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  Editoriali  »  Quando non se ne può più 04/05/2007
 

Quando non se ne può più

 

Non se avete notato, ma da un po' di tempo non appaiono mie riflessioni.

Solitamente prendo gli spunti da notizie dei giornali per approfondire un po' la notizia, ovviamente secondo il mio modo di vedere.

Tuttavia, in quest'ultimo periodo gli eventi sono tanti da rendere diffide la scelta, ma tutti hanno una matrice comune: l'irrazionalità.

Credetemi, ma comincio a dubitare che l'evoluzione della specie sia tuttora in corso e che anzi ci sia stata una pericolosa e tragica involuzione.

Quella nomade che con la punta dell'ombrello ha perforato il cervello di una ragazza di Roma, i sempre più frequenti casi di pedofilia, il ricorso sempre più massiccio alle droghe, la politica che ovunque fa solo i suoi interessi, la chiesa cattolica che pontifica anche in materie non sue, i continui attentati in Iraq, le stragi del sabato sera, la catastrofe climatica verso cui pare irrimediabilmente avviata l'umanità, lo spionaggio di Telecom e così via, tutta una serie di notizie che offrono un quadro dalle tinte fosche, un'immagine da girone dantesco da far pensare che se l'Inferno esiste, già ci siamo.

Provate a farci caso: mai un evento positivo, mai un qualche cosa che possa essere almeno una scintilla di speranza.

L'homo sapiens sembra proprio aver smarrito per strada quel “sapiens”, in preda a un egoismo così acceso da non accorgersi che alla fine non potrà che nuocere a se stesso.

E' un'immagine pessimistica, indubbiamente, e lungi dal voler essere una Cassandra ricordo che anche in passato, nei secoli scorsi ci sono stati tanti periodi bui e tragici, ma in ogni caso era sempre presente, magari strisciante, una possibilità di cambiamento di rotta.

I semi gettati dalla rivoluzione francese, sprecati poi da Napoleone, finirono con l'attecchire, rappresentarono una speranza che consentì a tanti diseredati di ipotizzare un futuro meno buio. La stessa cosa avvenne con la rivoluzione russa e poco conta che poi quel regime sia crollato, sia imploso, perché ha rappresentato un desiderio di continuare in altro modo. Anche la resistenza è stata una scintilla, un anelito di libertà in un mondo nuovo, il desiderio di costruire un futuro diverso.

Ora il passato non esiste più, è stato volutamente dimenticato per un presente di rozza barbarie, per un mondo dove non esiste la pietà, dove l'amicizia è intesa solo come collusione, dove l'interesse personale è l'unica molla, l'unico scopo di vivere.

Non c'è più rispetto per nessuno, né per i vecchi, né per i bimbi, anzi questi ultimi sono prede di essere immondi che si moltiplicano come un'epidemia. I vecchi sono il passato e conservano parte di quei valori, di quegli aneliti che tanto vorrebbero trasmettere ai posteri; i fanciulli dovrebbero essere il futuro, ma non potranno esserlo, perché quell'ideale catena fra il vecchio e il nuovo è stata ormai spezzata dalla bestialità degli adulti, da quel mondo senza amore e di orrore in cui vogliono vivere, vittime e carnefici al tempo stesso.

E in tutta sincerità non ne posso più e il senso di nausea è tale che spengo il televisore e non leggo più i quotidiani. Ma la rabbia c'è, rimane quel senso di sconfitta che si può definire anche amarezza, ma dentro ancora brilla una luce di speranza, forse un'illusione, un sogno che nonostante tutto non vuol morire. Mi ripeto, infatti, che basta poco, una scintilla, una piccola idea portata avanti spesso da uomini umili e sconosciuti,  e tutto cambierà.     

 

 

 
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