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  Editoriali  »  La guerra di Troia: un evento che si ripete sempre, di Lorenzo Russo 04/11/2013
 

La guerra di Troia: un evento che si ripete sempre

di Lorenzo Russo

 

 

In questa mia, mi riferisco alla guerra di Troia, un evento storico che si ripete sempre. Fu un conflitto epocale, al quale parteciparono eroi forti e coraggiosi negli anni migliori della loro vita per dimostrare di essere fatti per grosse imprese. In verità, si trattò di una guerra come tutte le altre, prima e dopo di lei, fino ai giorni nostri; gli stessi tipi di protagonisti, organizzatori, costruttori, stimolatori, sempre in azione e pronti al tutto pur di realizzare i loro fini. 

Tra i greci, Agamennone e Menelao erano i più grezzi, Achille il più vanitoso e narcisista, Diomede e Ajaccio erano abili, impavidi, forti, e nobili in quanto fedeli alla parola data, Nestore il più saggio di tutti, era coraggioso ed umano nel suo modo di agire, un altro, Stentore, era abile ed efficacissimo nel rincuorare i suoi compagni a resistere nei momenti sfavorevoli del conflitto. Le urla che emanava erano talmente forti e dominanti da sgomentare il nemico e costringerlo alla ritirata.

Paride, come sempre nascosto dietro le mura, capì la situazione e lo colpì con una freccia mortale, causando la ritirata del nemico, ridivenuto nuovamente impaurito e debole.

Achille, il narcisista-presuntuoso, una volta ritiratosi dal conflitto per non aver ricevuto, a suo dire, la dovuta riverenza da parte di Agamennone nella spartizione dei beni presi in ostaggio, decise di riprendere il confronto con il nemico solo dopo la morte del suo amato e amante compagno Patroclo. Lo fece per appagare il suo dolore, alimentato maggiormente dalla follia del suo carattere, uccidendo Ettore, anche lui impavido e coraggioso, ma già segnato dal suo destino.

Ettore è l'eroe che preferisco; oltre ad essere il più abile, forte e coraggioso dei Troiani, dimostrò in molte occasioni, come nel congedarsi dai suoi cari prevedendo la propria fine, di avere anche altre qualità, quali tenerezza, sensibilità, senso del dovere e coscienza dei suoi limit, tutte espressioni umane che ne fanno di lui un personaggio saggio e da onorare.

I protagonisti, finita la guerra, tornarono a casa soddisfatti di aver ottenuto finalmente quel che si aspettavano, ma disfatti nel loro animo per il prezzo pagato.

Loro, i vincitori, pagarono un prezzo troppo alto che non coprì di gran misura ciò che persero: una famiglia a casa non rimasta più intatta, la serenità del loro spirito sconfitto dalle atrocità vissute, dal troppo sangue sparso, dalla troppa crudeltà subita e inflitta al nemico, che infine apparse loro con virtù e necessità simili e di conseguenza non più nemico e quindi da considerare e rispettare.

Si sentirono così più vinti dei vinti, i quali pagando con la vita diventarono un esempio da seguire. Essi avrebbero preferito la stessa sorte, piuttosto che ritornare a casa così distrutti.

Nessun eroe sopravvisse a lungo alle conseguenze della loro gioventù travagliata e rovinata dalla grande guerra. Furono conseguenze che li inseguìrono fino alla loro fine, non più temuta, ma desiderata.

L'apocalisse del dopoguerra è più severa e tragica della guerra stessa, perché solo dopo si capisce di essersi lasciati andare all'euforia e spavalderia degli anni giovani.

 Fu una guerra ingiusta che inflisse sofferenze e atrocità agli “eroi nemici” e alle loro famiglie.

Il grado di distruzione umana e materiale non conosce limiti, colpisce qui tutti in uguale misura.

È il momento nel quale l'animo umano si accorge d'essere stato ingannato per essersi dato a buon prezzo per motivi e ideali falsi.

Sono eroi con una personalità morbosa ed egoista, troppa puntualizzata sul proprio “IO”, da non poter distinguere l'ingiustizia dalla giustizia, il nemico dall'amico.

L'uomo pagò così un prezzo troppo alto, più alto dell'ottenuto. A chi dare la colpa, se non alla natura, che lo rende protagonista di atrocità senza la coscienza di reazione.

Con ogni guerra si paga il prezzo da lei richiesto e lo si farà fino a quando non si sapranno risolvere i problemi senza l'uso della forza, superando la diffidenza, la prepotenza e l'egoismo.

Troppo fu in gioco. Il dominio su quella parte del mare Egeo che porta all'Asia Minore fu per entrambe le parti d'importanza vitale, così come lo è oggi il petrolio.

Per ottenerlo si incomincia con il propagare la necessità urgente di eliminare i piccoli dittatori, chiamati terroristi, che si oppongono all'intrusione esterna nel loro paese, e lo fanno diffondendo il motivo di voler portare democrazia e libertà.

Non fu il ratto d'Elena che offese il maschio Menelao, torto che avrebbe superato con tante altre femmine, ancora più belle, a causare la guerra.

S'intravvede un parallelo nelle cause delle guerre d'allora e d'oggi; il prezzo lo pagano sempre i più deboli che, non legati ai grandi profitti, sono facilmente disposti alla convivenza con i vicini e alla ripartizione del poco in loro possesso.

A pagare è sempre il popolo minuto che, ispirato dagli ideali di onestà, purtroppo dettati dall'ingenuità dei buoni, si lascia facilmente convincere da chi gli promette benessere e gloria di patria.

Egli paga in forma di sofferenze fisiche, morali e materiali. In effetti a lui non rimane altro che il destino dei rimasti nella miseria comune di un popolo.

I Greci, come li descrive Omero, fanno una brutta figura. Grezzi, avidi, presuntuosi, prepotenti e arroganti sono l'immagine di occupanti che vogliono imporre ed eliminare una cultura formatasi nel corso dei secoli.

I Troiani sono i vinti perché hanno perso la loro patria, ma anche i vittoriosi perché hanno dato tutto, fino alla rinuncia alla loro vita per difendere i propri ideali, la propria identità e cultura.

In una guerra, quindi, non ci sono né vinti né vincitori, ma solo “Perdenti”, essendo una prova d'inciviltà e immaturità il voler risolvere i problemi umani con la forza e non con la ragione e il compromesso.

L'Umanità perde qui un'occasione di dimostrare che è progredita, evoluta e pronta alle richieste del futuro.

La globalizzazione in atto è la nostra ultima prova di maturità. Il suo fallimento creerà un conflitto disastroso e senza scampo per tutti. Il suo successo, invece, aprirà la strada alla formazione di una società libera e democratica, nella quale ogni singolo è sua parte essenziale.

Sarà una comunità di esseri coscienti di poter raggiungere pace e serenità nell'unità.

Sarà la realizzazione di ciò che fin dall'inizio dei tempi è lo scopo della vita, anche se sul suo procedere si riscontrano continui e alternanti progressi e regressi.

Seguendo l'annunciazione del cristianesimo, si apprende come agire per realizzare un mondo pacifico ed equo. Ama il tuo prossimo come te stesso, c'insegna. In effetti ognuno si rispecchia in lui e, assimilando i suoi pregi e difetti -differenti dai propri- ci si accorge di aver bisogno di lui.

Chi si sacrifica in questa vita per una causa giusta, cresce in essa e ne viene ripagato con la convinzione di agire giustamente.

È giusto vivere questa vita solo se si è pronti a lasciarla, quando le vicende e le nostre convinzioni lo richiedessero.

 

 
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