De
Senectute
di
Renzo Montagnoli
La
vecchiaia non è di per sé un’età, perché
uno può esser vecchio pur essendo anagraficamente giovane, per
esempio perché si comporta come un anziano, con quella
tipicità della condizione ed ecco pertanto che cos’è
appunto la vecchiaia. E’ una condizione, uno stato di aggravio
fisico e psichico, tanto che Terenzio Afro, già nel 160 a.C.
scriveva Senectus ipsa est
morbus, vale a dire, tradotto
in italiano, la vecchiaia è per sé stessa una malattia.
Se poi si volesse sapere come già in epoca remota si trattasse
della vecchiaia, consiglio vivamente di leggere un’opera
filosofica, Cato Maior de
senectute (Catone il Vecchio,
sulla vecchiaia) scritta nell’ultimo periodo della sua vita da
Marco Tullio Cicerone, in cui l’autore esamina gli aspetti
negativi della vecchiaia (decadenza del fisico, diminuzione delle
capacità intellettive, l’impossibilità di
continuare a godere del piacere dei sensi, la stranezza del carattere
e l’avarizia) e li contesta
ricorrendo a esempi della storia, sia quella greca che quella romana.
D’accordo per gli acciacchi che colpiscono tutti, chi più
chi meno, ma come vivono psicologicamente gli anziani? Di seguito
troverete una risposta, per quanto parziale, trattandosi
dell’esperienza personale.
“Quando
i capelli si coprono di neve e la vista lenta s’annebbia si
entra in un nuovo mondo dove la realtà è più
lontana e la fantasia s’innesta nel ricordo. Più che
vivere si cerca di rivivere e tutto ciò che è stato e
tutto quello che abbiamo provato si colora di un tenue grigio, di una
nebbia calda e ovattata; rivedere chi non c’è più,
quasi tendergli le braccia per trasmettergli quell’amore che
forse un tempo abbiamo un po’ trascurato porta a una struggente
malinconia che a volte strappa più di una lacrima. Noi siamo
perché altri sono stati, noi camminiamo verso la fine della
strada dove è giunto chi ci ha preceduto, andiamo avanti
arrancando e chiedendoci ora perché siamo nati per poi dover
morire. Non c’è risposta, ci sono solo quei volti amati
che speriamo di rivedere, un’illusione ancor più forte
di quella della vita, nel tramonto verso il quale inesorabilmente
procediamo. E questo sogno che ogni giorno ci accompagna, questo
ricordare il passato è forse il senso della vita?
No,
è la consolazione di chi non conoscerà il futuro.”.
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