La guerra di Troia: un evento che si ripete sempre
di
Lorenzo Russo
In
questa mia, mi riferisco alla guerra di Troia, un evento storico che si ripete
sempre. Fu un conflitto epocale, al quale
parteciparono eroi forti e coraggiosi negli anni migliori della loro vita per
dimostrare di essere fatti per grosse imprese. In verità, si trattò di una
guerra come tutte le altre, prima e dopo di lei, fino ai giorni nostri; gli
stessi tipi di protagonisti, organizzatori, costruttori, stimolatori, sempre in
azione e pronti al tutto pur di realizzare i loro fini.
Tra
i greci, Agamennone e Menelao erano i più grezzi,
Achille il più vanitoso e narcisista, Diomede e Ajaccio erano abili, impavidi,
forti, e nobili in quanto fedeli alla parola data,
Nestore il più saggio di tutti, era coraggioso ed umano nel suo modo di agire,
un altro, Stentore, era abile ed efficacissimo nel
rincuorare i suoi compagni a resistere nei momenti sfavorevoli del conflitto.
Le urla che emanava erano talmente forti e dominanti
da sgomentare il nemico e costringerlo alla ritirata.
Paride,
come sempre nascosto dietro le mura, capì la situazione e lo colpì con una
freccia mortale, causando la ritirata del nemico, ridivenuto nuovamente
impaurito e debole.
Achille,
il narcisista-presuntuoso, una volta ritiratosi dal conflitto per non aver
ricevuto, a suo dire, la dovuta riverenza da parte di Agamennone nella
spartizione dei beni presi in ostaggio, decise di riprendere il confronto con
il nemico solo dopo la morte del suo amato e amante compagno Patroclo. Lo fece per appagare il suo dolore, alimentato
maggiormente dalla follia del suo carattere, uccidendo Ettore, anche lui
impavido e coraggioso, ma già segnato dal suo destino.
Ettore
è l'eroe che preferisco; oltre ad essere il più abile, forte e coraggioso dei
Troiani, dimostrò in molte occasioni, come nel congedarsi dai suoi cari
prevedendo la propria fine, di avere anche altre qualità, quali
tenerezza, sensibilità, senso del dovere e coscienza dei suoi limit, tutte espressioni umane che ne fanno di lui un
personaggio saggio e da onorare.
I
protagonisti, finita la guerra, tornarono a casa soddisfatti di aver ottenuto
finalmente quel che si aspettavano, ma disfatti nel
loro animo per il prezzo pagato.
Loro,
i vincitori, pagarono un prezzo troppo alto che non coprì di gran misura ciò
che persero: una famiglia a casa non rimasta più
intatta, la serenità del loro spirito sconfitto dalle atrocità vissute, dal
troppo sangue sparso, dalla troppa crudeltà subita e inflitta al nemico, che
infine apparse loro con virtù e necessità simili e di conseguenza non più
nemico e quindi da considerare e rispettare.
Si sentirono così
più vinti dei vinti, i quali pagando con la vita diventarono un esempio da
seguire. Essi avrebbero preferito la stessa sorte, piuttosto che ritornare a
casa così distrutti.
Nessun
eroe sopravvisse a lungo alle conseguenze della loro
gioventù travagliata e rovinata dalla grande guerra. Furono conseguenze che li inseguìrono fino alla loro fine, non più temuta, ma
desiderata.
L'apocalisse
del dopoguerra è più severa e tragica della guerra stessa, perché solo dopo si
capisce di essersi lasciati andare all'euforia e spavalderia degli anni
giovani.
Fu
una guerra ingiusta che inflisse sofferenze e atrocità agli “eroi nemici” e
alle loro famiglie.
Il
grado di distruzione umana e materiale non conosce limiti, colpisce qui tutti
in uguale misura.
È
il momento nel quale l'animo umano si accorge d'essere stato ingannato per
essersi dato a buon prezzo per motivi e ideali falsi.
Sono
eroi con una personalità morbosa ed egoista, troppa puntualizzata sul proprio
“IO”, da non poter distinguere l'ingiustizia dalla giustizia, il nemico
dall'amico.
L'uomo
pagò così un prezzo troppo alto, più alto
dell'ottenuto. A chi dare la colpa, se non alla
natura, che lo rende protagonista di atrocità senza la coscienza di reazione.
Con ogni guerra
si paga il prezzo da lei richiesto e lo si farà fino a
quando non si sapranno risolvere i problemi senza l'uso della forza, superando
la diffidenza, la prepotenza e l'egoismo.
Troppo
fu in gioco. Il dominio su quella parte del mare Egeo che porta all'Asia Minore
fu per entrambe le parti d'importanza vitale, così come lo è oggi il petrolio.
Per
ottenerlo si incomincia con il propagare la necessità
urgente di eliminare i piccoli dittatori, chiamati terroristi, che si oppongono
all'intrusione esterna nel loro paese, e lo fanno diffondendo il motivo di
voler portare democrazia e libertà.
Non
fu il ratto d'Elena che offese il maschio Menelao,
torto che avrebbe superato con tante altre femmine, ancora più belle, a causare
la guerra.
S'intravvede
un parallelo nelle cause delle guerre d'allora e d'oggi; il prezzo lo pagano
sempre i più deboli che, non legati ai grandi profitti, sono facilmente
disposti alla convivenza con i vicini e alla ripartizione del poco in loro
possesso.
A
pagare è sempre il popolo minuto che, ispirato dagli ideali di onestà,
purtroppo dettati dall'ingenuità dei buoni, si lascia facilmente convincere da
chi gli promette benessere e gloria di patria.
Egli
paga in forma di sofferenze fisiche, morali e materiali. In
effetti a lui non rimane altro che il destino dei rimasti nella miseria
comune di un popolo.
I
Greci, come li descrive Omero, fanno una brutta figura. Grezzi, avidi,
presuntuosi, prepotenti e arroganti sono l'immagine di occupanti che vogliono
imporre ed eliminare una cultura formatasi nel corso dei secoli.
I
Troiani sono i vinti perché hanno perso la loro patria, ma anche i vittoriosi
perché hanno dato tutto, fino alla rinuncia alla loro vita per difendere i
propri ideali, la propria identità e cultura.
In
una guerra, quindi, non ci sono né vinti né vincitori, ma solo “Perdenti”,
essendo una prova d'inciviltà e immaturità il voler risolvere i problemi umani
con la forza e non con la ragione e il compromesso.
L'Umanità
perde qui un'occasione di dimostrare che è progredita, evoluta e pronta alle
richieste del futuro.
La
globalizzazione in atto è la nostra ultima prova di maturità. Il suo fallimento
creerà un conflitto disastroso e senza scampo per tutti. Il suo successo,
invece, aprirà la strada alla formazione di una società libera e democratica, nella quale ogni singolo è sua parte essenziale.
Sarà una comunità
di esseri coscienti di poter raggiungere pace e serenità nell'unità.
Sarà la
realizzazione di ciò che fin dall'inizio dei tempi è lo scopo della vita, anche
se sul suo procedere si riscontrano continui e
alternanti progressi e regressi.
Seguendo
l'annunciazione del cristianesimo, si apprende come agire per realizzare un
mondo pacifico ed equo. Ama il tuo prossimo come te stesso, c'insegna. In effetti ognuno si rispecchia in lui e, assimilando i suoi
pregi e difetti -differenti dai propri- ci si accorge di aver bisogno di lui.
Chi
si sacrifica in questa vita per una causa giusta, cresce in essa e ne viene ripagato con la convinzione di agire giustamente.
È giusto vivere
questa vita solo se si è pronti a lasciarla, quando le vicende e le nostre
convinzioni lo richiedessero.