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  Editoriali  »  Immigrazione: avventura o diritto o semplicemente effetto di malgoverno globale, di Lorenzo 18/10/2013
 

Immigrazione: avventura o diritto o semplicemente effetto di malgoverno globale

di Lorenzo Russo

 

 

Che cosa mi portò a lasciare la mia terra, famiglia, amici, conoscenti, tutti appartenenti alla stessa cultura, così che fu sempre facile per me essere accettato e compreso, esprimermi senza l'impiego di parole non appropriate per farmi comprendere e senza dover elevare il tono di voce per illustrare e/o difendere il mio punto di vista, al confronto con quello degli altri disputanti, amici, conoscenti o solo concorrenti casuali, invece che essere costretto a tenermi in riserva per timore di essere abusato perché non appartenente alla stessa cultura.

Il tragitto attraverso il mare, nei miei sogni sempre visto come il comunicatore di voci e pensieri di esseri di uno stesso mondo, da una sponda all'altra seguendo il moto delle onde, da me immaginato come un muoversi nella stessa dimora di casa, diventò per me un voler realizzare un desiderio di follia, perché irreale, simile all'entrata negli inferi più bui mai immaginati.

A causa di un'avaria al vecchio barcone, fin troppo stipato di anime in cerca di fortuna, fummo costretti a buttarci in acqua, onde raggiungere la riva, ancora lontana.

A mala pena riuscii a raggiungerla, impiegando tutte le mie risorse di buon nuotatore, dove, sfinito, caddi in un sonno liberatore.

Non so quanto tempo rimasi sdraiato su quella spiaggia di sabbia morbida e fine, che mi accolse come una madre accoglie un suo bambino, creduto perso e finalmente ritrovato.

Dormii un sonno profondo, durante il quale mi apparsero a vicenda immagini di diversa natura. Alcune mi presentarono le difficoltà che avrei incontrato in questa terra straniera, mentre altre mi incoraggiarono a proseguire perché solo chi non cede potrà raccogliere i frutti del successo.

Ero ancora immerso in queste apparizioni, quando fui svegliato dall'avvicinarsi di voci di uomini e donne.

La paura mi prese, al pensiero che fossero di persone non accoglienti, anzi addirittura avverse alla mia presenza nella loro terra.

Non fu così e di fatto fui soccorso con compassione e tenerezza.

Dalle autorità del posto fui accompagnato in un campo sovraffollatissimo di migranti che avevano deciso di affrontare la stessa avventura. Da qui fui trattato non male, ma a tal modo da sentire maggiormente le difficoltà di sistemazione che avrei incontrato.

Da quando mondo è mondo, pensai, esiste l'immigrazione di chi stenta a sopravvivere ed è costretto a spostarsi altrove.

Non mancai di pensare, se il mio paese avesse trattato così umanamente così tanti immigrati come qui.

Che cosa si oppone, oggi, a questa necessità naturale, se non il sistema economico del profitto, in mano ai poteri internazionali e dei gruppi dell'alta finanza mondiale.

Quando è già chiaro che loro mirano a fare affari per arricchirsi sempre di più, cosa si aspetta ad organizzarsi in sindacati internazionali efficienti, di modo che si possa costringerli a spartire più equamente la ricchezza accumulata.

La politica potrebbe fare di più sostenendo un sistema educativo e istruttivo più efficiente, di modo che i lavoratori siano in grado di affrontare le elevate esigenze del mercato internazionale.

Una migliore istruzione ridurrebbe anche il grado di prolificazione nei paesi del terzo e quarto mondo, fattore determinante per un miglioramento decisivo delle loro condizioni di vita.

È tempo che al concetto di nazione e patria, limitata a un territorio, subentri quello di un mondo unico e responsabile di ogni malgoverno o mala amministrazione, così come di male adempimento dei doveri civili di ogni suo membro.

Il concetto di lavoro va riveduto, di modo che il tempo, impiegato ad eseguirlo, non sia più un fattore decisivo, mentre lo dovrebbe essere maggiormente la qualità della prestazione, realizzabile attraverso l'identificazione personale con il lavoro da compiere

Sono certamente concetti ambiziosi che abbisognano di molto tempo a venire, ma sarebbero gli unici a preservare questo mondo dal suo declino generale.

Lasciamo dietro a noi il passato, impariamo dai suoi molteplici conflitti sostenuti per realizzare un presente e futuro migliore, sostenendo le nuove cognizioni raggiunte in ogni campo della ricerca tecnica e scientifica, come anche nel campo delle scienze sociali e quindi umanistiche.

I tempi sono maturi per un miglioramento qualitativo delle condizioni di vita dell'uomo, lo sono perché l'uomo è arrivato a un bivio della sua esistenza, dove potrebbe sopravvivere sostenendo la comunità intera con i nuovi mezzi da lui creati o sparire definitivamente qualora continuasse a pensare unicamente a se stesso.

Lasciare entrare chiunque abbia intenzione di farlo non risolverebbe i problemi ad esso connessi. Mi riferisco a quelli riguardanti l'occupazione, le abitazioni e l'accettazione da parte della popolazione che è costretta ad ospitarlo.

Si assisterebbe a un confronto tra culture fin troppo differenti e, di conseguenza, non facilmente assimilabili da parte degli ospitanti che genererebbe gravi problemi in un prossimo futuro, quando anche gli immigrati otterrebbero il diritto di votare i loro rappresentanti nelle istituzioni dello stato che li ha ospitati. Una cultura è il prodotto della storia di un paese, storia formatasi nel corso dei secoli attraverso il superamento di conflitti che generarono tantissime vittime e ingiustizie, da non volerla mettere nuovamente a rischio.

Il flusso immigratorio non deve inoltre diventare un assalto in massa verso un paese che ha di per sé già grossi problemi sociali ed economici, soprattutto quando essi sono quasi irrisolvibili per motivi di carattere etico e morale, ma deve procedere gradualmente secondo la capacità di assunzione degli abitanti del posto.

Nonostante tutto è falso considerare a priori l'immigrato un clandestino, cioè uno che entra senza permesso.

Il reato di clandestinità è un relitto del passato, quando gli stati erano continuamente in conflitto tra di loro, ma non può esserlo nel mondo globalizzato.

Ritengo però di pari passo necessario creare procedure, garantite da trattati internazionali e quindi da rispettare, che regolino il flusso migratorio, per non costringere i paesi maggiormente colpiti a ricorrere al mezzo del reato per motivi di difesa.

Fino a quando ogni paese è più preso dai propri problemi, che poi non vengono neanche risolti per disinteresse e/o incapacità formativa, sarà impossibile dedicarsi a quelli mondiali, ignorando quindi che essi sono già da molti decenni più che attuali e urgentemente da risolvere.

Che cosa ci porterà il prossimo futuro dipenderà dalla capacità d'intesa di tutti gli stati di questo mondo, e quando noto che l'Europa fa fatica a diventare un'unione di popoli, allora riscontro come la sua politica sia inefficiente, se non addirittura fallimentare.

Aggiungo che il fatto che nella organizzazione internazionale “ONU” alcuni stati abbiano ancora il diritto di veto crea la permanente impossibilità dell'organizzazione a prendere decisioni urgenti e immediate.

La funzionalità dell'ONU va quindi migliorata, soprattutto nei casi di soccorso umanitario, come lo è l'immigrazione, costringendo gli stati membri a mettere a disposizione maggiori mezzi economici, con i quali sostenere le economie deboli dei paesi colpiti dall'emigrazione.

Nonostante tutto, spero in un risveglio morale ed etico della coscienza umana, perché altrimenti ci penserà la natura, che ci ospita, a risolvere i problemi rimasti irrisolti per stupidità, ignoranza ed egoismo.

 

 
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