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  Editoriali  »  Il prezzo della vita 23/03/2007
 

Il prezzo della vita

 

 

Se in questi giorni ci dovesse essere chiesto chi è Daniele Mastrogiacomo penso che risponderemmo senza esitazione che è il giornalista di Repubblica rapito in Afganistan e liberato dopo diversi giorni di sequestro a seguito di uno scambio.

Se però ci venisse domandato chi fosse Said Agha ci troveremmo subito in difficoltà e ben pochi di noi potrebbero rispondere che è l'autista, rapito con Mastrogiacomo, ed assassinato dai talebani che l'avrebbero considerato una spia.

Questo problema di due identità, accomunate dal medesimo evento, se lo è già posto Milvia Comastri con un'interessante articolo sul suo blog “rossiorizzonti” (http://rossiorizzonti.splinder.com/) e io che l'ho letto, ma invito gli altri a fare altrettanto, ho tratto degli spunti per alcune osservazioni.

In particolare, mi sono chiesto se esistono vite di serie A e vite di serie B e ho concluso che esistono, in questo nostro mondo, esseri umani  di serie A ed esseri umani di serie B, e di conseguenza che anche le loro vite e le loro morti seguono questa classificazione empirica, ma che denota un razzismo sottostante di cui nemmeno ci accorgiamo.

Così i poveri, i diseredati, gli umili sono considerati inconsciamente una sottospecie da tutti quelli che si ritengono superiori per ceto, istruzione e tradizioni.

E in questo gruppo di apparentemente privilegiati metto anche me stesso, laddove, pur scorgendo queste distorsioni, volgo lo sguardo da un'altra parte.

Siamo abituati a vedere il razzismo come quello tipico dei nazisti nei confronti degli ebrei, anche a causa del genocidio perpetrato durante la seconda guerra mondiale; questo evento ci indigna e a ragione, ma non ci impedisce di essere razzisti.

E' assodato che nei confronti degli extracomunitari che vengono da noi a lavorare è praticato spesso un vero e proprio sfruttamento, ma quello che più stupisce è che le notizie di questa nuova forma di schiavismo all'inizio ci lasciano stupiti, poi si passa dopo qualche giorno a un'irritazione, come se certi eventi scuotendo la coscienza non ci facessero dormire, per arrivare, in un lasso di tempo piuttosto breve, all'indifferenza.

Il ragionamento inconscio che viene fatto è una sorta di sentenza, o meglio non sentenza, da Ponzio Pilato, nel senso che si dice che in fondo ci sono rischi in tutte le attività.

Ci sono certi comportamenti razzisti talmente innati che proprio non ce ne accorgiamo e le vittime non sono stranieri disperati in cerca di sostentamento, ma parte di noi stessi. Pensiamo solo un attimo all'aria di sufficienza con cui vengono visti gli anziani, gente non ritenuta più utile per il ciclo produttivo e che anzi rappresenta un costo notevole per la collettività.

Fra l'altro, questi anziani un tempo sono stati giovani, ma ora dimenticano l'analogo atteggiamento che a suo tempo tennero nei confronti dei loro vecchi.

Solo che si pensasse che ogni uomo, come noi, è fatto di carne, di sangue, ha quasi sempre le nostre stesse esigenze, ha i sogni, anche le speranze, prova dei sentimenti, si emoziona, appare evidente che quella classificazione in esseri di serie A e di serie B è frutto solo di una contorsione mentale di chi, erroneamente, si crede superiore.

Ci siamo emozionati a leggere le notizie sui timori, sulle angosce di quei giorni di prigionia per Mastrogiacomo, proprio perché ci siamo immedesimati in lui, perché lui è come noi. Non credo invece che la notizia del barbaro assassinio di Said Agha abbia comportato le stesse reazioni.

Eppure, Said Agha fino a pochi giorni fa respirava, mangiava, lavorava per mantenere la moglie e i figli, insomma niente di diverso di quello che faceva e farà ancora Mastrogiacomo.

La vita di uno che non è come noi, che prezzo ha allora?

 

 

 

 
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