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  Editoriali  »  Uccidere in nome di Dio, di Ferdinando Camon 24/08/2014
 

Uccidere in nome di Dio

di Ferdinando Camon

 

 

Quotidiani locali del Gruppo "Espresso"-"Repubblica" 12 agosto 2014

 

 

La violenza con cui l'esercito jihadista dell'Isis (l'autoproclamato Stato Islamico, il cosiddetto Califfato) stermina le minoranze religiose deve fare paura a tutti, anche a coloro che non sono presenti nella zona. L'America fa bene a inviare i suoi mezzi, e fa bene a non inviare i suoi uomini. L'Italia fa bene a porsi il problema di come aiutare i perseguitati, fermo restando che non può impegnarsi in un nuovo fronte di guerra. Il capo del Cattolicesimo fa bene a pronunciare in un discorso pubblico, in Piazza San Pietro, le chiare e nobili parole: "Non si porta l'odio in nome di Dio, non si fa la guerra in nome di Dio". Ma ragioniamo: cosa fa l'esercito dell'Isis? E perché? Come possono, i suoi miliziani, attuare questa violenza disumana? Sono cosí diversi, come uomini, da noi cristiani?
Il Papa esprime il pensiero di noi tutti, quando dice che non si può infliggere la violenza e fare la guerra in nome di Dio. Grande Papa, questo. Pratica e predica una religione che tiene conto degli insegnamenti della storia, dell'antropologia, della psicologia, delle scienze. Ma è sempre stato così, il Cristianesimo? O ci sono state epoche in cui, purtroppo, anche la nostra religione ha torturato e perseguitato e ucciso, in nome delle sue verità? Ragionare su questo, cioè su di noi, cosa siamo stati, cosa abbiamo fatto, e come ci è stato possibile, può aiutarci a capire cosa fanno adesso gli altri, come gli sia possibile.
Cosa fanno? Dove arrivano, i jihadisti annunciano: "Questo è un territorio islamico, chi non è islamico deve andarsene subito o convertirsi all'Islam o pagare una tassa". Pagare la tassa pare che non serva a niente, se non a rivelarsi come non-islamico e quindi esporsi alle rappresaglie e alle persecuzioni. Le case dei non-islamici, scoperti o auto-rivelatisi, vengono contrassegnate con una scritta che equivale di fatto a un sequestro. Giornali e televisioni raccontano, esibendo testimonianze, che a centinaia o mezze migliaia i non islamici vengono radunati in fosse comuni, e qui uccisi o sepolti vivi. I miliziani, vestiti di nero, avanzano in disordine, non sono un esercito ma squadroni, armati di kalahsnikov ma anche di armi di reparto, inseguono gli sbandati, sparano agli uomini e alle donne, catturano le ragazze. E tutta questa violenza nel nome della fede. Scrivo questa parola, "fede", e mi balza alla mente l'espressione "auto da . "Auto da " significa in spagnolo "atto di fede". Indicava i roghi in cui venivano bruciati pubblicamente gli eretici e i disobbedienti alla Chiesa Cattolica. E questa doppia valenza perché durante i roghi il popolo, che assisteva numeroso, mentre il condannato bruciava e urlava, il popolo, dicevo, recitava ad alta voce l'Atto di Fede. Era l'Atto di Fede, la somma delle verità in cui il popolo dichiarava di credere, che rendeva possibile accendere i roghi e assistere alla morte per fuoco. Ed è il grido Allah-u-Akbar che rende possibile uccidere o seppellire vivi i non-islamici da parte dei miliziani dell'Isis. Da una parte ci sono uomini che muoiono urlando di dolore, dall'altra parte c'è un Dio al quale in questo modo tu rendi onore. Quando l'uomo vale meno della tua idea, quell'uomo non vale niente. Una ragazzina di Al-Qaida che stava per farsi saltare in aria in un attacco suicida ha registrato un video da lasciare alla madre come ricordo: "Mamma, non piangere, non vedo l'ora di bussare alla porta di Allah con i crani degli infedeli". Se le nostre teste d'infedeli servono per picchiare alla porta di Allah e farsela aprire, allora la nostra vita ha un valore infimo, ucciderci non è un crimine contro l'umanità, che l'assassino dovrà scontare, ma un atto con cui l'assassino raggiunge la propria santificazione. Dopo averci uccisi, l'assassino è a posto con la coscienza più di prima. E così questi assassini e violentatori e stragisti dell'Isis. Dov'è la deviazione di loro oggi, e di noi ieri? L'ho già scritto, è qui: nel ritenere che Dio è il Bene (una cosa è buona se piace a Dio) non che il Bene è Dio (una cosa piace a Dio se è buona). I combattenti dell'Isis, cioè del Califfato autoproclamato, ci metteranno un secolo a correggere questo errore. Nessuna meraviglia, ci abbiamo messo secoli anche noi. La formula che "una cosa è buona se piace a Dio" è la fonte dei grandi Mali della Storia. Perché se il tuo Dio è Hitler o Stalin o Franco o Mussolini, allora, per compiacerlo, fai tutte le porcherie che noi europei ben conosciamo. Siamo ancora qui che espiamo, agli occhi del mondo. I miliziani dell'Isis sono nella fase della colpa, l'espiazione comincerà domani. L'augurio è che il domani venga presto.

 

www.ferdinandocamon.it

 

 

 

 
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