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  Editoriali  »  Viaggio in Toscana 12/10/2007
 

Viaggio in Toscana

di Renzo Montagnoli

 

I problemi di ogni giorno, che spesso involontariamente ci creiamo, quella sorta di frenesia di correre continuamente senza un perché, non ci rende la vita piacevole, perché l'uomo non può modificare il tempo e se si illude di farlo paga inevitabili conseguenze, come frustrazioni, nevrosi.

Eppure, si potrebbe vivere meglio, in un'armonia naturale che, se non è gratificante materialmente, lo è però spiritualmente e, credetemi, la serenità altri non è che uno stato di appagamento interiore forse più apprezzabile della felicità, che è invece uno stato emozionale illusorio e per lo più di breve durata.

Spesso è sufficiente cambiare aria, lasciare la nostra residenza per ricaricare il nostro equilibrio interno, purché ovviamente non si cerchi di ricreare in altro luogo la vita di ogni giorno.

In questo senso vi voglio parlare del mio recente viaggio in Toscana, all'inizio motivato dal piacere di fare cosa gradita a un amico, nel caso specifico Gordiano Lupi, presentando in corso di premiazione un libro su Piombino (Piombino tra storia e leggenda), di cui ho fornito un resoconto con apposito articolo.

Premetto che l'unica nota negativa di questo viaggio è stata quella della distanza dai luoghi e della necessità di raggiungerli in tempi abbastanza brevi, ovviamente in automobile con un viaggio non solo affaticante, ma stressante.

Però, come si lascia l'autostrada e si raggiunge la costa, fra boschi di pini mediterranei piegati dal vento, si comincia ad assaporare il piacere del contatto fra uomo e natura, troppo spesso ignorato.

Non è che il tratto di litorale fra Marina di Cecina e San Vincenzo sia splendido come ai Carabi, ma laddove la presenza vacanziera è meno folta lo sguardo può correre fra un mare all'apparenza intatto e un retroterra formato da un susseguirsi di colline, una tavolozza di colori che non richiede necessariamente la presenza di un animo poetico per poter essere apprezzata.

E se il golfo di Baratti è un piccolo incanto che da solo giustifica il viaggio, la presenza nelle immediate vicinanze della necropoli di Populonia richiama alla mente popoli che non esistono più, ma che hanno lasciato tracce significative, con quel culto dei morti, semplice e solenne al tempo stesso, così lontano dal fragore di incomprensibili applausi che al giorno d'oggi spesso accompagnano i feretri nel loro ultimo viaggio. Là la morte era un rito, un passaggio indispensabile verso l'eternità; ora, invece, è diventata l'occasione per dimostrare una volta di più la superficialità di un'umanità che crede solo in ciò che appare.

Un altro piccolo gioiello, pur nella sua semplicità e naturalezza, è poi Sassetta, il paese collinare dove si è tenuta la premiazione, quattro case, una chiesa, tanti castagni lungo la strada provinciale al punto che piovono i gustosi frutti sulla testa dei passanti.

Non è che qui il tempo si è fermato, ma l'impressione che si ritrae è che in questo luogo l'uomo viva nel rispetto di Crono, regoli la sua esistenza in base al corso delle stagioni.

Dove, però, ho raggiunto l'appagamento più completo è stato a Volterra, antica cittadina etrusca, arroccata su un colle, preceduto da frane e da calanchi, e che già in distanza sembra un faro per il navigatore che ha smarrito la strada d'ogni giorno.

Il camminare su quei selciati corrosi dal tempo, l'addentrarsi fra viuzze cinte da pareti di case che sembrano senza tempo fa respirare un'aria nuova, fa sorgere la convinzione che chi ci ha preceduto tanti secoli fa ci abbia lasciato un segnale, un monito da rispettare: la vita è un mistero, ma vale la pena di assaporarla fino in fondo, in comunione, scevri dall'imposizione di traguardi irraggiungibili. E se essere sereni può essere malamente interpretato come l'accontentarsi anche di poco, ebbene quando mai l'abbondanza esuberante ha soddisfatto l'uomo?

Nonostante la presenza dei turisti, nella piazza dei Priori domina ancor incontrastata l'autorevolezza di genti il cui spirito è rimasto nelle pietre, lo stesso spirito che sembra levarsi dalle urne funerarie del Museo Guarnacci, dove il mistero della morte si può sintetizzare nella statuetta bronzea dell'Ombra della sera, con quel corpo lungo e slanciato proiettato, nella luce del tramonto, verso il buio. Sì, l'oscurità eterna si rischiara di quanto fatto dagli uomini alla luce del sole, da quel che hanno costruito, da quel po' di futuro che, con il loro presente, sono riusciti a farci trovare.

Materialmente di loro non resta che polvere, ma spiritualmente il messaggio che ci hanno tramandato va oltre qualsiasi tempo: l'uomo non è che un atomo dell'universo e mai potrà essere diversamente. L'umiltà del conoscere il proprio stato permette di percorrere le strade del tempo sui due piani, quello materiale, assai più breve, e quello spirituale, infinito.

E sembra ispirato dall'atmosfera anche Patrizius, al secolo Patrizio Spinelli, che molto gentilmente mi ha accompagnato il lunedì mattina lungo queste viuzze. Non ha perso il suo sano umorismo, ma non c'è bisogno di ridere quando si è immersi nello spirito del tempo, quando si accoglie a braccia aperte il messaggio di quelle pietre.

Il ritorno a casa è stato accompagnato da quella malinconia che prende il viaggiatore che sa che deve rientrare alla sua casa, cercando di portare con sé un po' dell'atmosfera di un mondo in cui la bellezza è solo sublime.          

 

 

 

 

 
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