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  Editoriali  »  Un Parlamento di cafoni, di Renzo Montagnoli 10/10/2015
 

Un Parlamento di cafoni

di Renzo Montagnoli

 

 

 

Non si accontentano di essere improduttivi, non basta a molti di loro essere disonesti, due aspetti negativi che giustificherebbero ampiamente il loro licenziamento, senza vitalizi, ovviamente; no, è necessario completare il quadro con oscenità e turpiloqui.

È di questi giorni il gesto osceno del senatore Barani nei confronti di una collega del Movimento Cinque stelle; il fatto ha suscitato scalpore, ma nemmeno più di tanto, visto che siamo abituati alle amenità dei nostri rappresentanti. Se ne parla qualche giorno, poi subentra il silenzio assoluto. Il senato, fra l'altro, ha deciso di punirlo in modo esemplare con cinque giorni di sospensione. Ai miei tempi, a scuola, avrebbero preso provvedimenti ben più drastici e invece da noi, nei palazzi del potere, ci si limita a un daspo temporaneo. Del resto, rientra il tutto in un quadro generale di impunità varie che non riguardano solo i politici, ma anche dei criminali incalliti. La scorsa settimana a Mantova in un bar un tunisino, già ben noto alle forze dell'ordine, ha dato un pugno a un cliente intervenuto, peraltro solo verbalmente, per difendere la barista dalle attenzioni manesche dell'extracomunitario. Per la violenza subita l'uomo è stato ricoverato in ospedale in codice rosso e con prognosi riservatissima (per fortuna nei giorni seguenti si è ripreso) . Immediati i provvedimenti di giustizia nei confronti di un individuo già da tempo iscritto al casellario giudiziale: arresti domiciliari.

Insomma, a ben vedere, da noi a essere cafoni e maneschi si rischia poco e niente.   Peraltro, i parlamentari disonesti e villani non hanno nemmeno da temere la mancata rielezione per il loro comportamento, perché vengono votati lo stesso. E poi non lamentiamoci di questo stato di fatto, perché siamo noi a determinarlo. Non a torto gli inglesi dicono che ogni popolo ha il governo che si merita e io mi permetto di aggiungere “e anche il parlamento che si merita”.

 
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