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  Editoriali  »  Concorsi Letterari 18/05/2007
 

Concorsi letterari

 

Alla base del legittimo desiderio di chiunque di noi di essere letti e di raggiungere anche la fama c'è, fra l'altro,  il ricorso ai Premi Letterari, in ampia e rapida diffusione.

Si partecipa per misurarsi, per cercare un riconoscimento delle proprie capacità, per il fatto che risultare primi su altri è un incoraggiamento a proseguire.

Anche in questo campo, però, occorre procedere con prudenza, al fine di non essere buggerati, oppure di non ritenere che un primo posto ci qualifichi come autori di grandi speranze.

Fra le miriadi di concorsi quelli che possono dichiararsi di prestigio e che quindi conferiscono un metro di giudizio confortante sono veramente pochi e prevalentemente riservati a opere già edite. Fra l'altro, anche in questi non rare volte sorgono dubbi sulla correttezza delle valutazioni, influenzate da fattori esterni.

E adesso vediamo di muoverci in questo campo di rosee speranze, ma che nasconde mine anche a scoppio ritardato.

Una caratteristica importante, da non sottovalutare, è data dal costo, la cosiddetta tassa di lettura, una sorta di rimborso spese come proclamano gli organizzatori e che spesso è di importo non trascurabile.

Fino a una decina di Euro per opera presentata ci può anche stare il discorso del rimborso spese, oltre invece no, a meno che i premi non risultino anche in denaro, alimentati ovviamente dai contributi di ogni concorrente.

Non c'è da fidarsi di quei concorsi che a fronte di esborsi di 15-20 Euro e anche più offrono premi puramente simbolici, perché in tal caso è lecito supporre che la differenza fra le entrate (consistenti) e le uscite (modeste) vadano a vantaggio degli organizzatori.

Sembrerebbero, quindi, più trasparenti quei concorsi che non richiedono una tassa di lettura, ma ciò non esclude che i giudizi possano sempre essere influenzati da fattori esterni.

E a proposito delle valutazioni dei giurati ci sarebbe molto da dire; in particolare è evidente che i gusti variano da giuria a giuria, ragione che può spiegare perché un'opera prenda un premio in un concorso e in un altro non venga nemmeno segnalata. 

Inoltre, si deve considerare che spesso i giurati non sono competenti e la circostanza è tanto più facile nei piccoli concorsi di paese dove delegati allo scopo sono immancabilmente il maestro elementare, il farmacista e il sindaco, e quest'ultimo potrebbe anche essere, senza offesa per la categoria, un macellaio, magari con modeste nozioni scolastiche. Insomma, per valutare poesie occorrerebbe almeno uno che sia abituato a leggerle, e lo stesso dicasi per i racconti; invece non è sempre così.

Esistono poi i fattori esterni, interessati o disinteressati; per i primi penso che non ci sia bisogno di ulteriori chiarimenti, visto che presuppongono un do ut des  sotto diverse forme; per i secondi sono dati da inconsci moti di simpatia perché ad esempio si conosce da tempo il tal concorrente e lo si stima, indipendentemente dalla qualità dell'opera in gara.

Senza voler creare dell'inutile allarmismo, ammettiamo che il Concorso Letterario a cui partecipiamo sia senza tassa di lettura, o con una tassa giustificabile, che la giuria sia composta da persone serie, corrette e altamente qualificate, tutte circostanze che solo raramente possono coesistere, però, e allora si pone un ulteriore problema.

Quale è secondo voi?

Sono i premi. Tanto più alto è il numero dei premiati, tanto maggiormente vengono sviliti questi riconoscimenti, e la cosa è facilmente comprensibile, perché se premio tanti per attirare il maggior numero possibile di concorrenti va a finire che in effetti scontento tutti.

A mio parere, a parte un riconoscimento ai primi tre di ogni sezione, dovrebbe esistere un numero esiguo di segnalati.

Dopo aver sviscerato questi argomenti, poniamo il caso di partecipare a un concorso perfetto e di vincerlo.

La notizia, comunicata via telefono o a mezzo mail, raramente per telegramma, ha l'effetto di un'improvvisa illuminazione, con il cuore che batte, con tutto che all'intorno ci sembra più bello. Poi, dopo un primo momento di esaltazione, c'è il compiacimento, un senso di appagamento totale e infine il piacere di comunicare la vincita agli amici.

Nel periodo successivo, vale a dire in quello che porta alla cerimonia, l'effetto si attenua, ma nasce la curiosità di sapere lo svolgimento. Si studia il percorso, ci si informa dove eventualmente si può dormire, insomma ci si prepara come si deve per il grande evento.  E arriva il giorno, si entra nella sala, inizia la proclamazione dei vincitori. Quando arriva il tuo nome, ti alzi in piedi guardandoti intorno, vai sul palcoscenico fra gli applausi dei presenti, ti consegnano il riconoscimento, ti chiedono di dire qualche cosa e il discorso che ti eri così attentamente preparato è scivolato via dalla mente, balbetti poche parole, che nemmeno tu senti. Ritorni in platea, ridiscendi dall'olimpo, la festa è finita.

Già nel ritorno è immancabile il pensiero al prossimo concorso a cui parteciperai, con le stesse titubanze, la stessa volontà di cercare una dimostrazione di quel che vali, un giro infinito, un'alternanza di illusioni e delusioni, una sorta di vizio in cui è facile iniziare e difficile smettere, una sigaretta che si brucia dietro l'altra e un giorno che smetterai ti resterà sempre quella domanda: valgo qualche cosa, oppure no?

   

 

 

 
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