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  Editoriali  »  L'autodistruzione 12/01/2007
 

L'autodistruzione

 

Come in un film di fantascienza, del genere apocalittico, stiamo andando incontro a una catastrofe che ha un precedente solo nell'era glaciale.

Infatti, c'è uno studio della commissione europea, divulgato dal Financial Time, che parla degli effetti del surriscaldamento globale e di cui verifichiamo anno dopo anno i primi segni: stagioni non ben definite, estati torride e siccitose, improvvisi e violenti uragani, inverni, come l'attuale, straordinariamente miti e senza neve.

Secondo gli estensori di questo studio, verso il 2050 le nazioni del Nord Europa potrebbero beneficiare dell'aumento della temperatura, mentre nel bacino del Mediterraneo gli stati rivieraschi dovrebbero combattere la siccità. In particolare nell'Europa settentrionale i raccolti aumenterebbero del 70%, mentre in quella meridionale si contrarrebbero del 20% e il livello del mare, per effetto anche del progressivo scongelamento dei poli, potrebbe aumentare di un metro, con conseguente allagamento di città portuali e di note località balneari, determinando così una riduzione del movimento merci e un fortissimo calo dei turisti. Queste sarebbero le conseguenze economiche immediate, ma l'incremento della temperatura comporterebbe anche l'aumento dei decessi. Insomma, il quadro di questo studio ha tutta la parvenza di un incubo, circostanza che ha indotto l'Unione Europea a deliberare, unilateralmente, una diminuzione delle emissioni di anidride carbonica del 20%, sui valori attuali, entro il 2020. Come realizzare questo obiettivo? Con la riduzione del ricorso, per l'energia, ai combustibili fossili, privilegiando sempre di più le fonti alternative e non inquinanti, come il sole, il vento e le maree.

E' eccessivo questo allarmismo?

Se consideriamo che a un analogo risultato sono pervenuti altri studiosi, avverto francamente il timore che le possibilità di errore siano estremamente ridotte e che effettivamente si paventi un disastro ambientale senza precedenti.

All'origine di tutto questo c'è l'uomo, la sua sete di ricchezza, la sua convinzione, errata,  di poter disporre a piacimento della natura. La logorroica filosofia dell'industrialismo, che considera ricchezza solo una produzione industriale in continuo aumento, ha portato a questo stato di cose, a un mondo dove c'è chi ha troppo e c'è chi ha niente, a un'umanità solo apparentemente ricca, in quanto sovraccarica di beni materiali, ma tremendamente povera in serenità, a uomini perennemente insoddisfatti alla ricerca di nuovi bisogni, che fra l'altro permettono di incrementare il prodotto lordo vendibile.

E così assistiamo al telefonino di prima, di seconda, di terza generazione, talmente sovraccarico di possibilità operative che quasi ci dimentichiamo a cosa realmente serva, come se la funzione originale di comunicazione fra individui fosse andata dispersa. Ho citato il telefonino come esempio, ma di beni inutili e così tanto desiderati, grazie all'asservimento del consumatore, ce ne sono in misura incredibile.

Per produrre occorre energia e così si finisce per bruciare combustibili di origine fossile in quantità crescente e per niente. Sì, per niente, perché poco a poco le produzioni dei beni “durevoli” si estrinsecheranno in un usa e getta.

E' inevitabile che dovremo cambiare le nostre abitudini, che dovremo rinunciare a un po' di benessere e che, soprattutto, dovremo rientrare nei ranghi della natura, da cui siamo usciti con presunzione e stupidità, illusi di dominarla e di sfruttarla nel peggiore dei modi.

Poco a poco riacquisteranno valore i bisogni primari che solo l'agricoltura e un'industria non concorrenti fra loro potranno soddisfare.

Si tornerà a lavorare, soprattutto, per mangiare, e non sarà così abbondante, il cibo, come è stato fino a ora; il pane, quasi dimenticato, tornerà trionfante sulle mense, il ritmo di vita calerà gradualmente e l'uomo, ritornato nei confini della natura, finirà per vederla con occhi diversi, più rispettosi.

Il tempo verrà scandito dalle stagioni, e non dagli orologi; si tornerà più a una vita di famiglia, più a una riscoperta di se stessi, si finirà con il comprendere che l'unico vero bene a cui agognare è la serenità.

 

 

 

 

 
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