Immigrazione:
avventura o diritto o semplicemente effetto di malgoverno globale
di Lorenzo Russo
Che cosa mi portò a
lasciare la mia terra, famiglia, amici, conoscenti, tutti appartenenti alla
stessa cultura, così che fu sempre facile per me
essere accettato e compreso, esprimermi senza l'impiego di parole non
appropriate per farmi comprendere e senza dover elevare il tono di voce per illustrare
e/o difendere il mio punto di vista, al confronto con quello degli altri
disputanti, amici, conoscenti o solo concorrenti casuali, invece che essere
costretto a tenermi in riserva per timore di essere abusato perché non
appartenente alla stessa cultura.
Il tragitto attraverso il
mare, nei miei sogni sempre visto come il comunicatore di voci e pensieri di
esseri di uno stesso mondo, da una sponda all'altra seguendo il moto delle
onde, da me immaginato come un muoversi nella stessa dimora di casa, diventò
per me un voler realizzare un desiderio di follia, perché irreale, simile
all'entrata negli inferi più bui mai immaginati.
A causa di un'avaria al
vecchio barcone, fin troppo stipato di anime in cerca di fortuna, fummo
costretti a buttarci in acqua, onde raggiungere la
riva, ancora lontana.
A mala pena riuscii a
raggiungerla, impiegando tutte le mie risorse di buon nuotatore, dove, sfinito,
caddi in un sonno liberatore.
Non so quanto tempo rimasi
sdraiato su quella spiaggia di sabbia morbida e fine, che mi accolse come una
madre accoglie un suo bambino, creduto perso e
finalmente ritrovato.
Dormii un sonno profondo,
durante il quale mi apparsero a vicenda immagini di diversa natura. Alcune mi
presentarono le difficoltà che avrei incontrato in questa terra straniera,
mentre altre mi incoraggiarono a proseguire perché
solo chi non cede potrà raccogliere i frutti del successo.
Ero ancora immerso in
queste apparizioni, quando fui svegliato dall'avvicinarsi di voci di uomini e
donne.
La paura mi prese, al
pensiero che fossero di persone non accoglienti, anzi addirittura avverse alla mia
presenza nella loro terra.
Non fu così e di fatto fui soccorso con compassione e tenerezza.
Dalle autorità del posto
fui accompagnato in un campo sovraffollatissimo di
migranti che avevano deciso di affrontare la stessa avventura. Da qui fui
trattato non male, ma a tal modo da sentire maggiormente le difficoltà di
sistemazione che avrei incontrato.
Da quando mondo è mondo, pensai, esiste l'immigrazione di chi stenta a
sopravvivere ed è costretto a spostarsi altrove.
Non mancai di pensare, se
il mio paese avesse trattato così umanamente così tanti immigrati come qui.
Che cosa si oppone, oggi, a
questa necessità naturale, se non il sistema economico del profitto, in mano ai
poteri internazionali e dei gruppi dell'alta finanza mondiale.
Quando è già chiaro che
loro mirano a fare affari per arricchirsi sempre di più, cosa si aspetta ad organizzarsi in sindacati internazionali efficienti, di
modo che si possa costringerli a spartire più equamente la ricchezza
accumulata.
La politica potrebbe fare
di più sostenendo un sistema educativo e istruttivo più efficiente, di modo che
i lavoratori siano in grado di affrontare le elevate
esigenze del mercato internazionale.
Una migliore istruzione
ridurrebbe anche il grado di prolificazione nei paesi del terzo e quarto mondo,
fattore determinante per un miglioramento decisivo
delle loro condizioni di vita.
È tempo che al concetto di
nazione e patria, limitata a un territorio, subentri quello di un mondo unico e
responsabile di ogni malgoverno o mala amministrazione, così come di male
adempimento dei doveri civili di ogni suo membro.
Il concetto di lavoro va
riveduto, di modo che il tempo, impiegato ad
eseguirlo, non sia più un fattore decisivo, mentre lo dovrebbe essere
maggiormente la qualità della prestazione, realizzabile attraverso
l'identificazione personale con il lavoro da compiere
Sono certamente concetti
ambiziosi che abbisognano di molto tempo a venire, ma
sarebbero gli unici a preservare questo mondo dal suo declino generale.
Lasciamo dietro a noi il passato, impariamo dai suoi molteplici conflitti
sostenuti per realizzare un presente e futuro migliore, sostenendo le nuove
cognizioni raggiunte in ogni campo della ricerca tecnica e scientifica, come
anche nel campo delle scienze sociali e quindi umanistiche.
I tempi
sono maturi per un
miglioramento qualitativo delle condizioni di vita dell'uomo, lo sono perché
l'uomo è arrivato a un bivio della sua esistenza, dove potrebbe sopravvivere
sostenendo la comunità intera con i nuovi mezzi da lui creati o sparire definitivamente
qualora continuasse a pensare unicamente a se stesso.
Lasciare entrare chiunque
abbia intenzione di farlo non risolverebbe i problemi ad
esso connessi. Mi riferisco a quelli riguardanti l'occupazione, le abitazioni e
l'accettazione da parte della popolazione che è costretta ad
ospitarlo.
Si assisterebbe a un
confronto tra culture fin troppo differenti e, di conseguenza, non facilmente
assimilabili da parte degli ospitanti che genererebbe gravi problemi in un
prossimo futuro, quando anche gli immigrati otterrebbero il diritto di votare i
loro rappresentanti nelle istituzioni dello stato che li ha ospitati. Una
cultura è il prodotto della storia di un paese, storia
formatasi nel corso dei secoli attraverso il superamento di conflitti che
generarono tantissime vittime e ingiustizie, da non volerla mettere nuovamente
a rischio.
Il flusso immigratorio non
deve inoltre diventare un assalto in massa verso un paese che ha di per sé già
grossi problemi sociali ed economici, soprattutto quando essi sono quasi
irrisolvibili per motivi di carattere etico e morale, ma deve procedere
gradualmente secondo la capacità di assunzione degli abitanti del posto.
Nonostante tutto è falso
considerare a priori l'immigrato un clandestino, cioè
uno che entra senza permesso.
Il reato di clandestinità è
un relitto del passato, quando gli stati erano continuamente in conflitto tra
di loro, ma non può esserlo nel mondo globalizzato.
Ritengo però di pari passo
necessario creare procedure, garantite da trattati internazionali e quindi da
rispettare, che regolino il flusso migratorio, per non costringere i paesi
maggiormente colpiti a ricorrere al mezzo del reato per motivi di difesa.
Fino a quando ogni paese è
più preso dai propri problemi, che poi non vengono
neanche risolti per disinteresse e/o incapacità formativa, sarà impossibile
dedicarsi a quelli mondiali, ignorando quindi che essi sono già da molti
decenni più che attuali e urgentemente da risolvere.
Che cosa ci porterà il
prossimo futuro dipenderà dalla capacità d'intesa di tutti gli stati di questo
mondo, e quando noto che l'Europa fa fatica a diventare un'unione di popoli,
allora riscontro come la sua politica sia inefficiente, se non addirittura
fallimentare.
Aggiungo che il fatto che nella organizzazione internazionale “ONU” alcuni stati
abbiano ancora il diritto di veto crea la permanente impossibilità
dell'organizzazione a prendere decisioni urgenti e immediate.
La
funzionalità dell'ONU va quindi
migliorata, soprattutto nei casi di soccorso umanitario, come lo è
l'immigrazione, costringendo gli stati membri a mettere a disposizione maggiori
mezzi economici, con i quali sostenere le economie deboli dei paesi colpiti
dall'emigrazione.
Nonostante tutto, spero in
un risveglio morale ed etico della coscienza umana, perché altrimenti ci
penserà la natura, che ci ospita, a risolvere i problemi rimasti irrisolti per
stupidità, ignoranza ed egoismo.