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Editoriali
» Il dialetto veneto a scuola e in tv è legge, di Ferdinando Camon |
21/12/2016 |
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Il
dialetto veneto a scuola e in tv è legge
di
Ferdinando Camon
"La
Stampa" 8 dicembre 2016
Il
Consiglio Regionale del Veneto ha approvato a maggioranza una legge
che apre la possibilità di applicare i diritti attuati nel
Trentino Altro Adige in campo linguistico. La legge è ad alto
rischio di bocciatura da parte della Corte Costituzionale. Ma intanto
c’è. La stampa locale non parla d’altro. Prevede
il diritto di usare il dialetto nelle scuole, nelle trasmissioni Rai,
a fondare e gestire scuole, riconosciute dallo Stato, ma di fatto
obbedienti alla Regione. È il vecchio sogno degli
autonomisti-indipendentisti, un sogno che adesso fa un inatteso,
sorprendente e preoccupante balzo verso la realizzazione. La
previsione generale è che un secondo balzo non lo farà,
perché la Consulta lo boccerà. Ma intanto la Regione
Veneto fa questo audace tentativo di affiancarsi all’Alto
Adige. In Alto Adige, quando iscrivi un figlio a scuola, devi
scegliere se intendi iscriverlo a una scuola di lingua tedesca o
italiana o bilingue. Bene, nel sogno della Lega il Veneto porrà
la stessa opzione, con la differenza che le tre scelte saranno scuola
in dialetto veneto, in lingua italiana o bilingue. L’intenzione
della Lega è di solleticare l’orgoglio dei veneti, farli
sentire diversi e superiori, inglobati e conquistati, pronti
all’autoliberazione, che deve compiersi anzitutto nella sfera
della lingua, scritta e parlata. Il dialetto è il nostro dna,
la nostra autenticità, la nostra grandezza. Che cose
meravigliose possiamo esprimere in dialetto! In lingua italiana non
potremo mai. Il dialetto è la nostra verità, la lingua
nazionale è la nostra falsità. Soprattutto noi
scrittori dovremmo entusiasmarci per questa legge. E soprattutto
quelli (che nel Veneto vuol dire tutti) che hanno avuto il dialetto
come lingua madre. Riusciamo a entusiasmarci? No. E perché?
Perché il dialetto e l’italiano non sono due lingue
alternative, che esprimono lo stesso mondo, son lingue diverse fatte
per esprimere mondi diversi. Il mondo dialettale non c’è
più. Quand’eravamo giovani, tra noi parlavamo in
dialetto e non parlavamo che di ragazze, ma ragazza in dialetto
padovano era tosa,
in veronese putela,
al di là di Treviso mula:
nessuna di queste era ragazza,
come la ragazza italiana. La ragazza dialettale era diversa per
vestiti, parlata, cultura, sessualità. Oggi sono tutte
ragazze. Vogliamo prendere una ragazza e chiamarla tosa o putela?
Ridicolo. Lei stessa si offenderà. La mia nipotina, che vive a
Verona, mi guarderebbe come si guarda un matto. Mio padre contadino
parlava solo dialetto, tornava dai campi sporco lercio, e per lavarsi
chiedeva prima il saòn.
Il saòn era
fatto in casa, grande forza sgrassante, nessuna qualità
profumante. Poi chiedeva il sapone.
Allora gli si dava il Palmolive. Nessuna capacità sgrassante,
ottimo profumante. Adesso vogliamo chiamare il Palmolive saòn?
Un insulto, verso il sapone e verso il dialetto. Non è sparito
il dialetto, è sparito il mondo dialettale. Altra campagna,
altra Natura, altra famiglia, altra madre, altro Dio. Volete far
tornare il dialetto? Bene, prima fate tornare quel mondo.
www.ferdinandocamon.it
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