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  Editoriali  »  Spending review, di Renzo Montagnoli 23/10/2014
 

Spending review

di Renzo Montagnoli

 

 

 

Chissà perché ai nostri politici piace tanto la lingua inglese, con cui intercalano i loro vacui discorsi in modo da renderli ancora più incomprensibili. Comprendo che a volte ci siano termini pressoché intraducibili, ma “Revisione della spesa” è tutto sommato migliore di questo “Spending review”, spesso pronunciato erroneamente. Lo scopo però dell'articolo non è questa mania degli anglicismi, bensì vedere un po' la Legge di stabilità propinataci da un Renzi che parla troppo, promette tanto e mantiene poco o niente.

Occorre dire ci sono provvedimenti che non possono non piacere ai destinatari, come la conferma del bonus di 80 euro, il taglio dell'Imposta regionale sulle attività produttive, l'azzeramento dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato,  i fondi per i nuovi ammortizzatori, il taglio di 5 miliardi dell'IRAP sul lavoro. Renzi assicura che in pratica in questo modo figurano 18 miliardi di tasse in meno e mi sforzo di crederci, e dopo si comprenderà il perché. A parte che alcuni provvedimenti nell'ottica di rilanciare l'economia hanno una loro validità e nel complesso la manovra può anche sembrare atta allo scopo, tuttavia c'è un macroscopico punto debole: le coperture. Analizziamole: 3,6 miliardi derivano dall'aumento della tassazione delle rendite finanziarie, 3,8 dalla lotta all'evasione, 11 miliardi da un aumento del deficit che il prossimo anno dovrebbe risultare il 2,9% del PIL, contro il 2,2% previsto, 15 miliardi, la fetta più grossa, dalla spending review, poi per la differenza da fonti e interventi vari; insomma la manovra vale nel complesso 36 miliardi. È un valore rilevante e temo che non riuscirà andare in porto a pieno regime, perché la copertura delle spese, cioè le nuove entrate per lo stato sono aleatorie; tanto per intenderci, i 3,8 miliardi di lotta all'evasione, una quisquiglia perché una decisa lotta all'evasione dovrebbe permettere di introitare almeno il triplo, sono solo sulla carta, e cioè ammesso che si individuino gli evasori, che le imposte da loro dovute si quantifichino in almeno 3,8 miliardi, ma da lì ad incassarle ne passa di tempo, fra ricorsi e controricorsi, tanto che statisticamente poi lo stato non riesce mai a incamerare più del 40% del dovuto; gli 11 miliardi derivanti dall'aumento del deficit, cioè un ulteriore indebitamento sono sì nei termini massimi fissati dall'Unione Europea del 3% del PIL, ma occorre verificare due dati: la veridicità del debito pubblico e, soprattutto, il prodotto interno lordo che effettivamente si raggiungerà, e quindi anche lì non c'è certezza; resterebbero i 15 miliardi di spending review, ma che cosa si taglia in effetti? Il grosso è dato da minori trasferimenti agli enti locali  (4 miliardi alle regioni, 1,4 ai comuni, 1 alle province). E' inevitabile che ci saranno dei contraccolpi e data la possibilità impositiva di questi enti, non è improbabile che ci toccherà assistere a nuovi

tagli contestualmente a nuove tasse. Insomma con la manovra si danno soldi da una parte, e se ne tolgono dall'altra, con l'aggravante che beneficiari e vessati raramente coincideranno.

E a proposito di spending review ci sarebbero degli interventi strutturali di grande efficacia e a costo zero, come l'accorpamento fra comuni (in Italia ci sono troppi piccoli comuni), la riduzione delle partecipate (ben 9.000 da noi contro nemmeno le 1.000 della pur statalista Francia), l'uniformità della spesa sanitaria, pari ad almeno il 60% delle uscite regionali. Se con i primi due interventi i benefici sarebbero tangibili, ma non di grande entità, con il terzo le cose cambierebbero parecchio, perché non è possibile che ci siano regioni in cui il costo di una comune siringa sterile è di 10 centesimi ed altre dove invece è di un Euro; è illogico che quasi ovunque nella sanità regionale il numero degli amministrativi sia di molto superiore a quello dei medici e degli infermieri. Come è possibile comprendere, se si agisse in questi comparti i risparmi sarebbero colossali e i servizi migliori, ma è evidente che ci sono interessi contrastanti, che i costi diversi dello stesso prodotto sono probabilmente conseguenze di tangenti e allora si ritorna all'eterno problema della nostra nazione, e cioè la corruzione. Purtroppo, l'esperienza insegna che corruzione e politica vanno a braccetto, e che quindi nella sostanza nulla si fa per debellarla Occorrerebbero pene severissime, magari anche i lavori forzati, ma già le sanzioni sulla carta sono modeste e poi, grazie all'imperante sistema che tutela i colpevoli e non gli innocenti, da noi in galera non va nessuno, a meno che non sia un morto di fame che ha rubato per mangiare.  

 

 

 
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