Il prezzo della vita
Se in questi giorni ci dovesse essere
chiesto chi è Daniele Mastrogiacomo penso che risponderemmo senza esitazione
che è il giornalista di Repubblica rapito in Afganistan e liberato dopo diversi
giorni di sequestro a seguito di uno scambio.
Se però ci venisse domandato chi
fosse Said Agha ci troveremmo subito in difficoltà e ben pochi di noi
potrebbero rispondere che è l'autista, rapito con Mastrogiacomo, ed assassinato
dai talebani che l'avrebbero considerato una spia.
Questo problema di due identità,
accomunate dal medesimo evento, se lo è già posto Milvia Comastri con
un'interessante articolo sul suo blog “rossiorizzonti” (http://rossiorizzonti.splinder.com/)
e io che l'ho letto, ma invito gli altri a fare altrettanto, ho tratto degli
spunti per alcune osservazioni.
In particolare, mi sono chiesto se
esistono vite di serie A e vite di serie B e ho concluso che esistono, in
questo nostro mondo, esseri umani di
serie A ed esseri umani di serie B, e di conseguenza che anche le loro vite e
le loro morti seguono questa classificazione empirica, ma che denota un
razzismo sottostante di cui nemmeno ci accorgiamo.
Così i poveri, i diseredati, gli
umili sono considerati inconsciamente una sottospecie da tutti quelli che si
ritengono superiori per ceto, istruzione e tradizioni.
E in questo gruppo di apparentemente
privilegiati metto anche me stesso, laddove, pur scorgendo queste distorsioni,
volgo lo sguardo da un'altra parte.
Siamo abituati a vedere il razzismo
come quello tipico dei nazisti nei confronti degli ebrei, anche a causa del
genocidio perpetrato durante la seconda guerra mondiale; questo evento ci
indigna e a ragione, ma non ci impedisce di essere razzisti.
E' assodato che nei confronti degli
extracomunitari che vengono da noi a lavorare è praticato spesso un vero e
proprio sfruttamento, ma quello che più stupisce è che le notizie di questa
nuova forma di schiavismo all'inizio ci lasciano stupiti, poi si passa dopo
qualche giorno a un'irritazione, come se certi eventi scuotendo la coscienza
non ci facessero dormire, per arrivare, in un lasso di tempo piuttosto breve,
all'indifferenza.
Il ragionamento inconscio che viene
fatto è una sorta di sentenza, o meglio non sentenza, da Ponzio Pilato, nel
senso che si dice che in fondo ci sono rischi in tutte le attività.
Ci sono certi comportamenti razzisti
talmente innati che proprio non ce ne accorgiamo e le vittime non sono
stranieri disperati in cerca di sostentamento, ma parte di noi stessi. Pensiamo
solo un attimo all'aria di sufficienza con cui vengono visti gli anziani, gente
non ritenuta più utile per il ciclo produttivo e che anzi rappresenta un costo
notevole per la collettività.
Fra l'altro, questi anziani un tempo
sono stati giovani, ma ora dimenticano l'analogo atteggiamento che a suo tempo
tennero nei confronti dei loro vecchi.
Solo che si pensasse che ogni uomo,
come noi, è fatto di carne, di sangue, ha quasi sempre le nostre stesse
esigenze, ha i sogni, anche le speranze, prova dei sentimenti, si emoziona,
appare evidente che quella classificazione in esseri di serie A e di serie B è
frutto solo di una contorsione mentale di chi, erroneamente, si crede
superiore.
Ci siamo emozionati a leggere le
notizie sui timori, sulle angosce di quei giorni di prigionia per
Mastrogiacomo, proprio perché ci siamo immedesimati in lui, perché lui è come
noi. Non credo invece che la notizia del barbaro assassinio di Said Agha abbia
comportato le stesse reazioni.
Eppure, Said Agha fino a pochi giorni
fa respirava, mangiava, lavorava per mantenere la moglie e i figli, insomma
niente di diverso di quello che faceva e farà ancora Mastrogiacomo.
La vita di uno che non è come noi,
che prezzo ha allora?