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  Editoriali  »  Siamo una società retta o distorta, di Lorenzo Russo 23/10/2014
 

Siamo una società retta o distorta?

di Lorenzo Russo

 

 

Questa domanda mi pongo ogni volta che leggo le ultime notizie del giorno. Una società retta dovrebbe riconoscere la necessità dell'intransigenza davanti ai casi di buonismo verso soggetti che hanno compiuto azioni nocive per il bene della società sia dal punto di vista etico, morale ed educativo. Un tale buonismo rischia di generare incapacità collettiva di discernere il lecito dall'illecito, fino a creare stagnazione e passività generale nel singolo e nella comunità. Una società ha bisogno, per svilupparsi positivamente, di regole certe e concordanti con i diritti e, in uguale valore, con i doveri dei suoi membri. Quando noto che l'illecito non viene perseguito dagli appositi organi per ragioni di convenienza di parte o per il semplice credo che il trasgressore di turno sia tutto in fondo una persona per bene e che quindi l'accaduta trasgressione non si ripeterà, non posso che prevedere la fine della legalità e l'inizio dell'anarchismo civile, per non dire morale ed etico. Una tale società è destinata a dissolversi o cadere in balia di persone autoritarie e dispotiche. Finita la grande guerra, che creò i più gravi e tragici accadimenti della storia dell'uomo, i rimasti superstiti decisero di opporsi ad ogni forma di autoritarismo. Decisero, quindi, di aprirsi alla forma societaria democratica e liberale. Mai più guerre, mai più carri armati in marcia verso nuove frontiere per imporre la volontà di uno o più fanatici di potere. Fin qui, giusto e necessario. La tragica esperienza fatta durante il conflitto non poteva che far crescere una ideologia del tutto contraria alla vecchia. Peccato che non si sia tenuto conto del fattore umano. Di fatto è proprio dell'uomo navigare da un'estremità all'altra: prima intransigente contro ogni forma di diverso dal proprio e dopo buono nel credo che il buonismo sia capace di formare l'uomo retto e giusto. Non credo che questo navigare accada per sua diretta colpa, cioè che egli sia del tutto colpevole delle sue condizioni di vita, perchè penso che la sua esistenza terrena tragga le energie proprio dalle continue contraddizioni in atto e generate anche dal suo permanente stato d'incoscienza che lo spingono a superarle. Dalla percezione delle avversità sorge l'energia di reazione, senza mai riuscirci a superarle, come mi sembra. Una situazione di scacco matto, dal quale è difficilissimo uscirne, se non trasferendosi nella fede trascendentale, loco dove la materia viene regolata dalle forze divine del cielo quando fossero assunte e intese giustamente. Finora è stato trascurato che l'uomo non potrà mai essere retto e giusto senza la capacità e volontà di voler creare un sistema di sostenimento collettivo equo. Il capitalismo liberale è di certo un sistema produttivo efficace, se non fosse che serve unicamente ad arricchire i soliti pochi affaristi e faccendieri, a costo della grande massa di lavoratori che rimane così sottoposta e da sfruttare, giacchè la ricchezza non può essere un appannaggio per tutti. Qui sta il nocciolo della questione, la cui soluzione risiede nella volontà effettiva della massa popolare di emanciparsi dovutamente, fatto che tuttora non si riscontra. Aggiungo, qui, la necessità di formare una coscienza emancipatoria che tenga conto che non è la ricchezza materiale a risolvere i problemi esistenziali dell'uomo, bensì il diritto al lavoro insieme al dovere di lavorare per riuscire a realizzarsi come individuo e membro della società e sempre riconoscendo che non è con il possesso di beni materiali che si aprono le porte della felicità e serenità. Qui lascio a parte i danni ambientali che il grande genio degli affaristi, faccendieri e costruttori da sempre crea, nel credo che si possa incrementare l'attività industriale all'infinito e il collaterale consumo dei beni prodotti, come se il pianeta s'ingrandisse di pari passo e con esso le materie prime. Noto, qui, che la colpa è un po' di tutti, per cui un giorno saremo tutti chiamati a rispondere delle ancor più tragiche conseguenze che logicamente accadranno. La creazione del benessere collettivo nel nuovo sistema democratico non è sostenuto dall'equiparazione tra il diritto e il dovere, per cui lunga è la schiera di coloro che si lasciano mantenere da quella produttiva della comunità. Lo stato diventa inefficiente e fallimentare perchè, pur di mantenere il consenso politico, non si disdegna di creare e sostenere certi ceti della politica con gratifiche, stipendi e altre onorificenze elevatissime delle quali un cittadino normale può solo sognare, ingolfando l'amministrazione pubblica a dismisura senza alcun vantaggio per il cittadino. Di questo passo la democrazia si uccide per immaturità e ignoranza di una parte folta dei suoi membri e il grido di ritorno alla serietà di rendimento e condotta di vita diventa sempre più forte e non ignorabile. No, di questo passo non si va avanti, per cui bisogna rivedere il compiuto ed avviare le necessarie e non più differibili riforme. In questo quadro di continue contraddizioni umane noto l'inefficienza delle religioni. Sorte per educare l'uomo a vivere una vita in armonia con il prossimo, si sono dimostrate anche loro incapaci di farlo. È l'uomo, allora, ineducabile, per cui ben vengano le pene e carestie, le guerre per un credo dietro il quale si cela la propria incapacità di discernere la sostanza dall'apparenza, il giusto dall'inganno? È la materia, di cui egli è fatto, inespugnabile per lo spirito divino che lo vorrebbe salvare, per cui varrebbe il credo che sia stato punito per espiare peccati compiuti, vecchissimi ma ripetibili nel corso della sua relegazione in terra e fino all'avverarsi del giudizio universale?

Il mondo razionale del capitalismo ha creato il super uomo, capace di realizzarsi unicamente per i suoi interessi personali, ma già sorgono correnti opposte che nel nome di Dio si ribellano per riportare l'uomo al divino, al trascendente. Ma anche loro errano, quando fanno uso della forza rivendicatrice, praticata con ferocia disumana e sfruttatrice, per raggiungere ciò che già ora si rivela come prodotto della loro mente distorta. Dov'è allora il Dio della salvezza umana? Non è che l'uomo, nel suo permanente stato di limitatezza cognitiva e di coscienza abbia bisogno di un riferimento a una entità superiore che gli ispiri nuova speranza di vita nei momenti di smarrimento e disperazione? È sempre stato così, se non fosse che il rapporto trascendentale fu spesso mal inteso, a tal punto da creare ancora più gravi situazioni esistenziali. È questo che succede nelle anime non sorrette dalla forza dell'amore, che tutto dà senza pretendere riscontro. In fin dei conti l'amore verso il prossimo è la chiave del successo in questo mondo, se non fosse che è difficile da praticare in quanto richiede tutto per ottenere forse una volta altrettanto, quando lo si abbia praticato interamente.

Ma dove? Già qui o nell'aldilà? A mio parere, chi ne ha fatto la ragione della sua vita, vive già in beatitudine perchè non teme più nulla. L'eventuale perdita della vita per testimoniare l'esistenza del dio del bene (stato evolutivo superiore) segna, sempre a mio parere, la sconfitta del male, perchè evidenzia lo stato di inferiorità e limitatezza dimensionale da lui rappresentato. Secondo le statistiche esistono più miliardi di credenti, per cui il mondo dovrebbe essere già migliore, mentre la realtà dimostra che molti di loro lo sono solo superficialmente, così per appartenere a un gruppo elitario, ad ogni modo diverso dagli altri. I veri credenti si possono contare sulle dita delle mani, tanto è difficile seguire i principi del credo, che molto di più richiede di ciò che si è disposto a fare, già fino ad autosacrificarsi. Da qui il conflitto tra la forza della sopravvivenza terrena, che rende l'uomo prigioniero in terra, e quella trascendentale, che lo vuole spingere ad evolversi. Tutto ciò che si vuole grande si rivela infine peccaminoso e incontrollabile, per cui sarebbe meglio accontentarsi del piccolo, dell'attestabile perchè comprensibile e meno nocivo. In esso, e solo in esso si può riconoscere il Dio sconosciuto, in ciò che non nuoce e fa bene all'anima, rimasta semplice e per questo aperta ad alcuni segreti della vita, a quelli buoni s'intende. Ad ogni modo e fino a quando l'uomo deciderà di evolversi veramente, la situazione nel mondo non muterà, se non di quel tanto che dia l'impressione di un cambiamento.

 

 

 
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