la Norvegia non lo vuole. Nessuno Stato europeo lo vuole. I naufraghi sono come la rogna, chi ce l'ha se la gratta. La Spagna è terribile nel respingimento. E infatti i migranti non vanno in Spagna, vengono qua. E così, un problema che dovrebb'essere mondiale è soltanto italiano: il problema dei migranti che ci muoiono in casa.
Muoiono per errore? Sbagliano i calcoli? Certo, è stolto imbarcarsi in 500 su una barca che può contenerne 40, è stupido far segnali col fuoco da una tolda unta di olio combustibile. Ma se sapessero i rischi che corrono, non partirebbero più? Chi pensa così (gran patte dei lettori), ha un'idea “dolce” della vita di questi migranti in patria. La verità è più amara. Questi migranti non sono costretti a una scelta tra una “vita passabile” in patria e una “morte atroce” in mare. Anche la vita in patria è una morte. Non hanno niente. Se hanno quattro figli, due muoiono prima dei vent'anni. Se vivono in una dittatura, i figli vengono arruolati casa per casa come schiavi. Ci sono ragazzi-soldati e bambini-soldati, e i bambini sono soldati più terribili dei ragazzi, perché sono obbedienti come robot e spericolati come animali. Nei paesi da cui vengono questi migranti morti, i ragazzi, se a diciott'anni hanno una ragazza, miserabile lui, miserabile lei, faranno figli miserabili. E ignoranti. Non hanno scuole. In questi giorni gira in Italia un documentario che s'intitola “Io vado a scuola” (bellissimo, andate a vederlo), e mostra come vanno a  scuola i ragazzi in Kenia, Marocco, India, Patagonia. Da 5 ore di camminata in India alle 15 di corsa in Kenia, tra bestie feroci. I maestri fan l'appello per scoprire chi è morto per strada. Quando mangiano, mangiano da cani (come i loro cani, non come i nostri). Se si ammalano, o guariscono da soli o crepano. Hanno l'Aids e tanti figli. Non sanno evitare i figli, perché loro fanno sesso, poi purtroppo vengono i figli. Le donne non fanno neanche sesso, lo subiscono come una tortura, prima sono figlie schiave e poi mogli schiave. I figli, per padri e madri, sono un peso morto. S'imbarcano senza neanche avvertire i genitori. Adesso che sono morti, le madri chiedono: “Diteci i nomi, vogliamo sapere se ci sono i nostri figli”. Mesi fa la polizia ha arrestato un marocchino nella mia città e ha avvertito la famiglia, la madre ha risposto: “Finalmente so dov'è, erano mesi che lo cercavo”. Restare a casa è per loro vivere una “morte interminabile”, imbarcarsi è rischiare una possibile “morte breve”. Di recente abbiamo visto approdare un barcone con una dozzina di morti e una dozzina di vivi, un vivo faceva con le dita il segno della V. Sono infrenabili. Partono a qualunque costo. Noi arrestiamo gli scafisti, ma non è che gli scafisti costringano i disperati a partire picchiandoli con i bastoni, la verità è che i disperati si ammassano a migliaia sulle spiagge di là del Mediterraneo aspettando una barca. Adesso in Libia ce ne sono 20mila pronti a partire. Chi pensa di fermarli cambiando le cose in Italia (più navi in pattuglia), non otterrà niente. Bisogna cambiare le cose in Libia. Somalia. Kenia. Siria. E via di seguito. Quando ci sono emigrazioni disperate come questa, il governo di quei paesi andrebbe processato “per strage” e bombardato in nome dell'Onu. La fame del Terzo e Quarto Mondo non può restare un problema del Terzo e Quarto Mondo. Il Terzo e Quarto Mondo non lo risolveranno mai. Deve diventare un problema del Primo Mondo. E cioè: entrare nell'Irpef dell'Occidente.

 

www.ferdinandocamon.it

 

 

 
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